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La modifica unilaterale dei contratti bancari: profili evolutivi e ambito applicativo

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SOMMARIO: 1. Premessa. Fondamento teorico della modifica unilaterale dei contratti bancari. – 2. Profili evolutivi e ricostruttivi della disciplina dello ius variandi nei contratti bancari. – 2.1. Segue. La modifica unilaterale delle condizioni di contratto nella legge sulla trasparenza bancaria. – 2.2. Segue. L’emanazione del Testo unico bancario e la disciplina delle modifiche unilaterali dei contratti bancari. – 2.3. Segue. La sequenza di interventi normativi sulla disciplina dello ius variandi bancario. – 3. L’attività di regolazione e vigilanza della Banca d’Italia: l’incidenza interpretativa e applicativa in materia di ius variandi. – 4. Natura e profili funzionali della disciplina vigente in materia di ius variandi bancario. – 5. Delimitazione dell’ambito di applicazione dello ius variandi bancario. – 5.1. Segue. Dell’applicabilità dello ius variandi al contratto di mutuo. – 5.2. Criteri di individuazione delle condizioni contrattuali oggetto di modifica unilaterale. Integrazione del testo contrattuale originario e ammissibilità delle variazioni migliorative. – 5.3. L’esercizio dello ius variandi nei contratti a tempo determinato: il comma 2-bis dell’art. 118 t.u.b. 1. Premessa. Fondamento teorico della modifica unilaterale dei contratti bancari. La facoltà attribuita a una delle parti contrattuali di apportare unilateralmente variazioni al regime negoziale originariamente concordato si pone in dissonanza con il dogma secondo cui il contratto «ha forza di legge tra le parti» e non può essere modificato o sciolto se non su base consensuale (ai sensi dell’art. 1372, comma 1, c.c.) 1 . La circostanza che nel codice civile non vi sia un esplicito riferimento all’istituto della modifica unilaterale, se non in relazione a singoli tipi contrattuali 2 , viene imputata, infatti, a una sostanziale resistenza del 1 In argomento, v., tra gli altri, G. RIPERT, La règle morale dans les obligations civiles, Parigi, 1949, passim; G. DE NOVA, Il contratto ha forza di legge, Milano, 1953, passim; V. ROPPO, in Confini attuali dell’autonomia privata, A. BELVEDERE e C. GRANELLI (a cura di), Padova, 2001, 142; F. SARTORI, Sub art. 118, in Comm. t.u.b. Capriglione, 2018, 1894 ss. 2 Quali, ad esempio, l’art. 1661 c.c. in tema di appalto, l’art. 1685 c.c. in tema di trasporto, l’art. 2013 c.c. in materia di lavoro subordinato. In riferimento allo ius variandi nel codice civile, si rinvia ai contributi dottrinali riportati nel Capitolo Primo, RIVISTA DI DIRITTO BANCARIO ANNO 2023 – FASCICOLO III – SEZIONE I legislatore a riconoscere valenza sistemica a uno strumento che si ritiene, appunto, in distonia con il principio generale della vincolatività del contratto. Ne consegue che ogni modifica delle condizioni negoziali in essere – specie se in peius per la parte che la subisce – dovrebbe derivare, in linea teorica, da una rinegoziazione ed essere esercitata nel rispetto di determinati limiti e condizioni, in chiave di tutela delle posizioni soggettive dei paciscenti e, in particolare, di quello qualificabile come “debole”. In ambito bancario, invece, la declinazione teorica della modifica unilaterale, quale strumento di revisione dell’assetto contrattuale, si connota per una risalente attribuzione alle banche (anche in chiave di autoregolamentazione settoriale) del privilegio di intervenire sui contenuti di un rapporto in corso di esecuzione, per il tramite di una clausola specifica inserita nelle condizioni generali e in applicazione di un’espansione (per alcuni versi forzata) del principio di autonomia delle parti3. Sul piano ermeneutico, la ratio dell’attribuzione di un simile potere di fonte legale 4 trova la sua ragion d’essere in diversi fattori giustificativi. Un primo elemento, come evidenziato da una parte della dottrina, è l’esigenza di preservare l’equilibrio delle prestazioni reciproche, che per la banca si sostanzia nel tenere fermi i margini di utili a fronte di variazioni di carattere oggettivo o soggettivo che modifichino parzialmente i termini del rapporto5 . In tali ipotesi, l’esigenza della banca di adeguare il regolamento negoziale ai mutamenti intervenuti nel contesto di riferimento si deve realizzare secondo modalità dirette a evitare effetti pregiudizievoli per il mercato e a favorire la competitività delle relazioni d’affari. e si v. altresì, F. DI MARZIO, Ius variandi e nuovo diritto dei contratti, in Diritto e giurisprudenza agraria alimentare e dell’ambiente, 2016, I, https://www.rivistadga.it/ius-variandi-e-nuovo-diritto-dei-contratti/. 3 Sul tema v., tra gli altri, P. SCHLESINGER, Poteri unilaterali di modificazione (ius variandi) del rapporto contrattuale in Giur. comm., 1992, I, 18 ss.; P. GAGGERO, La modificazione unilaterale dei contratti bancari, Padova, 1999, passim; M. GAMBINI, Fondamento e limiti dello ius variandi, Napoli, 2000, passim; G. IORIO, Le clausole attributive dello jus variandi, Milano, 2008, passim; A.A. DOLMETTA, A. SCIARRONE ALIBRANDI, Ius variandi bancario. Sviluppi normativi e di diritto applicato, Milano, 2012, passim. In giurisprudenza, tra i pochi interventi antecedenti alle riforme intervenute, v. Trib. Milano, 18 aprile 1985, secondo cui è ammessa la possibilità che una banca possa variare le condizioni contrattuali, ritenendole tacitamente approvate se il cliente, a seguito di comunicazione mediante affissione nei locali, avesse proseguito il rapporto. 4 Qualificano lo ius variandi in questo senso, tra gli altri, S. PAGLIANTINI, La nuova disciplina del cd. ius variandi nei contratti bancari: prime note critiche, in Contratti, II, 191; F. SARTORI, op.cit., 1895. L’inquadramento dello ius variandi bancario come eventuale fattore di condizionamento delle dinamiche competitive, per vero, si connette all’esperienza applicativa e normativa dell’istituto il quale, riferendosi tipicamente a rapporti di massa, è idoneo a produrre un potenziale impatto sul mercato. La variazione dei contenuti contrattuali, soprattutto se affidata a interventi unilaterali, rappresenta infatti uno dei profili principali di contiguità tra diritto della concorrenza e regolazione dei contratti, dal momento che l’accordo è, per definizione, uno degli strumenti utilizzati per adattare a interessi privatistici l’assetto delle relazioni di mercato. Ne consegue che un uso “non corretto” dello ius variandi può determinare incertezze in termini di paventata stabilità del rapporto negoziale (nei suoi aspetti economici), disincentivando la clientela delle banche a ricercare alternative sul mercato 6. Altro elemento di supporto teorico alla disciplina dello ius variandi bancario – sebbene in evidente connessione con quanto appena affermato – è costituito dall’obiettivo del decremento dei costi transattivi nella gestione dei rapporti con la clientela, evitando di ricorrere alla rinegoziazione dei singoli contratti, ogniqualvolta si ponga l’esigenza di adeguarne le condizioni 7 , sia per ragioni di allineamento dell’offerta a quelle dei concorrenti sia per cause esogene al contesto aziendale (ad esempio, l’aumento dei tassi di riferimento). 5 L. NIVARRA, Jus variandi del finanziatore e strumenti civilistici di controllo, in Riv. dir. civ., 2000, II, 463 ss., che ritiene l’istituto un rimedio manutentivo del vincolo obbligatorio. 