di Rosanna La Malfa
Dirigente scolastica, impegnata nella lotta alla dispersione scolastica. Ci racconti?
Quando, cinque anni fa, ho iniziato il mio percorso lavorativo nel ruolo di Dirigente Scolastico, ho scelto volontariamente di restare a Palermo, e andare a operare in una zona “ad alto rischio”, precisamente nei quartieri Brancaccio-Sperone, nella periferia Sud di Palermo: lo stesso contesto in cui ha operato Padre Pino Puglisi. Mi sembrava giusto impegnarmi a favore della mia città, in forma di servizio in un quartiere “difficile”.
Scelsi dunque l’Istituto Comprensivo Statale “Sperone-Pertini” di Palermo: sette plessi (3 scuole d’infanzia, 3 di primaria, 1 di scuola secondaria di primo grado), 1006 alunni.
Non dimenticherò mai un episodio: qualche minuto dopo la firma del contratto a tempo indeterminato, una persona mi chiese quale sede avessi scelto. Alla mia risposta, mi disse: “Condoglianze!” Io trasalii, e pensai che quella persona stesse esagerando. La mia scelta, l’avevo fatta consapevolmente; sapevo che non avrei trovato distese di fiori, ma non ti nascondo che quella parola mi fece male.
Iniziai a lavorare, e scoprii che in realtà la scuola era in una situazione serissima. Quando venni a sapere del tasso di dispersione scolastica registrato nel 2012/13, quasi non ci credevo: il 27,3%!
Letteralmente, più di un ragazzo su quattro spariva dai banchi di scuola. Qualcosa di inaccettabile, sia da educatrice, sia da cittadina di un Paese civile.
Ebbene, ci siamo rimboccati le maniche! Parlo al plurale perché l’intera Comunità Scolastica si è adoperata in mille modi; il Dirigente Scolastico, da solo, non va da nessuna parte. Abbiamo cercato di affrontare questa “emergenza” mettendo sul campo diverse strategie, attanagliando la questione in maniera multidimensionale, ma tenendo bene a mente un principio, tanto semplice quanto, a mio modesto avviso, fondamentale: la scuola doveva diventare, per coloro che già la frequentavano, ma soprattutto per coloro che tendevano ad allontanarsene, un luogo di benessere, attraente, motivante. Nuove opportunità sono state offerte a tanti studenti grazie alla stipula di numerosi Protocolli d’Intesa, in particolare con il Comune di Palermo, il CONI Comitato Regionale Sicilia, il Conservatorio di Musica “Vincenzo Bellini”, l’Esercito Italiano. La scuola ha potuto così offrire ai bambini e ai ragazzi del quartiere attività gratuite di sport (pallavolo, basket, taekwondo, vela, scherma) e musica (canto corale e violino, con strumenti in comodato d’uso gratuito) nel pomeriggio, e perfino, per 40 ragazzi, campus estivi gratuiti per due settimane, in riserve naturalistiche in Toscana e in Puglia.
Ebbene, dopo due anni, il tasso di dispersione è passato dal 27,3% al 3,6%, assestandosi al 3,3% nell’anno successivo.
Forti di questi risultati, che vanno comunque mantenuti e possibilmente migliorati, negli ultimi anni è cresciuta nella nostra Istituzione la consapevolezza che la Scuola può davvero fare molto per prevenire il disagio e l’emarginazione scolastica e sociale. La sua azione quotidiana incide sempre più sugli alunni ad essa affidati, e attraverso di loro giunge anche alle famiglie, rendendole più attente, partecipi e consapevoli.
Oggi, alla luce delle esperienze fin qui fatte, sono convinta che nelle periferie delle grandi città, accanto a scenari di degrado e di povertà educativa ed economica, ed emergenze di ogni tipo, ci sono spesso le energie migliori; c’è un desiderio di cambiamento e di riscatto che diventa un’urgenza sociale. Partendo dall’osservazione e dall’ascolto di quello che definirei “un territorio con diritti speciali”, è necessario riconoscere le potenzialità e metterle a frutto e, soprattutto, ricucire il tessuto sociale disgregato, per creare partecipazione, condivisione, empowerment, orgoglio e cambiamento.
Tutti i percorsi di partecipazione e di crescita avviati per prevenire e contrastare la dispersione scolastica hanno come punto di partenza la diffusione della consapevolezza dei propri diritti, sia nelle famiglie, sia nei bambini e nei ragazzi. Si ricercano nuove opportunità da offrire, si diversificano le proposte per rispondere a tutti i diritti speciali, si avviano processi d’innovazione e di ricerca condivisi da alunni, docenti e genitori. Attraverso il coinvolgimento di tutto il personale scolastico e della comunità territoriale, si prova a costruire una reale Comunità Educante, che possa accogliere, prendersi cura e “tener dentro” anche chi potrebbe, per i motivi più disparati, “disperdersi”.
