La storia delle popolazioni arabe pre-islamiche è una storia marginale, essendo state ben poco considerate nell’ambito della storia dell’antico Oriente, la quale ha privilegiato i grandi imperi. Tale posizione marginale caratterizza anche l’Antico Testamento nel quale gli arabi sono posti in secondo piano rispetto al racconto biblico. Secondo la Genesi gli arabi discendono da Agar, schiava di Abramo, da cui il nome di Agareni. Il termine Saraceni, per la verità scorretto in quanto indicherebbe una loro discendenza da Sara, moglie di Abramo, si è imposto comunemente per via di un errore interpretativo, mentre, in effetti, la discendenza di Sara sarebbe rappresentata dagli ebrei, per cui è a questi ultimi che ci si dovrebbe riferire col termine Saraceni. Ad ogni modo, sulle popolazioni arabe si sa poco o nulla prima del VII secolo d.C.
La loro regione d’origine è la penisola arabica, un territorio particolarmente ostile, costituito per la maggior parte da un grande deserto con poche zone propizie all’insediamento umano rappresentate da oasi disperse nell’immenso mare di terra e sabbia. Fa eccezione a questo tipo di ambiente la fascia costiera meridionale della penisola, l’attuale Yemen, la quale, grazie all’influenza esercitata dai monsoni provenienti dall’Oceano Indiano, è risultata favorevole allo sviluppo di popolazioni di agricoltori stanziali.
Il resto della penisola, vale a dire le zone desertiche di cui abbiamo parlato poc’anzi, ha visto invece lo sviluppo di una società caratterizzata dal nomadismo, dalla pastorizia e dalle razzie, connotati peraltro comuni ad altre società sviluppatesi in ambienti ostili ad ogni forma di insediamento permanente e quindi a popolazioni di agricoltori stanziali, come nel caso dei popoli nomadi delle steppe asiatiche, popoli dediti all’allevamento e alle razzie, talvolta anche ad ampissimo raggio.
La figura dell’allevatore nomade dei deserti arabici viene comunemente indicata col termine beduino, dall’arabo badawi: abitante del deserto. I beduini erano organizzati in tribù, poste sotto la guida di un capo eletto con modalità simili a quelle vigenti nelle tribù meno progredite dei popoli germanici, il sayyid, e ciascuna di esse si regolava sulla base della sunna, l’insieme delle consuetudini trasmesse oralmente.
Un tema importante da sottolineare, al fine di comprendere meglio determinati aspetti che interesseranno la religione islamica, è la condizione della donna all’interno della società araba, donna che era considerata un bene acquisibile dalla famiglia dello sposo, che peraltro poteva avere più di una moglie, e posta in una posizione subordinata a quella dell’uomo. Si deduce quindi che non sarà l’Islam in sé e per sé a generare il meccanismo per il quale la donna risulterà sottomessa all’uomo, ma lo erediterà dal contesto nel quale si avrà la sua genesi, vale a dire la tipica società tribale araba. Discorso analogo va fatto per la pratica della poligamia che verrà poi disciplinata dall’Islam.
È importante qui evidenziare che, escludendo la poligamia, per quanto riguarda il ruolo della donna, le tre grandi religioni monoteiste non presentavano grandi differenze, avendo in comune il fatto di esser nate in contesti sociali che prevedevano per essa un ruolo subordinato all’uomo.
Accanto al beduino, nel deserto viveva un altro tipo umano, il mercante carovaniero, attraverso il quale l’Arabia entrava in contatto con le civiltà esterne, e varie influenze religiose e culturali penetravano al suo interno.
Seppur in minoranza dal punto di vista numerico, beduini e mercanti detenevano il predominio su contadini e artigiani in quanto, a causa dei pericoli connessi al viaggiare in un ambiente tanto ostile, erano gli unici a portare le armi. Tale predominio era esercitato anche attraverso l’imposizione dei loro modelli di vita e della loro religione, una religione definibile, in età pre-islamica, sostanzialmente come un vasto ed eterogeneo politeismo fondato sull’adorazione di un pantheon fortemente diversificato, nel quale la divinità superiore era chiamata Allah, vale a dire ‘il Dio’, e sull’adorazione di forze ed elementi naturali, vale a dire gli astri, gli alberi, le pietre, etc…
Da un punto di vista politico l’Arabia pre-islamica era completamente disgregata, divisa in territori che si autogovernavano nel rispetto reciproco della loro autonomia.
