AGI – Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina si conoscono dieci anni fa a Palermo, lui ci abita, lei si è trasferita in Sicilia per frequentare un corso di Emma Dante, illuminata regista teatrale. La musica entra nel loro rapporto quasi per gioco, entrambi vogliono fare gli attori, ma scatta immediatamente il corto circuito, la scintilla che accende in loro qualcosa, la consapevolezza poi col tempo, di avere qualcosa da dire e che la musica potesse essere il modo più adatto a loro per dirla.
Nasce così il duo La Rappresentante di Lista, nome che a molti non diceva nulla fino allo scorso anno, quando sono stati ospiti di Rancore al Festival durante la serata dei duetti, chi si è perso quell’esibizione (tra le migliori di quella giornata) forse si sarà posto qualche domanda quando Amadeus li ha inseriti nella lista dei convocati per la 71esima edizione di Sanremo.
I più attenti a cosa succede nel mercato della musica indipendente invece forse quella mattina dello scorso dicembre, quando hanno letto la lista dei 26 big in gara, hanno creduto di essersi svegliati in un mondo un po’ più giusto. Perché è fuor di dubbio che La Rappresentante di Lista è uno dei progetti discografici più interessanti degli ultimi anni.
Il loro cantautorato moderno, ricco di immagini, di disperata poesia, di contenuti significativi, è il miglior regalo che Amadeus potesse fare al pubblico nazionalpopolare del festivàl, perché è raro ritrovare una tale quantità di spessore in un progetto che non disdegna affatto alcun contatto con il pubblico, anzi, se lo va a ricercare in ogni anfratto del mercato musicale contemporaneo. I due ragazzi oscillano agilmente tra Sanremo e l’Ypsigrock di Castelbuono, forse il miglior festival italiano in termini di qualità, un festival, per dire, per il quale essere ingaggiati è quasi più complesso che andare allo stesso Sanremo.
Oggi suonano in un club di provincia, domani sentiamo le note di una loro canzone in una serie firmata dal premio Oscar Paolo Sorrentino. Gli addetti ai lavori li amano, “Go Go Diva”, il loro ultimo album, è diventato quasi un manifesto politico musicale e moderno in favore della libertà personale di utilizzo di “Questo corpo”, che è anche il pezzo che apre il disco e forse uno dei migliori brani prodotti in Italia negli ultimi 20 anni.
Perché Sanremo?
Dario: Mi viene da risponderti in maniera un po’ ovvia ma non del tutto banale: perché La Rappresentante di Lista scrive canzoni in italiano e Sanremo è il Festival della Canzone Italiana…
Veronica:…quindi anche casa nostra.
Dario: Poi noi siamo grandi fan del Festival e crediamo che in un percorso di gavetta, di piccoli passi, scalini, che ci ha portato a pubblicare adesso il quarto disco, Sanremo è uno di quei giri di boa, di quelle tappe che non possono mancare nel percorso di un artista in Italia.
Cosa avete pensato una volta realizzato che avreste partecipato al festival?
Veronica: Che a quel punto toccava a noi, già presentando un brano un gruppo si espone, ci mette la faccia, le parole, tutto il corpo; in fin dei conti è un grandissimo lavoro di squadra, un lavoro del team che ci sta intorno, dall’ufficio stampa all’etichetta fino al manager. Quando poi arrivi sul palcoscenico tocca a te, tu devi portare la tua musica, i tuoi contenuti, devi fare in modo che i temi che ti sono cari escano fuori a gran voce.
Dario: Si, mi ricordo che quando Veronica ha ricevuto la telefonata ci siamo guardati negli occhi e abbiamo pensato esattamente quella cosa lì: adesso tocca a noi. Noi proveremo a dare voce a quelli che sono i nostri contenuti ed effettivamente, adesso siamo in una posizione molto esposta, siamo felici di poterlo fare.
In quanto ad esposizione forse non vi batte nessuno, voi avete suonato ovunque, al Festival intanto l’anno scorso ospiti di Rancore nella serata duetti, al concertone del Primo Maggio, in praticamente tutti i festival di musica indipendente italiani, compreso lo storico Ypsigrock…
Dario: Crediamo di essere abbastanza trasformisti, c’è qualcosa di arcaico nel nostro modo di affrontare l’arte, ma La Rappresentante di Lista riesce ad integrarsi nei diversi contesti. Dobbiamo ammettere che effettivamente riusciamo a farlo in maniera coerente rispetto a quello che siamo, domani siamo al Festival di Sanremo, ieri eravamo in copertina su Vanity Fair, mi piace l’idea di essere poliedrici, poter stare sul palco di un festival indipendente in cui la materia musicale è fondamento assoluto, la ricerca, la sperimentazione, e allo stesso tempo avere le carte in regola per stare in un festival come quello di Sanremo in cui il costume è tutto.
Vi aiuta anche avere una conoscenza consolidata della grammatica teatrale…
Veronica: Il teatro è uno strumento che abbiamo a disposizione, è come una carta che puoi giocarti, ma non serve in modo dichiarato dire o pensare di andare a fare una performance teatrale sul palco dell’Ariston. Sono degli strumenti che hai, dei jolly che ti giochi anche senza nominarli, fanno parte del tuo linguaggio, del tuo modo di esprimersi con la mimica del volto, di rappresentare i temi che ti sono caldi attraverso l’uso dei colori degli abiti.
Vi definite “queer pop band”, cosa vuol dire esattamente e cosa può portare in più ad un festival come Sanremo una queer pop band?
