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La Scozia al voto con il sogno dell’indipendenza

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AGI – Giovedì prossimo gli scozzesi andranno alle urne per eleggere i 129 membri del Parlamento, Holyrood, nella prima votazione dopo la Brexit e sesta dalla reintroduzione dell’istituzione, nel 1999. L’appuntamento elettorale è considerato un test e al tempo stesso un’opportunità per quelle forze politiche favorevoli all’indipendenza da Londra e al ‘Remain’ nell’Unione europea. Del resto al referendum del 2016 il 62% degli scozzesi aveva scelto di rimanere nell’Ue.

Se queste formazioni dovessero ottenere una vittoria decisiva e formare una solida maggioranza, allora la Scozia potrebbe orientarsi verso un divorzio da Londra e un rientro nell’Ue, tramite un secondo referendum. Nei giorni scorsi, un appello a Bruxelles è stato lanciato da 170 intellettuali europei.

Le forze in campo

Grande favorito è lo Scottish National Party (Snp) della premier in carica Nicola Sturgeon, ma non è chiara l’entità della sua vittoria che potrebbe portarla ad avere la maggioranza assoluta oppure a dover formare un governo di coalizione e nella peggiore delle ipotesi uno di minoranza. I due più seri rivali sono il Partito conservatore guidato da Douglas Ross e il Partito laburista di Anas Sarwar. In posizione di forza anche i Liberal Democratici Scozzesi diretti da Willie Rennie e i Verdi scozzesi di Patrick Harvie e Lorna Slater, al 13% negli ultimi sondaggi.

Ago della bilancia a queste elezioni potrebbero essere i piccoli partiti, in tutto 25, di cui alcuni in passato hanno già ottenuto un certo successo. Il numero di candidature è cospicuo, a tal punto che in alcune liste regionali gli aventi diritto avranno almeno 15 scelte diverse, contenute in una scheda elettorale lunghissima.

Quello che potrebbe rappresentare la vera sorpresa sullo scacchiere politico scozzese è il partito indipendentista Alba dell’ex primo ministro scozzese ed ex leader dell’Snp, Alex Salmond, alla guida della nuova formazione accreditata dell’11% delle intenzioni di voto e a caccia di voti nelle liste regionali con l’ambizione di creare una ‘super maggioranza’ di parlamentari favorevoli all’indipendenza da Londra.

La rapida ascesa di Alba ha evidenziato che la premier Sturgeon non ha il controllo totale del dibattito sul versante indipendentista, pertanto in campagna elettorale è stata costretta ad affrontare temi quali confini, valuta, Ue, che avrebbe preferito rimandare ad una futura campagna referendaria. In caso di netta vittoria degli indipendentisti, Salmond spinge per negoziati immediati con Londra, per un ambizioso programma di rilancio economico e per un forte impegno sui diritti delle donne.

Novità sul fronte unionista

Secondo un recente sondaggio di Panelbase, anche se l’Snp non dovesse ottenere la maggioranza assoluta, è probabile che si arrivi a una maggioranza pro-indipendenza proprio grazie ai voti ad Alba. In lizza per la prima volta c’è anche Reform Uk – ex Brexit Party, euroscettico, sovranista e populista nato nel 2019 – diretto in Scozia da Michelle Ballantyne, che ora punta ad una semplificazione e un alleggerimento delle tasse per rilanciare la crescita e la produttività della Scozia. Reform Uk si oppone, ovviamente, all’indipendenza, ad un secondo referendum, a nuovi lockdown, al passaporto vaccinale e rivendica più poteri per il governo locale.

Tra le forze politiche più piccole, un certa consenso porrebbe andare al gruppo All for Unity dell’ex laburista George Galloway, accanito sostenitore dell’unione con Londra, deciso a combattere il “flagello del separatismo”, incarnato secondo lui dall’Snp. Galloway ambisce ad entrare in un governo di unità nazionale con conservatori, laburisti e liberal democratici.

Il rischio di frammentazione

Altri due partiti hanno candidati nelle 8 regioni elettorali: lo Scottish Libertarian Party e Abolish the Scottish Parliament Party. Nella competizione elettorale ci sono anche lo Scottish Family Party, conservatore, neutrale sull’indipendenza e la Brexit; Ukip, totalmente contrario all’indipendenza da Londra e favorevole all’abolizione del Parlamento scozzese; la Freedom Alliance, il partito anti lockdown nato proprio per contrastare le restrizioni sanitarie in risposta alla pandemia e neutrale sull’indipendenza.

Ci sono poi la Trade Union and Socialist Coalition, Scottish Renew, Social Democratic Party, Women’s Equality Party , Independent Green Voice, Restore Scotland (4 candidates), Communist Party of Britain, Scotia Future, Animal Welfare Party, Liberal Party, Reclaim Party, Vanguard e altri 25 candidati indipendenti. Oltre a promuovere la causa indipendentista da un lato o quella pro-Londra dall’altro, tutte queste formazioni rischiano di frammentare il voto, costando seggi ai grandi partiti e portando alla formazione di un Parlamento arcobaleno che complicherebbe la governabilità della Scozia.

L’incognita dell’affluenza

Per quanto riguarda l’affluenza al voto per Holyrood, che dal 1999 è stata in media pari al 53%, rischia di risentire dell’attuale contesto pandemico. Tradizionalmente in Scozia gli elettori più anziani sono quelli più propensi a votare, quindi potrebbero essere dissuasi dal partecipare. O meglio, invece di andare alle urne di persona, in molti si sono iscritti al voto per corrispondenza, che ha raggiunto un numero record.

In base al sistema elettorale vigente in Scozia, a governare è la formazione politica che ottiene il maggior numero di parlamentari, su un totale di 129. Per determinare la composizione del Parlamento, in Scozia viene utilizzato un sistema a membri addizionali, teso a garantire una rappresentanza proporzionale per ogni regione. Il Parlamento ha competanza in materia di sanità, istruzione, trasporti oltre ad avere alcuni poteri in materia fiscale e di politiche sociali.

Source: agi


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