Bellezza e decoro della scuola incidono?
Senza dubbio: la Bellezza è un valore assoluto e può davvero operare cambiamenti profondi e significativi. Ha una forza “gentile” eppure potentissima, che travalica le parole, le dichiarazioni d’intenti. Al contrario, un territorio o un ambiente degradato crea sia negli adulti, ma soprattutto nei bambini, un senso di emarginazione e frustrazione che può predisporre a disagio sociale, con conseguente insorgere di fenomeni di devianza. In questo, le periferie pagano il prezzo di una progettazione senza Amore, senza Bellezza.
Amore e Bellezza sono per me assolutamente correlati. Ovviamente, non mi riferisco al Bello esteticamente perfetto, ma al Bello che nasce dalla cura, dall’attenzione, dall’Amore, appunto.
Mi scuserai se ritorno ancora indietro a cinque anni fa, ma quando si fanno esperienze forti, è difficile metterle da parte. Il 1^ Settembre 2013, nel plesso “Sandro Pertini”, allora sede di una scuola media ridotta all’osso (solo 4 classi, con un’unica prima composta da 14 alunni pluriripetenti), non c’era neanche un vetro intero; le lavagne venivano usate come porte per i bagni, ed erano ben visibili le ferite lasciate da un incendio doloso avvenuto a luglio. I servizi igienici a pezzi, buchi alle pareti, da poter guardare attraverso. So che ti potrò sembrare esagerata, ma su YouTube è ancora visibile un servizio televisivo del 2012 in cui una professoressa chiedeva aiuto. Il giardino intorno all’edificio era un ricettacolo di topi e rifiuti di ogni genere.
Quando sono entrata nel plesso Pertini per la prima volta, quello che ho provato è stato indignazione, come cittadina, prima ancora che neo dirigente scolastico.
La devastazione degli ambienti (e preferisco in questa nostra chiacchierata glissare sulle gravi irregolarità contabili e amministrative) avevano non soltanto ferito la scuola, ma un intero quartiere, colpendo la parte più debole e preziosa al tempo stesso: i bambini e i ragazzi, dunque il futuro e quella speranza di crescita e riscatto che solo l’istruzione può dare.
Non c’era da stupirsi che quei pochi ragazzi che frequentavano la scuola mostrassero atteggiamenti di noncuranza, quando non apertamente oppositivi. Il fatto che la loro scuola fosse così trascurata veicolava in maniera implicita che in realtà pochi avevano avuto cura di questi ragazzi, dei docenti e del personale che vi lavorava. Il rispetto delle persone si dimostra anche nel decoro dei luoghi in cui sono accolti.
Ovviamente, da qualche parte devi iniziare: iniziai dalle cose fondamentali: i vetri, innanzitutto. E le porte dei bagni; le altre porte no, non c’erano abbastanza soldi.
Chiesi l’intervento dei giardinieri comunali, e il giardino si “alleggerì”.
Andai a trovare alunni e professori dopo qualche giorno, e notai che gli sguardi erano più distesi, sicuramente meno diffidenti.
Mi convinsi che eravamo sulla buona strada, e da quel momento non ci siamo più fermati! In un’ala abbandonata dell’edificio è stata attivata una scuola d’infanzia, grazie a una capillare opera di sensibilizzazione anche degli esercenti commerciali, delle mamme alle fermate degli autobus, dei nonni, e portando a scuola bambini che, pur in età scolare, di fatto rimanevano a casa o per la strada; a distanza di due anni, è partita la scuola primaria e, nel 2016/17, a fronte di una sola terza secondaria di primo grado in uscita, sono state attivate cinque classi di prima media.
Non solo nel plesso “Sandro Pertini”, ma in tutte le sedi, il decoro innanzitutto non deve mai venir meno; la Scuola è un avamposto dello Stato, e già questo sarebbe sufficiente per esigere e garantire decoro e cura. Anche la presenza delle bandiere all’ingresso è un segnale. Simboli carichi di significato.