6 In argomento, v. le considerazioni di A.A. DOLMETTA, Linee evolutive di un ius variandi, in A.A. DOLMETTA, A. SCIARRONE ALIBRANDI, op.cit., 17 s.; e di A. PISU, L’adeguamento dei contratti tra ius variandi e rinegoziazione, Napoli, 2017, 252 s., secondo cui l’adozione frequente e generalizzata di variazioni unilaterali dei contenuti economici di contratti utilizzati in settori strategici del mercato, specie se non sorretta da presupposti idonei a giustificare la modifica, riduce la credibilità delle offerte commerciali, pregiudicando a monte il grado di concorrenzialità del sistema. 7 Cfr. G. LA ROCCA, Il potere della banca di modificare unilateralmente i contratti: esigenze sostanziali e principi civilistici, in Banca imp. Soc., 1997, 62. Alcuni autori fanno rientrare in questo schema teorico di legittimazione dell’istituto anche la necessità di garantire la stabilità 8 e l’efficienza del sistema finanziario, in ragione della fondamentale funzione svolta dalle banche nel sistema economico 9 . Tuttavia, sarebbe più opportuno ragionare in questi termini con esclusivo riferimento all’attività bancaria in senso stretto poiché, se le imprese bancarie riversassero gli incrementi dei costi unicamente sulla nuova clientela, ne potrebbe risultare pregiudicato l’accesso al credito, con conseguente incidenza negativa sul sistema economico in generale. Al contempo, appare consolidata l’idea che le banche non possano farsi carico integralmente della sopravvenuta maggiore onerosità dell’operazione, in quanto ne risulterebbe minata, appunto, la stabilità e di conseguenza messo a rischio il pubblico risparmio. Ora, dal momento che solo la banca, al verificarsi di determinate condizioni, è legittimata a proporre la modifica unilaterale, lo ius variandi si pone come rimedio manutentivo del vincolo obbligatorio, volto ad adeguare l’originario assetto degli interessi a eventuali sopravvenienze 10 . Se ne esclude l’applicazione, invece, qualora la modifica del rapporto operi in modo automatico, quale conseguenza di una circostanza sì sopraggiunta, ma già dedotta in contratto. In quest’ottica, il potere di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali di un rapporto in essere consentirebbe alla banca di ripartire tra la clientela, in maniera uniforme e accettabile (nell’ottica dell’intermediario, ovviamente), i rischi intrinseci del mercato, favorendo così, da un lato, la stabilità complessiva del sistema e la tutela del risparmio e, dall’altro, la concessione di credito ai potenziali clienti a prezzi e tassi omogenei rispetto a quelli già praticati11 . 8 In questo senso, U. MAJELLO, Commento all’art. 117, in op.cit., F. BELLI e al. (a cura di), 1947; V. SANGIOVANNI, Le modifiche unilaterali dei contratti bancari fra recenti riforme e decisioni dell’Arbitro bancario finanziario, in Obbligazioni e contratti, 2012, III, 211. 9 Si v. G. LA ROCCA, op.cit., 62 ss.; U. MAJELLO, Sub art. 118, in op.cit., F. BELLI e al. (a cura di), 1946; A. SCARPELLO, La modifica unilaterale del contratto, Padova, 2010, 262 ss.; M. ATELLI, M. MAZZEO, L’osservatorio legislativo. Prime note sulla riforma dell’art. 118 del testo unico bancario, in Obbligazioni e contratti, 2006, 850 ss. 10 L. NIVARRA, Jus variandi del finanziatore e strumenti civilistici di controllo, cit., 473. L’esigenza di preservare efficienza e stabilità dell’agire bancario si pone altresì con riguardo alla concessione di credito, laddove il cliente realizzi investimenti rischiosi rispetto a quelli originariamente dichiarati. Sebbene, in simili casi, si possano attivare rimedi riguardanti la gestione di rapporti negoziali diversi dai contratti bancari in senso stretto, anche in tali situazioni la possibilità di modificare le condizioni contrattuali consente alla banca di rimodulare il rapporto al mutato livello di rischio, impedendo ripercussioni negative sull’efficienza aziendale (e, secondo molti, su quella sistemica complessiva) 12 . Gli interessi della banca posti a fondamento della norma sullo ius variandi devono però ricomporsi con quelli della parte che subisce gli effetti della modifica. In altri termini, il riconoscimento del potere di variazione ex uno latere delle condizioni contrattuali deve armonizzarsi con l’esigenza di assicurare un adeguato livello di tutela del cliente, riequilibrando posizioni contrattuali “tipicamente” asimmetriche nei rapporti di questa tipologia 13 . Al fine di evitare abusi in danno della clientela, pertanto, è necessario circoscrivere rigorosamente la portata di tale attribuzione, rendendo sempre sindacabili le scelte compiute dalla banca e sottraendo l’esercizio dello ius variandi a decisioni meramente discrezionali14. 2. Profili evolutivi e ricostruttivi della disciplina dello ius variandi nei contratti bancari. Come si accennava, la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali è fenomeno radicato nella prassi delle banche italiane e sulla cui regolazione il legislatore è intervenuto a più riprese 15 , sebbene in modo talora disorganico ovvero con logiche troppo orientate su esigenze filo-settoriali. Il quadro normativo che ne è sortito risulta connotato da ampi margini di complessità e da problemi applicativi e di armonizzazione tra ambiti disciplinari differenti che sono stati solo parzialmente risolti da reiterati interventi successivi 16 . 11 Cfr. U. MAJELLO, Sub art. 118, cit., 1947; C. IURILLI, Ius variandi e testo unico bancario. La nuova formulazione dell’art. 118, e l’art. 10 del c.d. “Decreto Bersani”. Una proposta interpretativa (Seconda parte), in Studium iuris, 2007, 298 ss. 12 Cfr. G. LA ROCCA, op.cit., 63. 13 Così F. MARTORANO, Condizioni generali di contratto, in Banca, borsa, tit. cred., 1994, II, 133. 14 Così, U. MAJELLO, Sub art. 118, cit., 1947. A tal fine, si è rivelato determinante anche il contributo fornito dagli orientamenti dell’Arbitro Bancario Finanziario. 15 In seguito ad alcuni tentativi definitori della fattispecie, prima in ambito di settore con le Norme Bancarie Uniformi, di cui si dirà nel testo (cfr. art. 16, relativo Ebbene, fino alla metà degli anni ‘80 dello scorso secolo, i rapporti tra banca e cliente erano caratterizzati da un accentuato squilibrio negoziale a vantaggio dell’intermediario, nonché da un insufficiente apparato di strumenti rimediali e di tutela delle situazioni contrattali più fragili. Era una fase – per vero caratterizzata dalla sostanziale assenza di un regime concorrenziale tra le banche – in cui i modelli contrattuali standard, elaborati dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI) nelle Norme Bancarie Uniformi (N.b.u.) 17 , già contenevano clausole attributive di uno ius variandi 18 , attraverso cui si riservava alle banche la facoltà di modificare, in qualsiasi momento e ad libitum, le condizioni contrattuali originariamente predisposte. Un potere che trovava supporto teorico nell’esigenza di garantire l’iniziale equilibrio soggettivo di interessi attraverso l’adeguamento del regolamento negoziale agli eventuali mutamenti delle condizioni di mercato, anche in considerazione dell’insufficienza, a questi fini, dei rimedi forniti dal diritto privato (i.e. artt. 1467 e 1468 c.c.). ai conti correnti di corrispondenza e ai servizi connessi, e poi in via legislativa, con la l. n. 154/1992), è solo con l’emanazione del t.u.b. che viene riconosciuta la piena liceità del potere di modifica unilaterale. In argomento, v. A. SCIARRONE ALIBRANDI, Interventi normativi sul contenuto regolamentare dei contratti bancari: il diritto di recesso e lo ius variandi, in AA.VV., Nuove regole per le relazioni tra banche e clienti. Oltre la trasparenza? Atti del convegno tenutosi in San Miniato il 22 e 23 ottobre 2010, Torino, 2011, 73 ss.; A. SCIARRONE ALIBRANDI, G. MUCCIARONE, La pluralità delle normative di ius variandi nel t.u.b.: sistema e fratture, in op.cit., A.A. DOLMETTA, A. SCIARRONE ALIBRANDI (a cura di), 60; M. FARNETI, Ius variandi, recesso, spese di chiusura conto e condizioni economiche nei contratti bancari del consumatore: dalla giurisprudenza alle nuove regole del t.u.b. (Trib. Bolzano, 11 aprile 2005), in Riv. dir. priv., 2006, 856; P. SIRENA, Ius variandi, commissione di massimo scoperto e recesso dal contratto, in Contratti, 2009, 1169; F. DI MARZIO, Clausole abusive nei contratti bancari. Recesso, ius variandi e limitazioni di responsabilità, in Il diritto dei consumi, P. PERLINGIERI, E. CATERINI (a cura di), Napoli, 2004, I, 307 ss. 16 Come evidenziato da A. SCIARRONE ALIBRANDI, G. MUCCIARONE, op.cit., 62. 