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La ratifica della riforma del MES torna sul tavolo dell’Eurogruppo

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Uno dei punti più dibattuti ha sempre riguardato il rinnovato potere della Banca Centrale Europea e, di conseguenza, le limitazioni imposte al settore bancario e ai governi nazionali

di Antonino Gulisano

Il MES (Meccanismo europeo di stabilità) è un trattato sottoscritto dai 17 Paesi dell’Eurozona il 2 febbraio 2012, “in una nuova versione che supera quella sottoscritta l’11 luglio 2011 (non fu avviata a ratifica in nessun paese dell’Eurozona) ampliandone sia l’ammontare massimo di risorse disponibili sia la tipologia delle operazioni consentite”. Il Consiglio Europeo di Bruxelles del 9 dicembre 2011, infatti, con l’aggravarsi della crisi dei debiti pubblici aveva deciso l’anticipazione dell’entrata in vigore del fondo, inizialmente prevista per la metà del 2013, a partire da luglio 2012.

Il trattato, “sorpassando” l’iter del parallelo atto per la modifica dell’articolo 136 del TFUE, dovette inizialmente assumere la veste di atto istitutivo di un’organizzazione intergovernativa (sul modello del FMI), a motivo della struttura fondata su un consiglio di governatori (formato da rappresentanti degli stati membri) e su un consiglio di amministrazione e del potere, attribuito dal trattato istitutivo, di imporre scelte di politica macroeconomica ai paesi aderenti al fondo-organizzazione.

Successivamente, però, l’attuazione del fondo è stata temporaneamente sospesa in attesa della pronuncia da parte della corte costituzionale della Germania sulla legittimità del fondo con l’ordinamento tedesco.

In queste settimane torna sul tavolo dell’Eurogruppo il Dossier MES, anche il nodo ratifiche: Italia in ritardo (ma non è l’unica). Dopo mesi in cima ai temi di dibattito pubblico, nodo politicamente divisivo a cominciare dal muro eretto da Cinque Stelle e Lega, il dossier Mes dopo aver navigato sott’acqua a partire dalla nascita del Governo Draghi riemerge in queste ore, anche se non con la rilevanza e l’impatto mediatico che ha assunto durante l’esecutivo precedente.

Insieme a caro energia e impennata dell’inflazione, revisione del Patto di stabilità e unione bancaria, il processo di ratifica del Meccanismo europeo di stabilità sarà infatti tra gli argomenti principali della prima riunione del 2022 dell’Eurogruppo, che è stata aperta nel pomeriggio di lunedì 17 gennaio a Bruxelles sotto la presidenza del ministro delle Finanze irlandese Danohoe. Il Meccanismo europeo di stabilità fornisce assistenza finanziaria ai paesi della zona euro che affrontano o rischiano gravi difficoltà finanziarie, con una capacità di prestito fino a 500 miliardi di euro.

Il vertice dell’Eurogruppo è stata seguita martedì 18 gennaio quello del Consiglio dei 27 ministri delle Finanze Ue, l’Ecofin – sarà caratterizzato dall’esordio di quattro ministri (Germania, Olanda, Austria e Lussemburgo) e fornirà l’occasione analizzare l’evoluzione della ripresa economica alla luce della nuova ondata di contagi a cui l’Europa sta cercando di fare fronte contenendone l’impatto sulle attività produttive.

Per l’Italia partecipa Daniele Franco. E proprio il ministro dell’Economia sarà chiamato ad aggiornare i colleghi dell’Eurogruppo su un tema spinoso, ovvero la mancata ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità da parte dell’Italia. A Bruxelles l’attendevano entro il 2021, non è arrivata. All’appello mancano anche Germania, Francia e Portogallo.

A dicembre, in occasione di un intervento al question time, il Ministro Franco aveva detto che «il Governo intende presentare il Ddl di ratifica alle Camere e auspica che il processo di ratifica abbia luogo nei tempi programmati, fermo restando il ruolo importante del Parlamento». A questo punto il pressing europeo potrebbe accelerare i tempi del provvedimento. E non è escluso che il passaggio parlamentare possa registrare una nuova levata di scudi, con un redivivo asse tra Lega e M5s.

Alcune domande vanno poste a chiarimento della posizione dell’Italia.

  • Il MES serve o non all’Italia e che anzi addirittura la danneggia?

Per quanto riguarda specificamente l’Italia, il rifinanziamento dell’elevato debito pubblico del nostro paese può avvenire in maniera più ordinata e a costi più contenuti se le condizioni sui mercati finanziari restano distese.

