Dorando Pietri nasce a Mandrio, frazione di Correggio (Reggio Emilia), il 16 ottobre 1885, terzo di quattro fratelli nati da Desiderio Pietri e Teresa Incerti. Il 22 ottobre 1897 la famiglia si trasferisce a Carpi (Modena) dove Desiderio Pietri apre un negozio di frutta e verdura. A 14 anni Dorando inizia a lavorare come garzone ed apprendista nella pasticceria Roma, al civico 42 della piazza centrale. Uomo minuto, di bassa statura (159 centimetri), nel tempo libero si dedica alla bicicletta o alla corsa a piedi. Nel 1903 si iscrive alla società sportiva Ginnastica “La Patria”.
Nel mese di settembre del 1904 ad una gara di atletica che si tiene proprio a Carpi, tra i partecipanti è presente Pericle Pagliani, il più famoso podista italiano dell’epoca. Si racconta che Dorando Pietri, attirato dall’evento, si sia messo a correre dietro Pagliani, con ancora gli abiti da lavoro addosso, ed abbia retto il suo passo fino all’arrivo. Qualche giorno dopo Pietri fa il suo esordio in una competizione ufficiale, correndo i 3000 metri a Bologna: arriva secondo. L’anno successivo arrivano i primi successi, sia in Italia come all’estero: il più importante tra questi è la 30 chilometri di Parigi, vinta da Pietri con un distacco di 6 minuti sul secondo classificato.
Il 2 aprile 1906, con il tempo di 2 ore e 48 minuti, Dorando Pietri è il vincitore della maratona di qualificazione per i Giochi Olimpici intermedi, che si sarebbero svolti in estate ad Atene. Purtroppo nella gara di Atene sarà costretto a ritirarsi per problemi intestinali al 24° chilometro, quando era al comando con 5 minuti di vantaggio sul gruppo inseguitore.
Nel 1907 consegue numerose vittorie tra le quali i titoli dei 5000 metri ai Campionati italiani e dei 20 chilometri. Dorando Pietri è una figura emblematica dell’atletica italiana, in grado di vincere dal mezzofondo alla maratona, temuto anche dai rivali della scena internazionale.
Il 1908 è l’anno delle Olimpiadi di Londra, evento per il quale Dorando Pietri si è preparato per molti mesi. Il 7 luglio tenta il primato dei 40 chilometri a Carpi concludendo la sua prova in in 2 ore e 38 minuti – prestazione mai ottenuta prima in Italia – guadagnandosi il posto nella squadra italiana di atletica. La maratona olimpica si sarebbe corsa solo pochi giorni dopo, il 24 luglio. In questa occasione, per la prima volta, il percorso sarebbe stato di 42,195 chilometri (distanza che verrà riconosciuta ufficiale a partire dal 1921): la corsa doveva originariamente partire dal Castello di Windsor e finire allo Stadio Olimpico, con un percorso di 26 miglia esatte (pari a circa 41.843 metri) a cui gli organizzatori aggiunsero 385 yarde (ossia circa 352 metri), in modo da porre la linea di arrivo davanti al palco reale.
Alla partenza, in una giornata insolitamente calda per il clima inglese, vi sono 56 atleti; tra questi vi sono due italiani, Umberto Blasi e Dorando Pietri, quest’ultimo con il numero 19 sul petto, maglietta bianca e calzoncini rossi. Alle 14.33 la principessa del Galles dà il via. Un terzetto di inglesi si porta subito al comando della corsa, imponendo un’andatura elevata. Pietri si mantiene nelle retrovie, con l’intenzione di conservare le energie per la seconda parte di gara. Verso la metà della corsa inizia la sua progressione che gli permette di rimontare via via numerose posizioni. Al 32° chilometro è secondo, a quattro minuti di distanza dal leader della corsa, il sudafricano Charles Hefferon. Quest’ultimo entra in crisi e Pietri aumenta ulteriormente il ritmo per recuperare il distacco. Al 39° chilometro raggiunge e supera Hefferon.
