Nella storia del Primo Maggio la pagina più sanguinosa venne scritta nel 1947 a Portella della Ginestra.
Dopo anni di sottomissione a un potere feudale la Sicilia stava vivendo una fase di rapida crescita sociale e politica. Un grande movimento organizzato aveva conquistato il diritto di occupare e avere in concessione le terre incolte. L’offensiva del movimento contadino, insieme alla vittoria elettorale del Blocco del Popolo alle elezioni per l’Assemblea regionale, suscitarono però l’allarme delle forze reazionarie. Intimidazioni contro sindacalisti e esponenti dei partiti della sinistra erano frequenti e affidate al banditismo separatista. Il Primo Maggio del 1947, secondo una usanza che risaliva all’epoca dei Fasci Siciliani, circa 2000 contadini, uomini, donne, bambini e anziani, si erano dati appuntamento nella Piana di Portella della Ginestra.
Appostati sulle colline vicine, c’erano ad attenderli, armati di mitragliatrici, gli uomini della banda di Salvatore Giuliano.
Aveva appena iniziato a parlare il primo oratore, quando si sentirono i primi colpi. Per la folla non ci poteva essere scampo: alla fine si contarono 11 morti e più di 50 feriti.
La notizia della strage si diffuse in tutta Italia e la CGIL proclamò per il 3 maggio uno sciopero generale. Purtroppo le indagini furono compromesse dalla volontà di una parte delle forze di governo ed in particolare del Ministro dell’interno dell’epoca, Mario Scelba, di escludere in partenza la pista della strage politica. Tutte le colpe furono addossate al bandito Giuliano, malgrado il rapporto dei Carabinieri indicasse come possibili mandanti “elementi reazionari in combutta con i mafiosi locali.”
E infatti Cosa Nostra non risparmiò il piombo: la lista delle uccisioni di sindacalisti, militanti di sinistra, magistrati, poliziotti, giornalisti, è interminabile. Lo stesso Giuliano fu eliminato, 3 anni dopo, dal suo luogotenente Gaspare Pisciotta, che a sua volta fu avvelenato in carcere nel 1954 dopo aver preannunciato clamorose rivelazioni sui mandanti della strage di Portella.
Una strage che sembra quindi inaugurare la lunga catena di misteri e di eccidi che insanguineranno l’Italia negli anni a venire. Recentemente alcuni studiosi hanno portato alla luce vari documenti (la più parte provenienti dagli archivi dei servizi segreti britannici e statunitensi) da cui emerge come Salvatore Giuliano fosse organicamente legato all’estrema destra, addirittura alle dirette dipendenze del principe Junio Valerio Borghese: inquadrato nella X Mas, egli è segnalato come incursore di marina italiano, poi come paracadutista e come tale identificato anche quando, insieme ad altri fascisti della X viene mandato in Sicilia per contrastare le operazioni alleate.
Il gruppo di Giuliano è in realtà uno squadrone della morte agli ordini dei Fasci di Azione rivoluzionaria (Far) di Pino Romualdi, delle Squadre Armate Mussolini (Sam) e della X Mas di Borghese. I documenti del controspionaggio Usa (ritrovati negli Archivi Nazionali di College Park, nel Maryland) rivelano contatti tra gli emissari di Salò e Giuliano fin dall’estate del 1944, quando un commando nazifascista inizia ad operare sulle montagne tra Partitico e Montelepre per addestrare militarmente gli uomini della banda.
Ma il colpo di scena avviene a cavallo della fine della guerra: questa volta Giuliano non è più pagato per organizzare improbabili attentati contro gli alleati, ma, al contrario, per aiutare gli americani. Si comincia con le alleanze con la mafia ed i latifondisti agrari contro le prime forme di occupazione delle terre. Poi il rapporto con il controspionaggio americano diventa più “politico”. I neofascisti organizzati dovrebbero creare il casus belli di una insurrezione armata della sinistra, in modo da legittimare un golpe dei Carabinieri contro i comunisti di Togliatti ed i socialisti di Nenni. La strage di Portella della Ginestra, appunto.
Fonte @ sitocomunista.it/