Un elemento di svolta determinante per la scuola e per la sua percezione anche all’esterno, si è avuto con la partecipazione al Progetto FARE SCUOLA, promosso da Fondazione Reggio Children – Centro Internazionale Loris Malaguzzi e ENEL Cuore Onlus. FARE SCUOLA ha condotto alla riqualificazione degli ambienti scolastici del plesso di scuola d’infanzia “Sacco e Vanzetti” e il plesso di scuola primaria “Padre Giuseppe Puglisi”.
Non per rendere questi ambienti semplicemente più belli – o perlomeno, non solo. Ma soprattutto per migliorare gli spazi scolastici, intendendoli come contesti di apprendimento e luoghi di relazione.
La progettazione, condivisa e “presa a cuore”, si è ispirata ad un approccio pedagogico innovativo in cui lo spazio può creare le condizioni per un migliore apprendimento e per instaurare relazioni interpersonali più fruttuose.
Per la scuola d’infanzia si è pensato di realizzare “La linea dell’ombra”, un atelier diffuso e trasversale, per trasformare la scuola in un unico grande laboratorio per l’apprendimento e l’autoapprendimento.
Per il plesso di scuola primaria Padre Giuseppe Puglisi, sede degli uffici e delle riunioni collegiali, si è pensato a una “Piazza delle Parole” e alla rivisitazione degli spazi comuni.
È stato inoltre realizzato un ATELIER DIGITALE ispirato dai temi della “Piazza delle parole”.
Grazie alla presenza di un atelier digitale nel plesso della scuola primaria Padre Giuseppe Puglisi, affiancato da una formazione specifica per i docenti, bambini e insegnanti hanno potuto sperimentare nuovi approcci nel processo di insegnamento/apprendimento, con continue “contaminazioni” di linguaggi e strumenti. Così, materico e virtuale si mescolano, lo sguardo sulla realtà si rinnova e si riscopre lo stupore nel vedere interconnessioni inedite.
E quanto è bello cogliere lo stupore di uno sguardo, quanto è bello guardare con occhi rinnovati ciò che ci circonda!
Quasi inconsapevolmente, ne sono certa, chiunque entra in un percorso in cui è presente la Bellezza (di idee, di sogni, di ambienti, di valori…) ne è preso! La Bellezza, per fortuna, non lascia nessuno indifferente, e dato che è creata e crea a sua volta Amore, coinvolge profondamente chi ha la fortuna di venirne in contatto.
Ecco perché, anche come educatori, dobbiamo coltivare la Bellezza. Coltivarla e disseminarla. Ritengo che sia anche un impegno civile da assumere, e in questo prendo a prestito una frase di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità; si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di com’erano quei luoghi prima, e ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. E’ per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza, perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione, ma rimangono sempre vivi la curiosità e lo stupore”.
Il Territorio e l’inclusione a scuola. La tua idea.
La mia idea di base è che Educazione vuol dire innanzitutto Partecipazione. La chiave di volta è una reale alleanza Scuola-Territorio, grazie alla quale la crescita complessiva riparte, fuori e dentro la scuola.
Il convincimento dell’importanza del rapporto Scuola-Territorio, nel nostro caso, si è concretizzato in azioni tangibili per il recupero e la promozione dei luoghi vissuti quotidianamente dalla comunità scolastica, coinvolgendo Enti Locali, Fondazioni, Istituzioni, Associazioni.
Con la consapevolezza che l’azione della scuola non può e non deve limitarsi all’interno degli spazi di stretta pertinenza scolastica, ma andare ben oltre i cancelli e le recinzioni, l’Istituto è stato promotore di un Progetto Interistituzionale per il recupero di un’area fortemente degradata adiacente al nostro plesso di scuola primaria “Camillo Randazzo”. Quel che è peggio, quello che adesso è un rudere non più recuperabile, doveva essere un asilo nido; è triste constatare che nell’intera seconda circoscrizione, che conta da sola più abitanti di Agrigento o Trapani, è presente un solo asilo nido. Il recupero di quest’area, possibilmente per destinarla a servizi per l’infanzia, sarebbe dunque importantissimo. Il progetto è tuttora in fase di attuazione, e vede il coinvolgimento del Comune di Palermo e dell’Esercito Italiano. Ci sono stati degli impedimenti e dei ritardi, ma noi non demordiamo!
A parte le diverse collaborazioni avviate e coltivate, l’alleanza con il Territorio si celebra innanzitutto con le famiglie.
Sono proprio le famiglie, che ci onorano ogni giorno della loro fiducia affidandoci i loro figli, che noi coinvolgiamo sempre, in un continuo dialogo che è confronto, scambio, trasformazione reciproca.
