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La ripartizione territoriale nel Pnrr. Una stima complessa

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È auspicabile una rimodulazione del Pnrr attribuendo un coefficiente di concentrazione a favore delle Regioni del Sud che tenga conto, per ognuno dei sei pilastri del Dispositivo di Ripresa e Resilienza, dell’effettivo ritardo accumulato rispetto alla media nazionale. Occorre una vera e propria rivoluzione culturale della spesa pubblica per rafforzare strumenti e risorse umane, sia nella fase di attuazione che di monitoraggio e controllo

di Antonino Gulisano

Ci siamo occupati, in due precedenti articoli, delle occasioni offerte dalle sei missioni del Pnrr alle regioni del Mezzogiorno d’Italia cui, in linea di massima, dovrebbe essere riservato il 40% delle risorse disponibili, evidenziando come il problema principale, per il nostro Sud, sia la capacità di spendere le somme stanziate e portare a compimento le opere nei tempi stabiliti.

Abbiamo tuttavia evidenziato l’assenza nel Pnrr di indicazioni sulla concentrazione territoriale, come denunciato dallo stesso Servizio Studi di Camera e Senato nel Dossier DOC.XXVII, N.18 del 25 gennaio scorso, dove si precisa che “Il PNRR non reca una ripartizione territoriale delle risorse, per cui non è possibile – allo stato attuale di dettaglio del Piano – definire la quota parte della spesa complessiva che verrà destinata al Mezzogiorno”.

Volendo ora provare a stimare quante risorse risultano destinate o destinabili al Sud seguendo le indicazioni del Pnrr e del Piano per il Sud al quale quest’ultimo fa riferimento, è possibile giungere alla conclusione che dell’intero pacchetto finanziario di NGEU, pari a 223,92 miliardi di euro, allo stato attuale e se non intervengono rimodulazioni o nuovi indicatori, 86,4 miliardi (tra misure destinate a sud e riserva del 34%) sarebbero destinati a iniziative nel Mezzogiorno, per una percentuale  pari al 38% (Stima Fondazione Bruno Visentini).

Nella prospettiva di una rimodulazione del Pnrr è dunque necessario poter predeterminare con maggiore precisione e rigore le risorse che dovranno essere destinate alle regioni del Mezzogiorno, individuando anche gli indicatori per monitorarne l’effettiva ricaduta. La soluzione viene offerta dallo stesso Regolamento (UE) 2021/241 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza che all’art 11 determina i criteri di ripartizione delle risorse a fondo perduto esplicitati nell’allegato II e l’Allegato III, il primo dei quali relativo al calcolo per l’assegnazione della prima tranche del 70% e il secondo per l’assegnazione del saldo del 30%.

Limitandosi al metodo di calcolo della prima tranche, il riferimento è ai dati relativi al 2019, dunque ante pandemia, relativi a tre indicatori quali il PIL medio pro-capite del paese beneficiario, il numero degli abitanti e il tasso di disoccupazione medio del periodo 2015-2019. Dall’applicazione di questa formula alla realtà italiana, sostituendo gli indicatori rilevati a livello UE27 con quello dell’Italia e quest’ultimo con quello delle macroregioni Sud e Isole, si ricava una percentuale di concentrazione nelle regioni del Sud del 68% (Elaborazione Fondazione Bruno Visentini). In altre parole, ogni 100 euro di sussidi che il RRP destina all’Italia, 68 euro potrebbero essere impegnati nel Mezzogiorno. I motivi di ricorrere a un parametro di etero-compensazione sono numerosi.

Nella programmazione 2021-2027, ora tutte le otto regioni del Sud dovrebbero rientrare nella tipologia delle regioni in ritardo di sviluppo, beneficiarie quindi del maggiore tasso di concentrazione delle risorse del rispettivo quadro finanziario pluriennale, che nella precedente programmazione era del 52,45%.

Tra i criteri di valutazione da parte della Commissione vi è anche l’accertamento dell’effettivo contributo del Pnrr al miglioramento alla coesione territoriale e la convergenza (Allegato V del Regolamento (UE) 2021/241).

In conclusione, applicando la formula indicata nel regolamento RRP le risorse da destinare a Sud, tra sussidi e finanziamenti, sarebbero pari oltre 150 miliardi di euro. Se si applicasse quella per le aree in ritardo di sviluppo, oltre 120 miliardi. Non entrando in questa sede in valutazioni strettamente politiche, circa la necessaria concentrazione delle risorse nelle regioni meridionali, è possibile tuttavia giungere a una valutazione e formulare due proposte. La valutazione è che il Pnrr varato dal precedente governo offre una peraltro vaga e senz’altro riduttiva e penalizzante programmazione per le regioni del Mezzogiorno, escludendo, ad eccezione che per le misure finanziate da React-Eu, ogni forma di doverosa etero-compensazione.

La prima proposta è quella di rimodulare il Pnrr attribuendo un coefficiente di concentrazione a favore delle Regioni del Sud che tenga conto, per ognuno dei sei pilastri del Dispositivo di Ripresa e Resilienza, dell’effettivo ritardo accumulato rispetto alla media nazionale e della realizzazione di target realistici. Tra questi senz’altro il pilastro 4 “coesione sociale e territoriale “e il pilastro 6 “Politiche per la prossima generazione, l’infanzia e i giovani, come l’istruzione e le competenze”

La seconda proposta è quella di legare ad ogni concentrazione un rafforzamento amministrativo (risorse umane e strumentazione), sia nella fase di attuazione che di monitoraggio e controllo, da inquadrarsi in un auspicata vera e propria rivoluzione culturale della spesa pubblica e dell’accesso dei privati a queste ultime.