Mancano ormai un paio di chilometri all’arrivo, quando Pietri si trova a fare i conti con la disidratazione dovuta al caldo e con l’enorme dispendio di energia consumato durante la rimonta. La stanchezza gli fa perdere lucidità e quando arriva all’ingresso dello stadio sbaglia strada. I giudici lo fanno tornare indietro, ma Dorando Pietri cade esanime. Per rialzarsi è necessario l’aiuto dei giudici. Ma Pietri, ormai stremato, fatica a reggersi in piedi per terminare gli ultimi passi. Sono solo 200 i metri che lo dividono dal traguardo. Gli oltre 75.000 spettatori dello stadio vivono questo momento drammatico con il fiato sospeso, in grande trepidazione per l’italiano. Sulla pista attorno a Pietri ci sono i giudici di gara e alcuni medici rapidamente accorsi per soccorrerlo. Pietri cade altre quattro volte, e ad ogni caduta riceve un aiuto a rialzarsi. Continua ad avanzare barcollando verso l’arrivo: finalmente taglia il traguardo, totalmente esausto, sorretto da un giudice e da un medico (il tempo finale registrato sarà di 2h54:46.4 su, dei quali quasi dieci minuti occorsi per percorrere gli ultimi 500 metri). Oltre il traguardo Pietri, svenuto, viene portato fuori dalla pista con l’aiuto di una barella. La squadra americana presenta immediatamente un reclamo per l’aiuto ricevuto da Pietri. Il reclamo viene accolto: Pietri è squalificato e cancellato dall’ordine di arrivo della gara. La medaglia d’oro viene assegnata allo statunitense Johnny Hayes.
Il dramma di Dorando Pietri avrebbe commosso tutti gli spettatori dello stadio: quasi a compensarlo della mancata medaglia olimpica, la regina Alessandra lo premierà con una coppa d’argento dorato. A proporre l’assegnazione del riconoscimento sarebbe stato lo scrittore Arthur Conan Doyle che era presente a bordo campo per redigere la cronaca della gara per il Daily Mail; il resoconto del giornalista-scrittore terminerà con le parole: “La grande impresa dell’italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello sport, qualunque possa essere la decisione dei giudici”. Successivamente Conan Doyle suggerirà al Daily Mail di conferire un premio in danaro a Pietri, sotto forma di sottoscrizione per permettergli l’apertura di una panetteria una volta rientrato in Italia. La proposta otterrà successo e arrriverà a raccogliere trecento sterline (lo stesso Doyle avviò la raccolta donando cinque sterline).
Il racconto della sfortunata impresa di Pietri avrebbe immediatamente fatto il giro del mondo, consegnando alla storia dello sport questo episodio unico e drammatico. Dorando Pietri diviene una celebrità, in Italia e all’estero, famoso per non avere vinto. Le sue gesta colpiscono la fantasia del compositore Irving Berlin, che gli dedica una canzone intitolata “Dorando”. La mancata vittoria olimpica sarebbe divenuta la chiave del successo dell’italiano: Pietri riceve presto un lauto ingaggio per una serie di gare-esibizione negli Stati Uniti. Il 25 novembre 1908, al Madison Square Garden di New York, va in scena la rivincita tra Pietri e Hayes. Gli spettatori accorsi sono ventimila, mentre altre diecimila persone rimangono fuori a causa dell’esaurimento dei posti. I due atleti si sfidano in pista sulla distanza della maratona, e dopo aver corso testa a testa per quasi tutta la gara, alla fine Pietri riesce a vincere staccando Hayes negli ultimi 500 metri, per l’immensa gioia degli immigrati di origine italiana presenti. Anche la seconda sfida, disputata il 15 marzo 1909, viene vinta dall’italiano.
Durante la trasferta in America Pietri parteciperà a 22 gare, con distanze variabili dalle 10 miglia alla maratona, vincendone 17. Rientrato in Italia nel maggio 1909 prosegue l’attività agonistica per altri due anni. La sua ultima maratona è quella di Buenos Aires, corsa il 24 maggio 1910, dove Pietri chiude con il suo primato personale, 2h38:48.2. La gara d’addio in Italia si svolge il 3 settembre 1911 a Parma: una 15 chilometri, vinta agevolmente. Corre la sua ultima gara all’estero il 15 ottobre dello stesso anno (il giorno prima del suo 26° compleanno), a Göteborg (Svezia), concludendo con l’ennesima vittoria.
In tre anni di professionismo e 46 gare alle spalle, Dorando Pietri ha guadagnato oltre 200.000 lire solo con i premi, che assieme alla diaria settimanale di 1250 lire, costituivano una cifra enorme per l’epoca. Pietri investe i suoi guadagni in un’attività alberghiera assieme al fratello: come imprenditore tuttavia non avrà gli stessi risultati ottenuti nello sport. Dopo il fallimento dell’hotel si trasferisce a Sanremo dove apre un’autorimessa. Muore all’età di 56 anni, il giorno 7 febbraio 1942, a causa di un attacco cardiaco.