Dario: Per essere coerenti con la definizione di “queer” possiamo dire cosa non vuol dire, noi abbiamo abbracciato questo termine, che poi si lega ai ragionamenti sull’identità di genere, perché avevamo difficoltà ad inquadrarci dentro una casellina di genere, non facciamo trap, non facciamo itpop, rock, reggae, ma potenzialmente possiamo fare tutto.
Ci piace questa identità fluida rispetto a qual è il genere musicale de La Rappresentante di Lista, quindi abbiamo scelto “queer” proprio perché è un termine anglosassone che vuol dire “oltre il genere”, “trasversale”, “strambo” e in qualche modo ci rappresenta, lasciandoci spazio. Una queer pop band può portare sicuramente qualcosa, penso che quello che vedranno sul palco può incuriosire e affascinare…
Veronica: Si, creare una possibilità, alle volte ci piacerebbe che pensassero a qualcosa di diverso, “non l’avevo previsto eppure riesco a capirlo, riesco a comprenderlo”
Cosa pensate del cast messo in piedi da Amadeus?
Veronica: Onestamente ho pensato che fosse non solo una bellissima line-up, ma anche un po’ coraggiosa. Cavolo, non è da tutti portare sul palco dell’Ariston dei nomi così sconosciuti al grande pubblico, gente che fa generi musicali per alcuni impronunciabili, o che lavorano sul lessico, sull’utilizzo di parole altre, piuttosto che sulla canzone d’amore che siamo abituati ad ascoltare, al festival o in radio.
Dario: La cosa interessante è che è da un po’ di anni che il Festival di Sanremo si avvicina a questo momento, però fino ad oggi la nostra percezione era che artisti legati alla scena indipendente, artisti della nuova musica italiana, penso ad Achille Lauro, o Motta o Rancore, erano inseriti ancora in una struttura vecchio stampo, invece stavolta la scelta ci sembra radicale…
Veronica: Si, sembra quasi un cambio generazionale. In qualche modo dai luce ad una cosa che si sta muovendo da un po’ di tempo.
Credete che Sanremo sia arrivato un po’ tardi sulla scena dalla quale provenite voi?
Dario: Noi quando le istituzioni arrivano un po’ tardi sulle cose che già da tempo sapevo mi fa soltanto piacere, vuol dire che esiste ancora l’underground, vuol dire che esiste ancora la possibilità di muoversi aldilà dei canali istituzionali, altrimenti non si tratterebbe di musica indipendente, saremmo già arrivati.
Il vostro repertorio è molto vasto, anche la vostra teatralità vi permette di spaziare moltissimo pensando ad una performance, quali sono stati i criteri di selezione per scegliere quale canzone proporre ad Amadeus?
Veronica: Ci abbiamo ragionato, non dico che dev’essere subito di impatto, però le persone che ci vedranno e che ci ascolteranno in qualche modo ci inquadreranno dentro uno schema che riconoscono molto chiaramente.
Dario: Noi probabilmente, nei prossimi tre/quattro mesi, saremo la band di “Amare”
Veronica: Una canzone emotiva, appassionata, che richiama ad un certo tipo di struttura, se ci fossimo presentati con “Alieno” magari ci avrebbero dato subito degli strambi, dei pazzi, dei musicisti di ricerca, sfrontati, e chissà quanti altri appellativi…
Dario: Abbiamo scelto “Amare” perché una canzone che in qualche modo rappresenta un percorso, apre un passaggio obbligato che ci porterà alla pubblicazione del disco. In qualche modo “Amare”, insieme ad altri singoli che abbiamo pubblicato come “Alieno”, sono degli ottimi biglietti da visita per raccontare in poche battute quello che è il nostro percorso e quello che sarà la strada che continueremo a percorrere.
Veronica: Si, il titolo parla anche da sé, è quasi un imperativo, “Ama”, è un tema caldo in tutto il disco, che parla di crescita, eredità, di maternità, che cosa si lascia a questo mondo e comunque permea questa tematica non solo il disco ma tutta la nostra vita fondamentalmente.
E come mai la Rettore come duetto?
Dario: Perché era l’altra casellina che mancava per raccontare La Rappresentante di Lista, effettivamente, parlando di teatralità. La Rettore ce la siamo studiata, ce la siamo spulciata, abbiamo visto le interviste prima di proporre agli autori di Sanremo il suo nome, e con lei siamo anime affini, lei è un’artista rivoluzionaria, controtendenza, un po’ la Blondie italiana. Se ci pensi, ora sembra normale sentirla, ma quando uscì “Splendido splendente” era completamente sui generis per l’uso del lessico, del corpo, l’autoironia…
Veronica: …dei ragionamenti molto profondi rispetto alla paura dell’essere umano di invecchiare…
Dario: Lei è tutt’ora una artista instancabile, noi siamo in viaggio ora verso una sala prove di Sanremo per andarla a conoscere, finora dalle chiacchierate telefoniche si profila un personaggio magico.
A cosa penserete un attimo prima di salire sul palco?
Dario: L’anno scorso, un attimo prima di salire sul palco con Rancore, Veronica scoppiò a ridere, le prese la ridarella, una di quelle risate che non riesci più a smettere.
Veronica: Si, perché mi veniva in mente che una volta varcata quella quinta immaginaria la telecamera mi avrebbe ripresa proprio in pieno volto e ci sarebbe stata mia madre a piangere, gli altri emozionati a ridere, i miei cugini, mia sorella, e quindi mi veniva da ridere e non riuscivo proprio a trattenermi. Vediamo cosa succede quest’anno.
Source: agi