Una premessa che ci ricordiamo reciprocamente: quello che facciamo deve avere l’obiettivo di migliorare e moltiplicare le possibilità offerte ai nostri ragazzi. Dalla promozione e valorizzazione della persona, non può che esitare la promozione sociale e territoriale. Un percorso virtuoso e realmente partecipato per realizzare inclusione scolastica e sociale.
La scuola si chiama Sandro Pertini. So che inizi il collegio docenti con un suo discorso… E molto altro ancora…
All’I.C.S. “Sperone-Pertini” il primo libro di testo è la Costituzione Italiana.
È vero, quest’anno ho aperto il Collegio Docenti citando il discorso al Parlamento del Presidente Sandro Pertini -profeta in patria, oserei dire – , il 9 luglio 1978, dopo l’elezione a Presidente della Repubblica. Il messaggio di un grande Uomo e Statista, che parla di equilibri internazionali, ma soprattutto di diritti costituzionali dei cittadini, di difesa della libertà e del fatto che libertà e giustizia sociale costituiscono un binomio inscindibile. Un testamento valoriale e morale per tutti. Ho invitato i docenti, come ogni anno, a coltivare la memoria del Presidente Sandro Pertini, perché frequentare una scuola che porta il Suo nome è un privilegio. Grazie alla vicinanza e alla generosità del Prof. Stefano Caretti, Presidente del Centro Studi e documentazione Sandro Pertini, lo scorso giugno ho potuto donare ai ragazzi che terminavano la terza media con una bellissima biografia del Presidente Pertini. Semi, molti dei quali -ne sono certa- germoglieranno.
Tornando al primo Collegio Docenti, ho richiamato alla riflessione comune –mia per prima- l’art. 3 e l’art.54 della Costituzione.
È seguito un ampio dibattito sul senso e significato dell’essere educatore, di cosa vuol dire avere l’onere e l’onore di rivestire funzioni pubbliche e sul valore di ciò che siamo, facciamo e rappresentiamo, lavorando in particolare nel nostro Istituto e nel nostro contesto territoriale.
Prima di progettare, deliberare, ratificare, meglio fermarsi a pensare insieme al senso di ciò che facciamo. Tutto ciò che decideremo poi, sarà ancor meglio ponderato.
I genitori oggi non sono più come quelli di un tempo. La tua visione?
È vero, i genitori non sono quelli di una volta. Ma cosa, in realtà, lo è? Diciamo che siamo un po’ tutti meno disponibili all’ascolto, alla considerazione delle posizioni altrui, e, generalmente, più aggressivi. Ma la categoria “genitori” siamo noi tutti, e si fa presto a biasimare gli altri quando difendono, contro ogni ragionevolezza, i propri figli, salvo poi scagliarci contro si permette di muovere la minima osservazione verso i nostri.
Penso che l’atteggiamento giusto sia la disposizione all’ascolto, al tendere la mano, all’attendere fino a quando l’altro avrà finito di urlare. Poi, con tutta la pazienza possibile, ricucire il dialogo, cercando gli occhi di chi ci sta davanti.
In realtà, con questa disposizione d’animo e di comportamento, perso che molti conflitti possano essere del tutto evitati, ed eventualmente risolti.
Spesso i genitori più aggressivi sono coloro che semplicemente hanno bisogno di essere ascoltati. E’ questo che mi permetto di consigliare ai miei Docenti, specie a quelli più giovani: essere disponibili all’incontro sempre, e dimostrare nei fatti di essere accoglienti, anche delle istanze dei genitori.
Ciò non significa rinunciare al rispetto per il proprio ruolo, o alle scelte educative e didattiche dell’Istituto. Oppure sorvolare sull’osservanza delle regole condivise.
Ma essere disponibili all’ascolto non vuol dire solo parlare con i genitori nell’ora di ricevimento, magari a senso unico. Vuol dire dimostrare nei fatti che tu Docente hai a cuore quell’alunno, e che tu e il genitore condividete lo stesso obiettivo: la crescita sana del ragazzo. Non voglio certo fare l’avvocato del diavolo: io sono stata docente per 17 anni, e so bene quanto, a volte, la pazienza sia messa a dura prova, spesso più da qualche genitore che dagli alunni.
Ma tutti, preside in testa, dobbiamo ricordarci che siamo al servizio dei nostri ragazzi, e che la Scuola esiste perché ci sono loro, e non il contrario. Sembra semplice, ma cambia completamente il punto di vista. E se questo comporta prendersi cura anche dei genitori, con tutto il loro carico di aspettative, ansie, rabbia qualche volta, ben venga. Essere al servizio della comunità vuol dire anche questo.