Sia in quanto punto di confluenza delle maggiori piste carovaniere, sia in quanto luogo privilegiato di pellegrinaggi essendo sede di un monolite nero considerato di origine divina (in verità di probabile origine meteoritica) e contenuto in un santuario detto Ka’ba, la città più importante della penisola arabica era La Mecca, insediamento non molto distante dal mar Rosso, nella quale il potere era in mano ai Quraysh, un clan tribale di cui faceva parte Maometto.
Maometto nasce a La Mecca, presumibilmente nel 570. Il nonno era custode di una fonte d’acqua e, vista l’importanza che un bene come l’acqua deteneva in un ambiente ostile come il deserto arabico, possiamo affermare che fosse una carica tutt’altro che secondaria, deducendo che la famiglia del futuro Profeta fosse una famiglia influente.
Della sua vita non si sa molto, si ignora perfino se sapesse leggere e scrivere. In effetti, la maggior parte delle notizie circa la sua vita ci sono pervenute grazie all’opera del suo maggior biografo, al-Tabari, vissuto tra il IX e il X secolo, quindi oltre due secoli dopo Maometto.
Svolse probabilmente l’attività di mercante fino al giorno in cui sposò Khadija, una ricca vedova considerata tra le donne sante dell’Islam, e grazie alle sue ricchezze Maometto poté abbandonare l’attività commerciale e dedicarsi alla meditazione e alla riflessione religiosa, spinto a ciò anche dai contatti avuti con le comunità cristiane ed ebraiche presenti in Arabia.
Nella notte tra il 26 e il 27 del mese di Ramadan (secondo il calendario lunare arabo) del 610 d.C., mentre vagava solo nel deserto, si dice abbia ricevuto la visione dell’arcangelo Djibril (Gabriele) che l’avrebbe esortato a diventare messaggero dell’unico dio, Allah. Tale notte, conosciuta come Notte del Destino, segna la nascita della religione islamica. In seguito Maometto avrebbe ricevuto da Djibril altri insegnamenti che avrebbero definito i dogmi e i precetti di questo nuovo monoteismo, i quali saranno tramandati oralmente fino alla raccolta per iscritto nel Corano circa 20 anni dopo la morte dello stesso, per opera di Uthman, uno dei suoi successori.
Ad ogni modo, a partire dalla Notte del Destino Maometto inizia a predicare la nuova religione nella sua città natale in qualità di Profeta di Allah, condannando i culti politeisti come pura idolatria.
Presenta l’Islam come un perfezionamento dell’Ebraismo e del Cristianesimo, coi quali condivide l’origine dal primo profeta, Abramo, uno stadio avanzato e insuperabile degli altri due grandi monoteismi, professati da coloro che vengono da lui chiamati ‘i popoli del libro’ avendo messo per iscritto la parola di Dio nell’Antico e nel Nuovo Testamento. La sua predicazione gli fa guadagnare pochi seguaci e tanta ostilità, soprattutto da parte dei capi Quraysh. Questo poiché la predicazione di Maometto minava le fondamenta dei culti politeisti, e tali culti costituivano le basi ideologiche del loro controllo sulla città. Condannare il politeismo equivaleva dunque a negare il diritto dei Quraysh di detenere il potere supremo a La Mecca.
La risposta del clan è durissima e si concretizza nel tentativo di assassinare Maometto che, avvertito in tempo del complotto, fugge dalla città il 16 luglio del 622 d.C. con i suoi seguaci. Tale episodio è conosciuto come Egira (‘fuga’ in arabo), e segna l’anno zero del calendario islamico.
