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La notte Iran-israele, le armi, il populismo. Parla il dem Alfieri

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Marianna Rizzini
Lo squarcio nella notte, la pioggia di droni e missili che partono dall’iran e per la quasi totalità vengono intercettati da Israele con la collaborazione di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e con il sostegno di Giordania e Arabia Saudita, e quindi anche di paesi critici sull’intervento di Israele a Gaza: sono avvenimenti che sanciscono una certezza. Israele è visto come elemento di stabilità nella regione, a differenza dell’iran. E, al di là di quello che succederà, al di là delle strade che Israele potrà prendere per reagire, dopo la telefonata in cui il presidente americano Joe Biden ha invitato alla calma Benjamin Netanyahu (“hai vinto, tieniti la vittoria”), c’è un elemento della situazione che parla al pacifismo intransigente per cui le armi, anche difensive, sono sempre tutte uguali e in quanto tali vanno sempre e comunque respinte come idea (e non finanziate). Che cosa sarebbe successo a infrastrutture e persone, a militari e civili, senza lo scudo protettivo su cui ha potuto contare Israele, affiancato da una coalizione di paesi, tra cui appunto due paesi arabi moderati? La riflessione interroga anche un centrosinistra in cui, nelle ore successive all’attacco, la linea del Pd – un Pd in cui la segretaria Elly Schlein, domenica, ha “condannato con forza” l’attacco iraniano e ha chiamato la premier Giorgia Meloni, offrendo collaborazione – non è coincidente con la linea del leader m5s Giuseppe Conte (“nulla da condividere se Schlein chiama Meloni”, è stato il suo commento). L’idea che non si possa procedere in modo demagogico sul tema armamenti, e che serva un distinguo realistico sulla differenza tra funzione offensiva e difensiva, si fa strada in alcune aree dell’opposizione. Il senatore dem Alessandro Alfieri, capogruppo in commissione Esteri e responsabile Riforme e Pnrr nella segreteria pd, vuole discostarsi da “qualsiasi discorso populistico”, tanto più vista la situazione. “Sono stati scongiurati veri danni, l’altra notte; si è evitato un eventuale, pericoloso buco nella difesa aerea”, dice Alfieri, “e questo grazie all’intervento compatto degli alleati”. Armi in funzione difensiva. “Come Pd abbiamo condannato l’azione iraniana e auspicato l’implementazione di misure volte a scongiurare un’escalation, ma è fuori di dubbio l’importanza dell’azione congiunta e tempestiva nella difesa di Israele, al momento dell’aggressione”. In Italia, però, in alcuni settori del centrosinistra e anche del Pd si dice: la pace torni a essere una priorità. Punto. “Esercitare un’azione di moral suasion, distinguere tra escalation e intervento mirato su Hezbollah lungo il fiume Litani, scongiurare il pericolo di altri attacchi, sono tutte priorità che vanno nella direzione di un non allargamento del conflitto”, dice Alfieri: “Questo è il momento del buonsenso, non del populismo che tutto mescola, la vendita di armi e le università, vedi gli atenei che chiudono alla collaborazione con Israele nei programmi di ricerca”. Il momento delicato, dice Alfieri, “suggerisce di adottare un atteggiamento responsabile, collaborando tra maggioranza e opposizione e dando importanza alla suddetta presenza dei paesi arabi moderati a fianco dell’alleanza atlantica. E’ un elemento che lavora per la stabilità; la strada verso il cessate il fuoco passa da qui”. In questo quadro si inserisce il dialogo opposizione-governo (e ieri sera il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il ministro della Difesa Guido Crosetto incontravano le commissioni congiunte Esteri e Difesa delle camere per un’informativa urgente).

Fontee: Il Foglio