17 Le N.b.u., sono state elaborate dall’ABI a partire dagli anni ’50 dello scorso secolo. Sul punto, v. D. SARTI, Osservazioni su norme bancarie uniformi, diritto antitrust e clausole di modifica unilaterale del rapporto, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, I, 103 ss.; L. NIVARRA, Jus variandi del finanziatore e strumenti civilistici di controllo, cit., 474 ss.; A. MIRONE, Standardizzazione dei contratti bancari e tutela della concorrenza, Torino, 2003, 321 ss.; M. LAMANDINI, Fideiussione omnibus e ius variandi al vaglio dell’antitrust comunitario, in Banca, borsa, tit. cred., 2000, II, 248 ss. 18 Cfr. L. NIVARRA, Jus variandi e contratti aventi ad oggetto servizi finanziari, in AA.VV., Diritto Privato, II, Condizioni generali e clausole vessatorie, Padova, 1997, 319 ss.; F. BELLI, F. MAZZINI, Condizioni generali e clausole vessatorie nel settore Alla banca era concesso, pertanto, un potere tale da incidere su ogni profilo del rapporto con il cliente in quanto – mancando nell’elencazione di cui all’art. 1341, comma 2, c.c., la previsione espressa di clausole legittimanti la facoltà di modifica (stante il carattere tassativo della norma) – le previsioni inserite nei contratti bancari risultavano valide seppure prive della specifica approvazione per iscritto. Sebbene la dottrina avesse espresso perplessità circa l’ammissibilità di simili clausole, specie con riferimento alla variazione generalizzata delle condizioni contrattuali 19 , in quel periodo storico la giurisprudenza prevalente era orientata nel senso di riconoscere piena legittimità a siffatte previsioni negoziali 20 , indirizzando in tal modo la prassi verso una direzione ben precisa (i.e. favorevole alle banche). Nella seconda metà degli anni ’80, si è posta in maniera più netta l’esigenza di un intervento regolamentare in chiave di trasparenza delle operazioni bancarie e, in specie, mirante al riequilibrio delle posizioni contrattuali delle parti. dei contratti bancari, in Diritto Privato, II, Condizioni generali e clausole vessatorie, Padova, 1997, 145 ss. 19 A. MAISANO, Trasparenza e riequilibrio delle operazioni bancarie. La difficile transizione dal diritto della banca al diritto bancario, Milano, 1993, 180 ss. Nel senso di cauta apertura rispetto alla modifica delle condizioni economiche, N. SALANITRO, Le banche e i contratti bancari, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da F. VASSALLI, Torino, 1983, 55 ss.; M. PORZIO, Le fonti normative dei contratti bancari, in Tratt. Rescigno, 12, Torino, 1985, 845, che propone un’interpretazione volta a far salva la validità della clausola, riconducendo l’efficacia della modifica unilaterale al meccanismo proposta-silenzio-accettazione, per cui la comunicazione effettuata dalla banca al cliente va letta come una proposta di modifica rispetto alla quale il silenzio acquista valore di adesione. 20 Così, Trib. Milano, 18 aprile 1985, in Banca, borsa, tit. cred., II, 1987; si v., amplius, F. BRIOLINI, Osservazioni in tema di modifiche unilaterali nella disciplina dei contratti bancari, in Riv. dir. priv., 1998, 283, n. 1, ivi ulteriori riferimenti giurisprudenziali e dottrinali. Probabilmente, proprio con l’intento di sopire gli afflati di riforma ed evitare l’adozione di norme più stringenti per il comparto bancario, l’ABI ha diffuso l’«Accordo interbancario per la pubblicità e la trasparenza delle condizioni praticate alla clientela», il quale andava a integrare anche la previsione in materia di ius variandi, contenuta nelle N.b.u., disponendo che, con riguardo alle variazioni dei tassi attivi e passivi, il cliente avesse a disposizione 15 giorni dalla comunicazione dell’avvenuta modifica per esprimere la volontà di accettazione o di rifiuto. In questo caso, l’eventuale recesso dal contratto doveva avvenire con l’applicazione, in punto di liquidazione del rapporto, delle condizioni precedenti la variazione 21 . A dispetto di questo primo impulso autoregolatorio, la pressione dell’ordinamento comunitario prelude all’emanazione della l. n. 154/1992 22 , in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, normativa che introduce, accanto agli oneri di pubblicizzazione delle condizioni contrattuali e alle disposizioni sulla forma e sul contenuto minimo obbligatorio dei contratti conclusi con la clientela, una serie di limitazioni alla facoltà di modifica unilaterale 23 , successivamente confermate (almeno in parte) e confluite nel t.u.b. 2.1. Segue. La modifica unilaterale delle condizioni di contratto nella legge sulla trasparenza bancaria. La citata l. n. 154/1992 rappresenta il primo riconoscimento, in forma legislativa 24 , dello ius variandi settoriale poiché conferiva alla banca la facoltà di modificare ad nutum i tassi e le altre condizioni previste nei contratti a tempo indeterminato o determinato 25 e stabiliva (art. 4, comma 2) che l’eventuale possibilità di variare in senso sfavorevole il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione dovesse essere espressamente dedotta nel contratto con una clausola specificamente approvata dal cliente. 21 Su cui v. C. SILVETTI, I contratti bancari parte generale, in V. CALANDRA BUONAURA, M. PERASSI, C. SILVETTI, La banca: l’impresa e i contratti, in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. COTTINO, VI, Padova, 2001, 333; G.F. CAMPOBASSO, Servizi bancari e finanziari e tutela del contraente debole: l’esperienza italiana, in Banca, borsa, tit. cred, I, 1999, 574; M. PORZIO, L’accordo interbancario sulla trasparenza, in Tratt. Rescigno, Appendice di aggiornamento, 22, Torino, 1991, 296; A. MAISANO, op.cit., 123. 22 Legge 17 febbraio 1992, n. 154, recante “Norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari”, in G.U. Serie Generale n. 45 del 24 febbraio 1992. 23 Cfr. A. STESURI, I contratti di credito al consumo tra jus variandi e trasparenza, in Contratti, 2003, 302. 