AGI – Si sono aperte le urne per il rinnovo di Holyrood, il Parlamento scozzese, e la premier Nicola Sturgeon spera in un successo che le consenta di rilanciare la battaglia per la secessione dal Regno Unito. Per ottenere una maggioranza, la leader dello Scottish National Party (Snp) potrebbe però essere costretta a cercare un accordo con il suo ex mentore, Alex Salmond, e c’è da fare i conti con un’opinione pubblica che non sembra più così favorevole al divorzio da Londra come all’indomani della Brexit.
Al referendum per l’indipendenza del 18 settembre 2014 prevalsero i ‘no’ con il 55%. Il primo ministro britannico, Boris Johnson, ritiene che una simile consultazione non possa essere riconvocata subito ma occorra attendere “una generazione”.
Secondo Sturgeon, però, la Brexit ha cambiato le carte in tavola, dal momento che al referendum sull’addio all’Unione Europea del giugno 2016 ben il 62% degli elettori scozzesi si espresse per il “Remain”. Gli ultimi sondaggi, nondimeno, offrono un quadro incerto.
Secondo una rilevazione di Savanta ComRes della settimana scorsa appena il 42% degli scozzesi voterebbe si’ all’indipendenza. Sempre più elettori temono infatti che una separazione dalla Gran Bretagna possa mettere i bastoni tra le ruote alla ripresa post-Covid, aggiungendo un’altra pesantissima incognita ai numerosi interrogativi sulle prospettive economiche di una Scozia indipendente.
L’obiettivo della premier è entrare nell’Ue e nell’euro ma si tratta di processi che hanno i loro tempi tecnici e non è affatto detto che Bruxelles sia disposta ad accelerarli. Inoltre la Scozia spende più di quanto incassa e, in assenza dei trasferimenti da Londra, dovrebbe imbarcarsi in una dura politica di austerità fatta di tasse più elevate e tagli alla spesa.
Sturgeon, che vorrebbe far svolgere la consultazione nel 2023, ha alzato però troppo il livello dello scontro per una marcia indietro tattica. La premier prima ha dato a Johnson della ‘bestiola timorosa’, citando il poeta nazionale Robert Burns, e poi ha tuonato che “non ci sarà alcuna giustificazione democratica, elettorale o morale” per negare un nuovo referendum.
Per una nuova battaglia secessionista occorre però una maggioranza e non è detto che il Snp riesca ad aggiudicarsi i 65 seggi su 129 che sono la soglia minima per governare in autonomia. In Parlamento, finora, l’unico altro partito indipendentista sono i Verdi, che contano appena cinque scranni ma sono dati in leggera crescita. Alle elezioni di giovedì correrà però anche Alba, una neonata formazione secessionista fondata da Alex Salmond, che fu il leader del Snp prima di cedere lo scettro a Sturgeon nel 2014.
I sondaggi accreditano Alba di un sostegno intorno al 4% ma anche un solo seggio potrebbe fare la differenza nel caso l’Snp manchi la maggioranza assoluta per un soffio. In questo caso Sturgeon potrebbe dover fare una scelta, dal momento che i Verdi escludono al momento una coalizione che includa Alba. Una rappacificazione con Salmond sembra però complessa, dato il modo maldestro con il quale Sturgeon gestì il caso delle accuse di molestie sessuali che spinsero l’ex premier a lasciare il partito nel 2018, per poi essere assolto da tutte e 12 le imputazioni nel 2020.
Sturgeon prima affermò di aver saputo delle accuse dallo stesso Salmond, poi spiegò di averne sentito parlare in precedenza dal suo ex capo dello staff, un’omissione considerata una violazione del codice ministeriale. Salmond accusò Sturgeon di aver mentito e sostenne l’esistenza di un complotto per buttarlo fuori dal partito utilizzando le accuse di molestie. Controversa e’ anche la nuova carriera di Salmond come conduttore di uno show a suo nome su RT, il canale televisivo del Cremlino.
Source: agi