Maometto e i suoi fedelissimi giungono infine all’oasi di Yatrib, che cambierà nome in Medina, dall’arabo Madinat-al-Nabi, ossia ‘la città del Profeta’. È qui che si imporrà, oltre che come capo religioso, anche come capo politico, e ciò sarà alla base della più profonda differenza tra l’Islam e il Cristianesimo, ovvero il fatto che nella religione islamica non esiste una netta separazione tra piano giuridico e piano teologico. La legge nei tribunali islamici è stata storicamente applicata per mezzo del testo sacro, per cui si parla di legge coranica. Nel Cristianesimo questa fusione tra piano teologico e piano giuridico non è avvenuta in quanto tale religione si è innestata nell’Impero Romano, nel quale sarebbe stato impensabile amalgamare religione e diritto. Per questo motivo il diritto del mondo cristiano, per quanto da un certo momento in poi risulta influenzato dal testo sacro, si è mantenuto in una certa misura indipendente da quest’ultimo.
Ritornando a Maometto, la sua permanenza a Medina durerà 7 anni durante i quali darà vita ad una sorta di stato teocratico, una comunità di fedeli musulmani intesa non in senso etnico-culturale ma come una vera e propria entità politica detta Umma, il cui capo supremo era Allah, che si esprimeva attraverso il suo Profeta. La conflittualità coi meccani passerà attraverso continui scontri armati per il controllo del territorio e delle piste carovaniere, finché nel 629 un nutrito gruppo di medinesi, recatisi a La Mecca in pellegrinaggio, prenderà il controllo della città, armi in pugno. I Quraysh saranno quindi costretti a capitolare e ad abbracciare la religione islamica, sancendo un’alleanza con Maometto, nel frattempo tornato a La Mecca, attraverso una serie di matrimoni tra medinesi e meccani ed entrando a far parte della Umma. Il loro esempio verrà presto seguito da numerose altre tribù, finché la quasi totalità della penisola arabica passerà sotto la bandiera dell’Islam e di Maometto.
Il Profeta muore nel 632 d.C. senza aver predisposto un meccanismo di successione e, quindi, lasciando il mondo islamico in una condizione di forte incertezza.
La parola araba Islàm significa ‘sottomissione totale’, una sottomissione nei confronti di Allah. Attraverso il totale abbandono di se stesso all’unico dio, il muslim (termine arabo che indica il fedele della religione islamica) ottiene la pace attraverso la sua guida, una guida totale che non lascia spazio al libero arbitrio umano, in quanto le stesse azioni umane sono ritenute creazioni di Allah, quindi indipendenti dalla volontà degli uomini, ai quali è concesso tutt’al più il possesso delle azioni stesse.
Il testo sacro dell’Islam è il Corano, scritto in arabo in forma poetica in quanto veniva inizialmente tramandato attraverso la sua recitazione (in arabo Corano si traduce appunto come ‘recitazione’) prima di essere raccolto in forma scritta dal califfo Uthman. Come rilevato nel paragrafo precedente, tale testo raccoglie gli insegnamenti di Allah rivelati, per mezzo dell’arcangelo Djibril, a Maometto il quale si crede chiuda per sempre il ciclo dei profeti iniziato con Abramo. A Maometto ci si riferisce, infatti, come ‘Sigillo dei profeti’.
Secondo i musulmani tali insegnamenti non sono da considerare rivelazioni ulteriori a quelle contenute nei testi sacri dell’Ebraismo e del Cristianesimo, ma sarebbero una riproposizione della volontà di Allah, resasi necessaria in quanto il contenuto di questi sarebbe stato distorto rispetto alla forma originale, non rappresentando più la vera volontà di Dio.
Il Corano si compone di 114 capitoli (in arabo sure), i quali possono essere distinti in sure meccane (precedenti l’Egira) e sure medinesi (seguenti l’Egira). Le sure non sono disposte in ordine cronologico, bensì in ordine di lunghezza, rendendo la comprensione del Corano particolarmente ostica ad una prima lettura.
All’interno di esso particolare importanza è data agli arkan al-Din, vale a dire ‘i pilastri della fede’. Sarebbero questi i doveri ai quali ogni fedele deve assolvere per essere considerato un buon musulmano. Tali doveri sono:
– la Shahada – ovvero la doppia professione di fede: “Non esiste divinità all’infuori di Allah, e Maometto è il suo profeta”.