24 Così, M. PIETRUNTI, «Ius variandi» e «trasparenza» nella prassi bancaria dopo il riconoscimento legislativo, in Contr. impr., 1996, 196. L’efficacia e la legittimità della variazione, dunque, erano subordinate alla previa informazione al cliente, il quale poteva essere avvisato mediante comunicazione scritta inviata al suo domicilio notificato ovvero, nel caso in cui la banca avesse proceduto a una variazione generalizzata della struttura dei tassi, mediante una comunicazione impersonale attraverso avvisi pubblicati nella G.U. della Repubblica 26 . A tutela del cliente, era prevista la facoltà, entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione o dalla pubblicazione degli avvisi, di recedere dal contratto senza penalità e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l’applicazione delle condizioni inizialmente pattuite27. Da quanto precede, è evidente come tale disciplina non si discostasse in modo significativo dalle previsioni dell’Accordo interbancario dell’ABI del 1988, da cui le critiche dalla dottrina 28 , che l’ha ritenuta di matrice eccessivamente filo-bancaria e conservatrice 29 . Discostandosi sensibilmente dall’altrettanto nota “Proposta Minervini” 30 , la norma sullo ius variandi prevedeva che le potenziali modifiche unilaterali al regolamento contrattuale fossero lasciate alla “piena” discrezionalità della banca, privando così il cliente della facoltà di sindacare le motivazioni addotte a fondamento della variazione 31 . 25 Cfr. A. MAISANO, op.cit., 200; M. PIETRUNTI, op.cit., 197. 26 Così l’art. 6, commi 1 e 2, della l. n. 154/1992. Particolari modalità di comunicazione, inoltre, potevano essere previste dalla Banca d’Italia, ex art. 6, comma 3, della medesima legge, su delibera del Cicr, per le variazioni riguardanti determinate categorie di operazioni e servizi ove ciò fosse giustificato da motivate ragioni tecniche. 27 V. art. 6, comma 5, l. n. 154/1992; in argomento, M. VIALE, La nuova legge sulla trasparenza bancaria: prime perplessità e dubbi interpretativi, in Giur. comm., I, 1992, p. 787. 28 Cfr. M. PIETRUNTI, op.cit., 198 ss.; M. BUSSOLETTI, La normativa sulla trasparenza: lo ius variandi, in, La nuova disciplina dell’impresa bancaria, II. L’attività delle banche, U. MORERA, M. NUZZO (a cura di) Milano, 1996, 217 s.; F. BRIOLINI, op.cit. 302. 29 Così A.A. DOLMETTA, Per l’equilibrio e la trasparenza nelle operazioni bancarie: chiose critiche alla legge n. 154/1992, in Banca, borsa, tit. cred., 1992, I, 380, n. 14; A. MAISANO, op.cit., 1. 30 È la proposta di legge 24 marzo 1986, n. 3617, presentata dall’on. Prof. Gustavo Minervini, sulla quale v., tra gli altri, A. SPENA, Sub artt. 4-6, in Norme per la Non solo le modalità di comunicazione delle modifiche generalizzate dei tassi non apparivano idonee a garantirne un’adeguata conoscibilità, ma lo stesso diritto di recesso veniva declassato a strumento rimediale e di tutela solo formale, non riuscendo il cliente a sottrarsi agevolmente agli effetti di una modifica che, per il suo carattere unilaterale e non vincolato alla sussistenza di ragioni giustificatrici, appariva di per sé arbitraria32. In sostanza, alla banca era attribuita una facoltà di modifica unilaterale dai contorni indefiniti, essendo revocata in dubbio la sua applicabilità ai soli «contratti di durata» 33 e risultando alquanto indefinito il significato da attribuire al termine «condizione» (su cui v. artt. 4 e 6 della l. n. 154/1992) che, se inteso come sinonimo di «clausola contrattuale», avrebbe riconosciuto un diffuso potere di intervento 34 , identico a quello già contenuto nella disciplina di autoregolamentazione delle N.b.u.35. trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, M. PORZIO (a cura di) in Le nuove leggi civili commentate, 1993, 1162 s. 31 Sul punto, v. A. MAISANO, op.cit., 200, il quale riserva un giudizio particolarmente critico alla disciplina, considerandola volta unicamente a consacrare lo «strapotere contrattuale delle banche (piuttosto che a regolarlo adeguatamente). 32 Cfr. A.A. DOLMETTA, Per l’equilibrio e la trasparenza nelle operazioni bancarie: chiose critiche alla legge n. 154/1992, cit. 382; A. STESURI, op.cit., 303. 33 M. BUSSOLETTI, La normativa sulla trasparenza: lo jus variandi, cit., 222; F. BRIOLINI, op.cit., 286. 34 Cfr. A. NIGRO, La nuova normativa sulla trasparenza bancaria, in Dir. banc. fin., 1993, I, 58 ss., dove l’A. nota come la conclusione che il legislatore avesse riconosciuto alle banche il medesimo potere, attribuito prima della riforma del 1992, apparisse quanto meno singolare in considerazione del fatto che la legge sulla trasparenza era volta a limitare quello che è stato spesso definito «lo “strapotere contrattuale” delle banche e non certo a rafforzarlo». 35 Il riconoscimento del potere di modifica unilaterale era già considerato come un’ipotesi eccezionale il che ha indotto verso una lettura restrittiva del termine, considerandolo come “condizione economica”. In merito alle varie posizioni dottrinali sull’argomento, si rinvia a F. BRIOLINI, op.cit., 285; si v. anche A. NIGRO, La legge sulla trasparenza delle operazioni, cit., 430; ID., La nuova normativa sulla trasparenza bancaria, cit., 581; A. MAISANO, Trasparenza e riequilibrio, cit., 177 ss. 2.2. Segue. L’emanazione del Testo unico bancario e la disciplina delle modifiche unilaterali dei contratti bancari. Nel 1993, le disposizioni della l. n. 154/1992, ivi compresa la regolamentazione dello ius variandi, confluiscono nel t.u.b.36 il quale, nella sua versione originaria, disciplinava la materia de qua con due distinte disposizioni: gli artt. 117 e 118 37 . Nella fattispecie, l’art. 117, comma 5, t.u.b. (poi abrogato dal d.lgs. n. 141/2010) riproduceva la formulazione dell’art. 4, comma 2, della l. n. 154/1992, richiedendo unicamente che la possibilità di variare in senso sfavorevole al cliente il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione fosse espressamente prevista dal contratto mediante una clausola specificatamente approvata per iscritto 38 . L’art. 118, comma 3, t.u.b., invece, riconosceva al cliente, come unico strumento di reazione all’esercizio dello ius variandi, la facoltà di recedere entro 15 giorni dalla comunicazione dell’avvenuta modifica, trovando applicazione in sede di liquidazione le condizioni originariamente pattuite 39 . Nonostante il quadro normativo risultasse pressoché immutato rispetto all’assetto previgente, una innovazione di rilievo era rappresentata dalla limitazione del potere di modifica ex uno latere alle sole “condizioni economiche” 40 . Per un verso, infatti, l’art. 118, comma 1, t.u.b. faceva espresso riferimento a queste ultime, cui poi veniva riferito, dall’altro, il disposto dell’art. 117 t.u.b., nel quale il termine «condizioni» veniva adoperato senza specificazioni di sorta. Motivo per cui, al fine di attribuire alla locuzione un significato omogeneo in tutte le norme sulla trasparenza, nonché di garantire maggiore tutela alla controparte negoziale debole, si è optato per considerare l’espressione utilizzata dagli artt. 117, comma 5, e 118 t.u.b. nel senso di condizioni “economiche”41. 36 Precisamente, nel Capo I (Operazioni e servizi bancari e finanziari) del Titolo VI (Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti). 