Riceviamo e pubblichiamo un contributo del prof. Antonino Gulisano sulla monetizzazione del debito e le banche centrali
Nell’assordante silenzio della stampa (non solo italiana) e degli economisti ortodossi o “allineati”, la FED (la Banca Centrale degli USA), sta monetizzando il debito. Vuol dire che tutta la spesa pubblica che stanno sostenendo in questo periodo gli Stati Uniti viene finanziata dalla Banca Centrale. Ecco perché è fondamentale che un Paese abbia la propria Banca Centrale e che questa sia alle dirette dipendenze dello Stato, cioè accompagni le decisioni di politica economica dello stesso. La BCE cosa può fare? Nulla. Solo il Quantitative Easing (QE) ma deve raccogliere i fondi dal mercato per redistribuirli ai vari Stati.
Per avere quindi denaro per sostenere la loro economia, i loro servizi e le loro attività, gli stati emettono titoli che possono essere acquistati dai cittadini e dalle imprese, banche comprese. Il Quantitative Easing ha diverse conseguenze, di solito legate al contesto economico in cui viene realizzato. Tra le più comuni c’è l’impatto sull’andamento del costo della vita e del potere di acquisto della moneta. In breve: mettendo più denaro in circolazione con operazioni come il QE si riduce il valore della moneta (si svaluta: ce n’è di più e questo incide sulla domanda) e di conseguenza i prezzi aumentano perché il denaro con cui si fanno gli acquisti vale meno. Non è sostenibile indebitarsi in una valuta che non si emette e si controlla (come l’euro). Non è neanche pensabile che il finanziamento della spesa pubblica avvenga solo a debito. Emettendo cioè Titoli di Stato, il cui rendimento finisca poi a ingrassare il sistema bancario privato, gli speculatori e i capitali esteri.
Una Banca Centrale potrebbe infatti finanziare direttamente le spese del Tesoro senza che questo emetta il corrispettivo in TdS, per esempio. O potrebbe finanziare la spesa pubblica accettando una perpetuità, cioè un TdS senza scadenza e a tasso zero. Come, volendo, una Banca Centrale potrebbe semplicemente cancellare con un tratto di penna dal proprio bilancio i TdS in suo possesso. Tutte cose che dentro la gabbia europea e dell’euro sono impossibili o improponibili perché vietati dal trattato di Maastricht, se non come mezzo per arrivare alla rottura unilaterale. Cosa fare? Rivedere i Trattati e ripensare la BCE come Banca Centrale di ultima istanza. E’ possibile? Sì, a patto che ci sia la volontà politica dell’Unione Europea, rivitalizzata da una nuova strategia. L’ipotesi più immediata per l’Italia, e di facile percorrenza per superare le difficoltà di investimenti e il debito pubblico, è quella di introdurre la moneta complementare accompagnata dai CCF (certificati di credito fiscali). Se la crisi, come si sostiene è sociale e non monetaria finanziaria, va affrontata con strumenti idonei diversi. Una delle vie più idonee è quella degli investimenti produttivi e la occupazione a tempo pieno per incentivare i consumi soprattutto interni e non di importazione.
Se questa è la via da seguire due sono le soluzioni: o indebitarsi per fare investimenti o immettere una moneta complementare non a debito con le stesse finalità degli investimenti produttivi e aumentare l’occupazione. La moneta complementare o i CCF (certificati di credito fiscale) sono moneta di stato valida all’interno dello stato emesso, senza contravvenire ai regolamenti U.E. o nel caso dei CCF ripagati attraverso il pagamento delle tasse a due anni dalla loro emissioni.