Mi hai parlato di uno stile di istituto. Lo condividi con i nostri lettori?
Sì, è vero. Penso che siamo una bella squadra, e che davvero condividiamo tutti uno stile simile, fortemente identitario. Qualche tempo fa mi è capitato di dover parlare dell’esperienza educativa dell’I.C.S. “Sperone-Pertini”. Riflettendo insieme ad alcuni docenti sul nostro modo di essere e di esserci, abbiamo pensato che “Percorsi di partecipazione verso nuovi immaginari…” rendesse l’idea. Sicuramente siamo in cammino, in crescita insieme ai nostri ragazzi; a loro, cerchiamo di suggerire il non ancora realizzato, l’obiettivo cui tendere. Penso sia la forma più rispettosa di insegnamento. Non trasmettere conoscenze, ma dar loro gli strumenti per ragionare; non esigere, ma essere al servizio. In questo stile, fatto di condivisione di valori e di visioni, ci identifichiamo tutti, e ognuno vi contribuisce con il suo speciale apporto.
Il maestro, l’educatore. Un ruolo di alta responsabilità.
Certo, un ruolo di altissima responsabilità e rilevanza sociale, e ancora più determinante quando si opera in contesti disagiati, in cui mancano le opportunità e le risorse al di fuori della scuola. Per chi nasce in un contesto territoriale deprivato, il futuro è quasi scritto. L’articolo 3 della Costituzione Italiana spesso rimane disatteso, e anche le aspettative per la propria vita futura sono gravemente minate, spesso in maniera inconsapevole.
In un territorio con “diritti speciali”, le Istituzioni sono chiamate ad avere “doveri speciali”. Partendo da questi presupposti innanzitutto etici, la Scuola deve interpretare con passione il suo ruolo di agente di promozione umana, sociale e territoriale, consapevole dell’attenzione da dedicare nella formazione dei giovani che la frequentano, e onorando la memoria delle Donne e degli Uomini dello Stato che sono morti per difendere i valori di legalità e libertà, affinché diventino punti di riferimento e simboli di nuovi Ideali.
La perseveranza e l’impegno, pagano, e la Scuola può dare opportunità diversamente impossibili. Anche in questo, i fatti parlano più delle parole. Ti cito l’esempio vissuto dai nostri ragazzi di una prima media: hanno realizzato una canzone inedita, con relativo video-clip, dal titolo “In questa città”. L’elaborato è risultato vincitore del Concorso “Angeli custodi: l’esempio del coraggio, il valore della memoria”, indetto dalla Fondazione Falcone, dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in collaborazione con la Polizia di Stato, in occasione del XXVI anniversario delle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Grazie alla vittoria di questo concorso, i ragazzi compieranno un “viaggio della legalità” che li porterà negli Stati Uniti, in particolare a Washington, New York e a Quantico, in Virginia, sede dell’Accademia del’F.B.I. Inoltre, una rappresentanza della classe parteciperà alla Cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, all’Isola d’Elba, il prossimo 17 settembre.
La Scuola, gli educatori, devono “aprire finestre” sul mondo, e se è il caso fornire anche gli occhiali per vedere meglio, al di là delle apparenze, oltre quello che ci circonda. Poi, ognuno farà le proprie scelte, ma sono certa che tante di quelle finestre non verranno mai chiuse.
La Cultura, l’Educazione, la Scuola salveranno il mondo?
Senza Cultura non c’è civiltà. E senza Educazione e Formazione non c’è progresso, non ci può essere futuro.
Certo, la Scuola, insieme a tutto il mondo della ricerca, ha un ruolo formidabile. A patto che sia luogo di didattica in movimento, di ricerca di nuove possibilità, di nuovi sguardi, in cui i processi di apprendimento aprono finestre sul mondo e sfidano –se è il caso- anche il destino già scritto da chi nemmeno osa provare a immaginare qualcosa di diverso, di migliore.
La Scuola in questo percorso non deve mai isolarsi o indulgere nell’autoreferenzialità. Deve cercare alleanze, esigere supporto e collaborazione, assumersi il rischio di battere strade nuove e di dichiarare con fermezza i propri presupposti etici e valoriali. La scuola deve insegnare a pensare e a sognare, ma anche ad essere seri, determinati, perseveranti.
Sì, direi proprio che la Scuola salverà il mondo. Perché a scuola si costruisce comunità, si costruisce umanità.
Quella dell’educatore è proprio una professione meravigliosa: costruttore di futuro. Un autentico privilegio.