37 Sulla prima formulazione dell’art. 118, v., fra gli altri, A. MIRONE, Commento Sub art. 118, in Commento al Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, C. COSTA (a cura di), cit., 2013, t. II, 1344; L. NIVARRA, Jus variandi del finanziatore e strumenti civilistici di controllo, cit., 436 ss.; G. LA ROCCA, op.cit., 55 ss.; D. RUFINI, Banche (trasparenza delle condizioni contrattuali), in Digesto comm., agg., Torino, 2007, 97; e per un’analisi delle N.b.u in materia, A. MIRONE, Standardizzazione dei contratti bancari e tutela della concorrenza, , cit., 321 ss. 38 Cfr. P. GAGGERO, op.cit., 65 ss.; A.A. DOLMETTA, Linee evolutive di un ius variandi, cit. 1 ss. 39 Tale previsione veniva letta come funzionale al preavviso della modifica unilaterale, in quanto sebbene le variazioni producessero effetti dal momento della comunicazione, il cliente ne era investito solo allo scadere dei quindici giorni e nel caso in cui, in tale periodo, non avesse optato per il recesso. In questo senso, P. GAGGERO, op.cit.,73 ss. 40 Cfr. F. BRIOLINI, op.cit. 287; A.A. DOLMETTA, Dal testo unico in materia bancaria e creditizia alla normativa sulle clausole abusive (direttiva CEE n. 93/13), in La nuova disciplina dell’impresa bancaria, II, U. MORERA, M. NUZZO (a cura di), Soluzione ermeneutica condivisa da gran parte della dottrina42 poiché aveva l’effetto di circoscrivere la portata dell’intervento modificativo da parte della banca, escludendo la possibilità di agire discrezionalmente su qualsivoglia contenuto. In seguito, tuttavia, tale limitazione è stata di fatto eliminata 43 , in quanto prima il Cicr e poi la Banca d’Italia hanno esteso il potere di modifica unilaterale alle condizioni contrattuali normative o regolamentari 44 . Milano, 1996, 142; V. FARINA, Brevi riflessioni sulla nuova disciplina della trasparenza bancaria, in Contr. impr., 2004, 860. 41 Cfr. A. NIGRO, La nuova normativa sulla trasparenza bancaria, cit. 582. 42 V. per tutti A. NIGRO, Disciplina di trasparenza delle operazioni bancarie e contenuto delle condizioni contrattuali: note esegetiche, in Dir. banc. fin., 1998, 513 ss., part., 525; M. BUSSOLETTI, La normativa sulla trasparenza: lo jus variandi cit., 221; P. GAGGERO, op.cit., 252 ss.; G. LA ROCCA, op.cit., 84; E. CAPOBIANCO, Contrattazione bancaria e tutela dei consumatori, Napoli, 2000, 157. Ridimensiona la questione, U. MAJELLO, Problematiche in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali, in La nuova legge bancaria, M. RISPOLI FARINA (a cura di), Napoli, 1995, 315, ove l’A. considerando non comprensibile la distinzione tra condizioni economiche e non economiche, sottolinea come tutte le condizioni di un’operazione bancaria incidano sul contenuto economico del contratto (cors. nostro). Nello stesso senso, P. SIRENA, Il “ius variandi” della banca dopo il c.d. decreto-legge sulla competitività (n. 223 del 2006), in Banca, borsa, tit. cred., 2007, I, 270, il quale nota come tutte le condizioni contrattuali concorrano «a determinare la vantaggiosità dell’affare per ciascuna delle parti contraenti». 43 Realizzando, in sostanza, una forzatura della delega contenuta nell’art. 118 t.u.b., poiché secondo la sua formulazione originaria «Se nei contratti di durata è convenuta la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni, le variazioni sfavorevoli sono comunicate al cliente nei modi e nei termini stabiliti dal Cicr». 44 V. la delibera Cicr 4 marzo 2003, n. 286, in G.U., Serie Generale, 27 marzo 2003, n. 72, nonché le Istruzioni di vigilanza per le banche – Circolare n. 229 del 21 aprile 1999 – 9° Aggiornamento del 25 luglio 2003, 18. In dottrina, v., sul punto, V. FARINA, Brevi riflessioni della trasparenza bancaria, cit., 862. Il t.u.b. innovava, inoltre, il previgente quadro normativo anche sul piano delle modalità di comunicazione delle variazioni, con l’elisione della previsione della l. n. 154/1992 (art. 6, comma 2) che consentiva alla banca, in caso di variazioni generalizzate dei tassi, di informare la clientela mediante comunicazione impersonale, subordinando l’efficacia della modifica a un’apposita informativa indirizzata al cliente nei modi e nei termini stabiliti dal Cicr. Il mancato rispetto di tali modalità avrebbe determinato l’inefficacia delle variazioni eventualmente poste in essere, continuando a trovare applicazione le condizioni precedentemente pattuite (così l’art. 118, comma 2, t.u.b.) 45 . Anche in questa ipotesi, nonostante l’intervento legislativo sembrasse risolvere il problema della inidoneità della comunicazione impersonale a garantire la conoscibilità delle variazioni da parte della clientela, il rinvio alla disciplina secondaria ha consentito di riproporre, nella prassi, l’utilizzo di forme non individuali di comunicazione 46 . Talché, gli interventi del Cicr e della Banca d’Italia hanno confermato, nella sostanza, lo status quo ante prevedendo che le variazioni sfavorevoli e generalizzate potessero essere legittimate da una comunicazione mediante pubblicazione in G.U., anche ai fini dell’esercizio del diritto di recesso di cui all’art. 118, comma 3, t.u.b. 47 . D’altra parte, anche nelle Istruzioni della Banca d’Italia 48 , al fine di garantire la conoscibilità delle modifiche, ne veniva prescritta la diffusione mediante l’esposizione di appositi avvisi nei locali della banca. Tuttavia, essendo previsto (ex art. 11, comma 3, delibera Cicr) che le variazioni dovessero essere notificate individualmente al cliente alla prima occasione utile – ovvero nell’ambito delle comunicazioni periodiche o di quelle riguardanti operazioni specifiche – veniva precisato che l’efficacia della variazione decorresse dalla comunicazione collettiva pubblicata in G.U. 49 . 45 M. PIETRUNTI, op. cit. 200. 46 Cfr. la Relazione illustrativa del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, reperibile in Il testo unico del credito annotato con la relazione governativa, introduzione di R. COSTI, Milano, 1994, 139. 47 Così, A. GORGONI, Sub art. 33, comma 2 lett. m), in Codice del consumo. Commentario, G. VETTORI (a cura di), Padova, 2007, 300, il quale sottolinea come l’ammissione della comunicazione impersonale impedisca l’esercizio del diritto di recesso e limiti fortemente la concorrenza tra banche con conseguente aggravio di costi per i clienti. 48 Cfr. Istruzioni di vigilanza per le banche, cit., tit. X, cap. 1, sez. IV, par. 2. 2.3. Segue. La sequenza di interventi normativi sulla disciplina dello ius variandi bancario. Come si accennava, il testo vigente dell’art. 118 t.u.b. è la risultante di un susseguirsi di modifiche, dapprima limitate a incrementare i margini di tutela dei clienti, in quanto consumatori 50 (così, l’art. 33, commi 3 e 4, cod. cons.), e successivamente dirette ad altre tipologie di clientela, dapprima con il d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (Decreto competitività, convertito con modificazioni nella l. 4 agosto 2006, n. 248), poi con i d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141 e 14 dicembre 2010, n. 218, con cui sono stati parzialmente risolti alcuni profili di criticità della normativa previgente, nella direzione di un riequilibro delle posizioni negoziali51. La prima e, forse, più significativa modifica è stata realizzata, a seguito di una segnalazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) 52 , con il d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modifiche dalla l. 4 agosto 2006, n. 248 53 . Il testo novellato dell’art. 118 t.u.b. prevedeva anzitutto la facoltà di «modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni di contratto» nei rapporti di durata 54 , risolvendo così il dubbio che la preesistente locuzione «altre condizioni» si riferisse soltanto alle componenti di tipo economico, piuttosto che a tutte le altre clausole contrattuali incluse le condizioni generali 55 . Veniva confermata la necessità di prevedere la facoltà di variazione con clausola approvata in forma specifica dal cliente. 49 In senso critico, rispetto alle scelte operate dal Cicr, v. U. MAJELLO, Sub art. 118, cit. 1950, il quale riteneva illegittima la previsione di modalità di comunicazione impersonale che andassero a sostituirsi a quella personale. 