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La nuova primavera del tennis maschile azzurro. Chi c'è dietro Fognini

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Il Masters maschile (ufficialmente Atp Finals) coi migliori 8 del mondo di fine stagione al PalaAlpitour di Torino per il quinquennio 1921-1925 sembra caricare il tennis italiano, capace di esprimersi con una continuità e una varietà di protagonisti che richiama gli anni 70 del bum delle racchette de noartri. In questi primi quattro mesi ci sono già stati tre successi azzurri sull’Atp Tour: Cecchinato a Buenos Aires, Fognini a Montecarlo (primo Masters 1000 azzurro) e domenica Berrettini a Budapest (più la finale di Seppi a Sydney), quindi quattro finali con quattro diversi protagonisti, peraltro molto diversi come caratteristiche tecniche ed estrazione geografica. Più 5 Challenger (due Mager, uno Matteo Berrettini, Sinner e Travaglia).

Matteo Berrettini, neo 23enne (è nato il 12 aprile 1996), si è aggiudicato entrambe le prime due finali in carriera, e rilancia il discorso precocità: è il secondo più giovane di casa nostra a raggiungere le prime due finali Atp negli ultimi 24 anni (dietro Volandri che toccò la seconda finale a 22 anni e 8 mesi), ed è il terzo più giovane italiano a firmare due tornei. Dopo Cancellotti che, nell’84, concesse il bis già a 21 anni e 6 mesi, e Pescosolido che, nel’93, replicò sull’Atp Tour a 22 anni e 4 mesi.

Il romano (n. 37 mondiale) insegue il 26enne Cecchinato (n. 19) – semifinalista l’anno scorso al Roland Garros – che, a sua volta, dopo avergli soffiato e restituito la corona di numero 1 d’Italia nella classifica mondiale, insegue il 31enne Fognini, a un passo dai “top ten”, al 12. Che significa: due italiani fra i primi 20, tre fra i 40, sei fra i 90 e diciannove fra i primi 200. Più di tutti, a pari merito degli Stati Uniti, che avevamo superato sette giorni fa.

Dietro, c’è un solido gruppetto di ragazzi terribili che incalza. Fra questi, spicca il 23enne Lorenzo Sonego (n. 69), che negli ultimi quattro tornei consecutivi ha superato le qualificazioni e, a Marrakech e Montecarlo, ha raggiunto anche i quarti. E si fa particolarmente notare per le insolite precocità, solidità e completezza il 17enne altoatesino Jannik Sinner, primo del 2001 ad aggiudicarsi un match Atp Tour, compiendo un salto di qualità importante: dal titolo di Bergamo del 24 febbraio, ha vinto 19 match su 22, fra Futures, Challenger e Atp (uno in qualificazioni e uno in tabellone principale).

L’allievo di Massimo Sartori è salito al numero 298 del mondo, i coetanei, le ex stelle juniores di qualità, Lorenzo Musetti (455) e Giulio Zeppieri (513), sono più indietro ma, così, tre dei primi cinque 17enni della classifica Atp sono italiani. Con un altro credibile nugolo di ventenni che incalza, da Baldi a Quinzi, a Napolitano, Mager, Donati, Moroni, Pellegrino, Brancaccio, Dalla Valle, Ocleppo, Caruana, Berrettini jr.

I risultati si consolidano, rispetto ai sei titoli italiani Atp dell’anno scorso, a una sola tacca dal record del 1977. L’anno successivo all’Eldorado azzurro del ‘76, con i successi di Roma e Roland Garros di Adriano Panatta e il trionfo in coppa Davis. Nel ’77, erano già arrivati tre urrà sul circuito dopo tre mesi – come adesso, peraltro record mondiale insieme alla Francia – ed era stato anche fissato il record, tuttora imbattuto, di successi stagionali, con sette tacche azzurre.

Ecco quindi che il riferimento all’epoca d’oro del formidabile quartetto Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli torna sempre più d’attualità in questi giorni. Anche per via dei protagonisti, molto giovani. Dopo anni di acuti singoli, sporadici. Vuoi vedere che uno di loro eguaglierà finalmente Panatta e Barazzutti, gli unici tennisti italiani a qualificarsi per il Masters? Sarebbe un doppio record: ce la farebbe in casa.

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Fonte: sport agi


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