  • È vero che la riforma è costruita in modo da facilitare l’accesso ai fondi di paesi che sono in regola con i conti pubblici (per esempio la Germania per affrontare una crisi delle sue banche) e da penalizzare invece l’accesso ai fondi dei paesi che non rispettano i parametri di Maastricht (per esempio l’Italia se dovesse esserci una crisi del suo debito sovrano)?

Per quanto riguarda i prestiti (che sono condizionati a un programma di aggiustamento macroeconomico), alla preliminare verifica della sostenibilità del debito (già prevista dal trattato in vigore) verrebbe affiancata quella della capacità di ripagare il prestito (già utilizzata nella sorveglianza post-programma). Sono clausole a tutela delle risorse del MES, di cui l’Italia è il terzo principale finanziatore.

  • È vero che la riforma del MES aumenta la probabilità di un default sovrano?

In ogni caso ricordato che la probabilità di un default dipende in primo luogo dalle politiche economiche messe in atto dai paesi.

  • È vero che con la riforma l’Italia dovrà versare al MES ulteriori fondi?

No, il capitale del MES è invariato, così come le regole che ne governano l’eventuale versamento.

  • È vero che in caso di intervento del Meccanismo in una crisi dovremmo versare entro sette giorni la quota mancante?

Già nel trattato in vigore il versamento di ulteriore capitale entro sette giorni è previsto solo in condizioni di assoluta emergenza, e cioè nel caso in cui il MES dovesse rischiare di trovarsi in default nei confronti dei suoi creditori.

In conclusione Vediamo i punti di debolezza: Uno dei punti più dibattuti ha sempre riguardato il rinnovato potere della Banca Centrale Europea e, di conseguenza, le limitazioni imposte al settore bancario e ai governi nazionali. Un paese sovrano è sempre avuto il potere di battere moneta e di avere il potere di stampare moneta con una Banca centrale di ultima istanza. Ma la BCE non è banca centrale di ultima istanza, ma una Banca proprietaria di soggetti privati di altre Banche autorizzata di volta in volta dalla Commissione dell’U.E e dal Consiglio dei Governi dei paesi aderenti.

La somma a garanzia fornita agli Stati in difficoltà viene suddivisa e composta dalle partecipazioni di ciascun membro non in difficoltà. In poche parole, parte dei soldi concessi alla Grecia sono stati corrisposti tramite capitali messi a disposizione in parte dalla Germania, in parte dall’Italia, dalla Francia.

Ed è qui il pericolo: se uno degli Stati più «affidabili» dovesse trovarsi in difficoltà e aver bisogno del Meccanismo, la quantità dei fondi che non può più garantire si riverserebbe necessariamente sugli Stati più piccoli.

A seguito della emergenza pandemica si è trovato il punto d’incontro e l’Eurogruppo ha dato via libera a un MES senza condizioni. Ma davvero senza condizioni? NO. In pratica il MES sarà sì senza condizioni, ma solo per le spese mediche riguardanti l’emergenza COVID-19. Il fondo, ha comunque ribadito il ministro delle finanze olandese sarà accessibile anche per forme di sostegno economico, ma in quel caso scatterà la condizionalità.

Ultima ciliegina entrata in questo progetto anche Il salvagente per le banche.

Ci sono modifiche anche sull’unione bancaria. In questo caso, con la riforma, si permetterebbe di aprire un paracadute quando un grosso istituto finanziario sta precipitando.

Il Mes riformato si candida ad essere l’organo gestore delle crisi di debito pubblico nei prossimi anni.

Tutta questa riforma del MES è realmente vantaggiosa agli interessi e allo sviluppo dell’Italia, che si trova in uno stato di criticità per il suo Debito Pubblico e il PIL da -9% per a 6,50 nel Bilancio 2021? SI! Ma resta sempre il Debito Pubblico alle stelle. All’Italia servono due misure drastiche. Spendere le somme messe a disposizione dal Bilancio U.E. la Next Genretion con dei Progetti di investimenti reali allo sviluppo (Ristrutturazione del sistema sanitario sia infrastrutturali come gli ospedali territoriali, sia le risorse umane di medici e infermieristico). Informatizzazione di tutta la struttura statale e privata. Investimenti infrastrutturali nel settore della Istruzione e del territorio idrogeologico. E non continuare a forza di bonus e ristori senza prospettiva di sviluppo.