50 In argomento, v., fra gli altri, per la puntuale ricostruzione del sistema dopo l’attuazione della direttiva comunitaria, P. SIRENA, La nuova disciplina delle clausole vessatorie nei contratti bancari di credito al consumo, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, I, 354 ss. 51 Sui profili evolutivi della disciplina, v. U. MORERA, Sub art. 118, in Comm. t.u.b. Porzio, Milano, 2010, 984 ss., F. SARTORI, op.cit., 1895 ss.; C. COLOMBO, Gli interessi nei contratti bancari, in I contratti bancari, E. CAPOBIANCO (a cura di), Milanofiori Assago, 2016, 453 ss.; A. SANTANGELO, Sub art. 118, in Comm. t.u.b. Capriglione, Padova, 2012, 3, 1715 ss.; P. SIRENA, Il ius variandi della banca dopo il c.d. decreto-legge sulla competitività (n. 223 del 2006), cit., 262 ss. 52 Agcm, provv. 26 maggio 2006, segnalazione AS338, Disciplina dello “ius variandi” nei contratti bancari, in Boll., n. 19/2006. 53 In argomento, G. SANTONI, Lo jus variandi delle banche nella disciplina della legge n. 248 del 2006, in Banca, borsa, tit. cred., 2007, I, 249 ss.; P. SIRENA, Il ius variandi della banca dopo il c.d. decreto-legge sulla competitività (n. 223 del 2006), cit., 262 ss.; U. MORERA, Contratti bancari (disciplina generale), Banca, borsa, tit. cred., 2008, I, 168 ss.; ID., Sub art. 118, in Comm. t.u.b. Porzio, Milano, 2010, 984 Il decreto n. 248/2006 introduce in materia diverse altre modifiche significative: il giustificato motivo viene esteso, quale condizione per l’esercizio dello ius variandi, a tutti i rapporti bancari e finanziari, anche con clienti non consumatori; viene imposta la comunicazione personale di ogni modifica56 «in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente», recando in evidenza la formula «Proposta di modifica unilaterale del contratto»; la banca deve concedere un preavviso minimo pari a 30 giorni 57; il cliente ha diritto di recedere entro due mesi, senza spese, e conservando, in sede di liquidazione del rapporto, «il diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate»; la banca ha l’obbligo, in caso di «variazione dei tassi conseguenti a decisioni di politica monetaria», di applicare la modifica contestualmente ai tassi debitori e a quelli creditori, con «modalità tali da non recare pregiudizio al cliente». ss.; ID., Le variazioni dei tassi d’interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria, in Foro. it., 2007, V, c. 252; A. MIRONE, Le “fonti private” del diritto bancario: concorrenza, trasparenza e autonomia privata nella (nuova) regolamentazione dei contratti bancari, in Banca, borsa, tit. cred., 2009, I, 300 ss. 54 Il riferimento ai soli contratti di durata rimaneva identico a quello previsto dalla norma previgente, con la conseguenza di non sciogliere i dubbi sull’esatta definizione di tale categoria, con particolare riguardo alla possibilità di includervi i mutui. In argomento, specificamente, sulla modifica del 2006, v. P. SIRENA, Il ius variandi della banca dopo il c.d. decreto-legge sulla competitività (n. 223 del 2006), cit. 269 ss. Come si è detto, il problema è stato risolto dal d.lgs. n. 141/2010, che ha previsto una disciplina differenziata per i contatti a tempo indeterminato e gli altri contratti di durata (su cui v. infra). 55 In effetti, la questione appariva già superata, in quanto la legge 6 febbraio 1996, n. 52 (di attuazione della direttiva CE sui contratti con i consumatori) aveva già sancito all’art. 1469-bis, comma 4, n. 2, c.c. (poi trasfuso nell’art. 33, comma 3, lett. b, cod. cons.) la validità dello ius variandi normativo nei contratti finanziari, sia pure con riferimento ai soli contratti a tempo indeterminato (mentre l’art. 118 t.u.b. si riferisce a tutti i contratti di durata), escludendo in tal caso la necessità di indicare nel contratto lo specifico motivo che giustifica la variazione (come invece disponeva l’art. 1469-bis, comma 3, n. 11, poi trasfuso nell’art. 33, comma 2, lett. m), imponendo altresì la presenza di un giustificato motivo. Consentite quindi le modifiche alle condizioni normative nei contratti con i consumatori, risultava incoerente negarne l’ammissibilità ai sensi dell’art. 118 t.u.b. Sul tema, v. G. LA ROCCA, op.cit., 77 ss.; in senso contrario, prima del d.l. n. 223 del 2006, F. DI MARZIO, Clausole abusive nei contratti bancari. Recesso, ius variandi e limitazioni di responsabilità, cit., 320 s.; A. NIGRO, Disciplina di trasparenza delle operazioni bancarie e contenuto delle condizioni contrattuali: note esegetiche, cit., 512 ss.; M. BUSSOLETTI, La disciplina del jus variandi nei contratti finanziari secondo la novella codicistica sulle clausole vessatorie, in Dir. banc. fin., 2005, I, 24 ss.; P. SIRENA, Il ius variandi della banca dopo il c.d. decreto-legge sulla competitività (n. 223 del 2006), cit., 270 s.; nonché U. MORERA, Sub art. 118, cit., 985, il quale, condivisibilmente, osserva che il riferimento dell’art. 116 t.u.b. alle sole condizioni economiche del rapporto conferma il dato della portata applicativa più ampia dell’art. 118 t.u.b. Pur così novellato, l’assetto normativo dello ius variandi bancario presentava ancora alcune difficoltà ricostruttive sul piano interpretativo, soprattutto in punto di coordinamento del preavviso di 30 giorni per l’attuazione della variazione con il diverso termine di due mesi per l’esercizio del diritto di recesso del cliente. Aspetto sul quale è poi intervenuto, risolutivamente, il d.lgs. n. 141/2010 (di cui si dirà nel prosieguo), equiparando il termine di preavviso a quello per l’esercizio del recesso e fissandolo per entrambi in un minimo di due mesi. Altro intervento è stato realizzato con la l. 24 dicembre 2007, n. 244 (in tema di variazione dei tassi di interesse) che ha previsto il principio della reciprocità delle modifiche per i tassi sia attivi che passivi. Sicuramente di notevole impatto sul quadro normativo è stato il citato d.lgs. n. 141/2010, che ha introdotto la nozione di “contratto di durata”, nonché la distinzione tra rapporti a tempo indeterminato e a tempo determinato, stabilendo altresì che la modifica dei tassi poteva riguardare la sola categoria dei contratti di durata privi di scadenza. 56 Già sulla base dei primi orientamenti dell’ABF, è onere della banca dimostrare l’avvenuta ricezione della comunicazione, non essendo sufficiente provare l’intervenuto invio di posta o di una e-mail ordinaria. Una rassegna sistematica delle pronunce dell’ABF nei primi anni della sua attività è contenuta nel volume op.cit., A.A. DOLMETTA, A. SCIARRONE ALIBRANDI, (a cura di), 204 ss. 57 In particolare, risultava controverso in dottrina, sia il momento di entrata in vigore delle modifiche, sia il momento di decorrenza del termine di due mesi per l’esercizio del recesso. In argomento, con soluzioni differenziate, v. G. SANTONI,op.cit., 259 ss.; U. MORERA, Contratti bancari (disciplina generale), cit., 169; P. SIRENA, Il ius variandi della banca dopo il c.d. decreto-legge sulla competitività (n. 223 del 2006), cit., 262 ss.; A. MIRONE, “Le fonti private” del diritto bancario: concorrenza, trasparenza e autonomia privata nella (nuova) regolamentazione dei contratti bancari, cit., 303. Anche questa riforma è connotata da diversi profili di rilevante innovazione dell’assetto precedente: in primo luogo, l’oggetto delle possibili modifiche comprende i tassi, i prezzi «e le altre condizioni previste dal contratto» (non più solo le altre «condizioni di contratto»), con la conseguenza di optare per la