– la Salat – la preghiera individuale da effettuare 5 volte al giorno, al richiamo del muezzin, isolati dal terreno (con l’ausilio di un tappetino, una stuoia, etc…) e rivolti verso La Mecca. A queste si aggiunge la preghiera collettiva del venerdì (giorno sacro dell’Islam) nella Moschea.
– la Zakat – vale a dire la ‘purificazione’ delle proprie ricchezze attraverso un’elemosina legale.
– il Sawm – ossia l’astinenza dal mangiare, dal bere, dal fumare e dalle pratiche sessuali durante il mese di Ramadan dall’alba al tramonto. Ne sono esenti i bambini, i malati e le donne durante il ciclo mestruale.
– l’Hajj – il pellegrinaggio obbligatorio a La Mecca da effettuarsi almeno una volta nella vita per chi sia in grado di affrontarlo fisicamente ed economicamente.
Nel Corano un concetto la cui interpretazione è sempre stata assai controversa e mutevole in base a tempi e luoghi, è il Jihad, ovvero la guerra santa. Tale concetto è stato variamente interpretato a volte come lotta interiore contro le tentazioni del male (male inteso come tutto ciò che va contro la volontà di Allah), a volte come autodifesa del Dar al-Islam (letteralmente ‘casa dell’Islam’, ovvero il mondo musulmano) contro pericoli di origine esterna, altre ancora come guerra di offesa contro gli ‘infedeli’ allo scopo di guadagnare nuovi territori all’unica vera fede e convertire i popoli sottomessi. Sia come sia, la storia ci ha mostrato negli anni a seguire la morte di Maometto una prorompente espansione della Umma verso il nord-Africa, il medio Oriente bizantino e i territori occidentali dell’impero sasanide, ma ci sono fondati dubbi sul fatto che alla base di questa espansione ci fosse la volontà di combattere e convertire gli ‘infedeli’, se si considera che per lungo tempo i musulmani non imposero a cristiani ed ebrei la loro religione, accontentandosi di riscuotere un tributo dai Dhimmi (termine col quale erano indicati i cristiani e gli ebrei dei territori sottomessi) senza eccessive prevaricazioni. Questo modus operandi basato su una generale tolleranza dei Dhimmi, per altro gradualmente abbandonato a partire grosso modo dal XII secolo in favore di condizioni più dure, talora arrivando alla conversione forzata, sarà uno dei principali motivi del successo e della rapidità dell’espansione dell’Islam nei primi secoli seguenti la morte di Maometto.
Questo atteggiamento inizialmente conciliante nei confronti di ebrei e cristiani è da ricollegare alla comune origine abramitica delle tre grandi religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo e Islam), le quali ad ogni modo posseggono sostanziali differenze. Tanto per fare un esempio, Gesù di Nazareth è considerato dall’ebraismo un falso messia, dal cristianesimo il figlio di Dio, dall’Islam un profeta, dunque un semplice essere umano per mezzo del quale Allah si rivela ed esprime la propria volontà. In virtù di ciò considerare Dio ‘Uno e Trino’, dogma fondamentale della religione cristiana, risulta una vera e propria eresia per il credo islamico il quale, considerando Gesù un profeta e dunque negandone la natura divina, concepisce Allah come ‘il Dio Uno e Unico’.
Altro testo fondamentale dell’Islam è la Sunna, assieme al Corano fonte della legge islamica, la Shari’ah. Come esposto nel primo paragrafo di questo articolo, con il termine Sunna, nell’Arabia pre-islamica, si intendeva l’insieme delle consuetudini e dei costumi in funzione dei quali si regolavano le tribù arabe. Con l’avvento dell’Islam tale termine è andato ad indicare la raccolta scritta, effettuata alcuni secoli dopo la morte di Maometto, dei detti e dei comportamenti dello stesso in determinate situazioni, i quali vengono utilizzati come chiavi interpretative per dirimere tutti i casi non trattati espressamente nel Corano.
Nel corso dei secoli l’Islam si è notevolmente diversificato in seguito a numerose scissioni religiose delle quali la più nota è quella degli sciiti, separatisi dalla corrente maggioritaria dei sunniti al termine del califfato di Alì negli anni ’60 del VII secolo.
FONTE: scuoladifilosofia.it