soluzione 58 secondo cui la norma consentirebbe solamente la modifica di clausole contrattuali, originariamente previste dalle parti, e non l’introduzione di contenuti del tutto nuovi59; inoltre, nei contratti di durata, diversi da quelli a tempo indeterminato (i.e. mutui, leasing, ecc.), la facoltà di modifica può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi a oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo; la disciplina si applica non solo alle variazioni adottate come “conseguenza”, ma anche a quelle adottate “in previsione” di decisioni di politica monetaria, pur sempre da applicare “contestualmente” ai tassi attivi e passivi. Il d.lgs. n. 141/2010 ha introdotto, altresì, l’art. 125-bis t.u.b., il quale con riferimento all’analoga fattispecie prevista nel codice del consumo, dispone un rinvio integrale all’art. 118 t.u.b. 60 . Inoltre, il d.l. 13 maggio 2011, n. 70 (come modificato in sede di conversione dalla l. 12 luglio 2011, n. 106) 61 ha aggiunto all’art. 118 t.u.b. il comma 2-bis, il quale dispone, con riguardo alla variazione unilaterale del tasso di interesse, una parziale distinzione di regime regolatorio, in relazione alla tipologia di clientela 62 , restituendo così alcuni margini di manovra all’autonomia privata, sensibilmente compressa per effetto degli interventi normativi succedutisi nel tempo. 58 Fino a quel momento criticata e poco condivisa, sebbene in tal senso si fosse già espresso il Ministero dello sviluppo economico, nella nota del 21 febbraio 2007. In dottrina, v. S. PAGLIANTINI, La nuova disciplina del cd. ius variandi nei contratti bancari: prime note critiche, cit., 193, il quale propone un’interpretazione restrittiva, in ragione della difficoltosa distinzione fra clausole “nuove” e clausole “preesistenti”. 59 Cfr. G. DE CRISTOFARO, Il commento, in Contratti, 2010, 34. Nel senso che le modifiche alle condizioni normative debbano essere necessariamente generalizzate, almeno per categorie di clienti, A.A. DOLMETTA, Linee evolutive di un ius variandi, cit., 31 s. 60 Su cui v. le considerazioni della Banca d’Italia, provv. 29 luglio 2009, Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti, come aggiornato in data 9 febbraio 2011, Sezione VI, par. 2.1, sub f). 61 Sulla norma transitoria attuativa del comma 2-bis, poi decaduta in sede di conversione, v. U. MORERA, G. OLIVIERI, Mutui bancari e jus variandi (sull’art. 118, comma 2-bis, t.u.b.), in Banca, borsa, tit. cred., 2011, I, 485 ss., secondo cui la disposizione, di dubbia legittimità costituzionale, aveva probabilmente la funzione di Ancora, va menzionato l’art. 27, comma 3, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (convertito con modifiche dalla l. 24 marzo 2012, n. 27), secondo cui, ai fini dell’entrata in vigore dell’art. 117-bis t.u.b., i contratti di apertura di credito e di conto corrente in corso di svolgimento devono essere adeguati entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della delibera Cicr (di cui al comma 2 della medesima norma), con l’introduzione di clausole conformi alle disposizioni di cui all’art. 117-bis t.u.b. stesso, attestando la persistenza di una rilevante instabilità temporale sull’operatività ope legis delle variazioni unilaterali. La disposizione, così riformulata, prevede, tra l’altro, che: la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali sia convenuta in una clausola approvata specificamente dal cliente; il potere di modifica possa essere esercitato solo in presenza di un “giustificato motivo”; la variazione debba essere oggetto di comunicazione “personalizzata” alla clientela; che vi sia un preavviso minimo di due mesi; il decorso di tale termine, senza che il cliente receda dal contratto, assume valenza quale presupposto di efficacia della modifica 63 . permettere alle banche l’introduzione surrettizia di deroghe all’art. 118 t.u.b., proprio mediante l’utilizzo dello ius variandi già previsto in contratto. Per una diversa lettura, che aggravava i dubbi di legittimità costituzionale della norma, v. F. FERRO-LUZZI, Modifica allo jus variandi nei contratti bancari e disciplina transitoria. Due pareri sull’art. 8, comma 5°, lett. f) e g), d.l. n. 70/2011, in Banca, borsa, tit. cred., 2011, I, 483 ss., secondo cui la norma avrebbe legittimato ex lege le banche a effettuare variazioni unilaterali, nei soli contratti in corso con la clientela imprenditoriale, anche senza giustificato motivo, così svalutando eccessivamente la portata interpretativa del riferimento esplicito contenuto nella norma transitoria all’introduzione del comma 2-bis. 62 U. MORERA, G. OLIVIERI, Mutui bancari e jus variandi (sull’art. 118, comma 2-bis, t.u.b.), cit., 275. 63 Così, F. SARTORI, op.cit., 1896. 3. L’attività di regolazione e vigilanza della Banca d’Italia: l’incidenza interpretativa e applicativa in materia di ius variandi. Da ultimo, è opportuno accennare altresì al ruolo svolto dalla Banca d’Italia sul piano interpretativo e applicativo della disciplina della modifica unilaterale dei contratti bancari. Com’è noto, nell’espletamento dei poteri di vigilanza attribuiti dall’art. 128 t.u.b. in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali e correttezza dei comportamenti nei confronti della clientela (Titolo VI, t.u.b.), la Banca d’Italia opera controlli e verifiche in merito all’esercizio da parte degli intermediari del potere di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali ex art. 118 t.u.b. Ne consegue che, sulla base dello svolgimento di tale attività di controllo, l’autorità di vigilanza ha avuto modo di intervenire, a più riprese, nei processi applicativi della disciplina dello ius variandi. Un primo provvedimento in tal senso è rappresentato dalla nota del 5 settembre 2014, avente ad oggetto la «Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali ai sensi dell’art. 118 t.u.b». In questa sede, la Banca d’Italia afferma, anzitutto, che ai fini del contemperamento fra le esigenze aziendali delle banche e la tutela dei clienti da condotte potenzialmente pregiudizievoli, i destinatari delle modifiche unilaterali devono avere la facoltà di valutare preventivamente le variazioni proposte, di verificarne la congruità rispetto alle motivazioni e, ove praticabile, di individuare differenti alternative contrattuali. La sollecitazione è derivata dalla circostanza che gli esiti dell’attività di vigilanza hanno evidenziato diversi profili di criticità. Anzitutto, è stato rilevato il non preciso rispetto degli obblighi di comunicazione previsti dalla normativa, in particolare con l’adozione di modifiche unilaterali prive di un congruo preavviso agli interessati; con motivazioni delle variazioni proposte ai clienti in termini generici e scarsamente intellegibili; con profili di incoerenza tra le modifiche contrattuali e le relative motivazioni. In punto di inadeguata formalizzazione delle procedure adottate dagli intermediari per decidere in merito alle operazioni di modifica unilaterale, sono state individuate situazioni in cui la policy aziendale in materia di ius variandi è stata, di fatto, disattesa; inoltre, sono state rilevate variazioni unilaterali adottate in mancanza di puntuali analisi preventive, anche a causa dell’inadeguata funzionalità dei sistemi informativi aziendali. Per tali motivi, la Banca d’Italia ha richiesto agli intermediari di esercitare le proprie prerogative in materia di modifica unilaterale dei rapporti, adottando tutte le cautele necessarie e di predisporre, a tal fine, adeguati presidi di natura organizzativa e procedurale, idonei a contenere i rischi legali e reputazionali connessi all’esercizio dello ius variandi. Le banche, in sostanza, devono assicurare che la preventiva informativa ai clienti sia chiara nelle finalità e nelle motivazioni, sintetica e completa, verificabile e coerente con la variazione contrattuale, nonché attenta al livello di alfabetizzazione finanziaria che è ragionevole attendersi dai destinatari. Vanno evitati richiami simultanei a una pluralità di motivazioni e formule troppo generiche le quali, di fatto, impediscono alla clientela un’adeguata valutazione in merito alla permanente convenienza del contratto e ostacolano la corretta formazione della decisione circa la prosecuzione del rapporto 64 . Una seconda nota della Banca d’Italia è del 28 marzo 2017, relativa ancora alla «Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali». In conformità con la citata Circolare del Mise n. 5574/2007, questo documento afferma che l’art. 118 t.u.b. prevede dei vincoli all’esercizio dello ius variandi e, in particolare: le modifiche sono consentite solo se previste da un’apposita clausola contrattuale specificamente sottoscritta dal cliente; le variazioni devono essere rette da un giustificato motivo e rese note alla clientela con anticipo, così da consentire al destinatario di verificarne la congruità rispetto alle sottostanti motivazioni e di valutare se mantenere in vita il rapporto; le modifiche unilaterali non possono comportare l’introduzione di clausole nuove. Questo documento, in sostanza, ribadisce l’esigenza che le banche prestino particolare cautela nell’esercizio del potere di modifica unilaterale dei contratti, adottando condotte trasparenti e corrette che consentano al cliente di conoscere i presupposti della variazione prospettata e di assumere scelte consapevoli, valutando le possibili alternative tra la prosecuzione del rapporto sulla base delle nuove condizioni ovvero il recesso dal contratto. Come avvenuto per la nota precedente, anche in questo caso l’analisi della prassi ha consentito all’autorità di vigilanza di effettuare alcune puntualizzazioni rilevanti per le banche sul piano interpretativo e applicativo della disciplina. 64 Sul punto, v. P. FIACCONI, Lo ius variandi, cit., 14 s. Nella fattispecie, la Banca d’Italia ha provveduto ad elencare i casi in cui le modifiche unilaterali non sono risultate coerenti con i principi richiamati dalla norma, stigmatizzando pertanto le variazioni effettuate nelle seguenti ipotesi: a) quando siano prive di specifica correlazione tra le tipologie di contratti e le tariffe interessate dalle variazioni, da un lato, e l’incremento dei costi posto a base della variazione, dall’altro lato 65; b) allorché realizzino interventi sulle tariffe, anche una tantum, a fronte di costi già sostenuti, non ricorrenti e che hanno esaurito i loro effetti, in quanto in questi casi non si pone un problema di riequilibrio dei reciproci impegni delle parti rispetto a quanto originariamente convenuto; inoltre, interventi una tantum si traducono, di fatto, in prelievi occasionali che, dal punto di vista del cliente, riducono l’incentivo a valutare l’opportunità del recesso, anche nei casi in cui sarebbe conveniente; ne deriva che ripetute manovre di questo tipo possono dar luogo a un effetto di “blocco” della clientela che contrasta con le finalità della disciplina dello ius variandi; c) quando non siano giustificate da costi sopravvenuti rispetto alla stipula dei contratti interessati e non riguardino la sola parte incrementale; d) ove facciano riferimento a una pluralità di motivazioni, senza chiarire adeguatamente il legame tra i singoli presupposti delle modifiche e gli interventi su prezzi e condizioni; e) infine, quando esentino alcune tipologie di clienti facendo aumentare l’impatto della manovra su quelli restanti, attraverso il recupero su di essi di una quota di costo supplementare 66 . Infine, il protrarsi di una congiuntura economica deteriorata e complessa, causato dalla sovrapposizione di fenomeni inediti e pervasivi di crisi – si pensi, tra l’altro, alle conseguenze economiche della pandemia, l’impatto del conflitto in Ucraina, alla nuova ondata di default bancari, all’impennarsi di dinamiche inflazionistiche – ha riproposto con forza il problema del riequilibrio del sinallagma contrattuale, soprattutto nei settori, come quello bancario, connotati da evidente asimmetria negoziale, inducendo la Banca d’Italia a intervenire, con la Circolare del 15 febbraio 2023, per raccomandare alle banche particolari cautele nel ricorso alle modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali collegate all’andamento dei tassi d’interesse e dell’inflazione 67 . 65 In tal senso, Collegio di coordinamento, n. 1889/2016; e anche Collegio di Roma, n. 2202/2013; Collegio di Napoli, n. 18857/2020. 66 Cfr. P. FIACCONI, Lo ius variandi, cit. 15 s. La Banca d’Italia, anzitutto, esorta a porre estrema attenzione nel prevedere simili variazioni a sfavore dei clienti, anche in considerazione del fatto che l’aumento dei tassi di interesse – avviato dalla Banca Centrale Europea (BCE) sin dal luglio 2022 – potrebbe avere effetti positivi sulla redditività complessiva dei rapporti tra banche e clienti, tali da compensare l’aumento dei costi indotto dall’inflazione 68 . Motivo per cui la Banca d’Italia ha sollecitato gli intermediari a rivedere, ove possibile, anche in senso favorevole ai clienti le condizioni precedentemente modificate a fronte dei tassi di interesse bassi o negativi. L’attuale fase di “normalizzazione” della politica monetaria, difatti, fa seguito a un lungo periodo di ridotti tassi di interesse che ha indotto diverse banche ad azzerare la remunerazione dei depositi in conto corrente e ad aumentare gli oneri a carico dei clienti, utilizzando lo strumento della proposta di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali. Collocandosi nel solco delle precedenti iniziative 69 , la Banca d’Italia ha precisato alcuni fondamentali criteri che le banche devono rispettare nel proporre ai clienti modifiche unilaterali dei contratti, con l’obiettivo principale di assicurare che le variazioni siano costantemente motivate dalla necessità di ripristinare l’equilibrio effettivo degli impegni originariamente assunti dall’intermediario e dal cliente 70 . La sollecitazione dell’autorità di vigilanza deriva dalla circostanza che le modifiche ex uno latere delle condizioni contrattuali possono essere realizzate, in ogni caso, solo nel rispetto delle norme in materia di trasparenza, delle previsioni di legge in tema di ius variandi, nonché degli eventuali principi e criteri che la stessa Banca d’Italia può fornire agli intermediari finanziari, nel caso di specie con riguardo alla legittimità e alle modalità di attuazione delle variazioni unilaterali dei contratti collegate all’inflazione e all’aumento dei tassi di interesse. Resta fermo, ribadisce la Banca d’Italia, il diritto del cliente di recedere dal contratto senza spese, al fine di valutare le offerte più convenienti presenti sul mercato 71 . 67 Cfr. BANCA D’ITALIA, Modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali motivate dall’andamento dei tassi d’interesse e dell’inflazione, 15 febbraio 2023, 1. 68 Cfr. BANCA D’ITALIA, Modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali motivate dall’andamento dei tassi d’interesse e dell’inflazione, 15 febbraio 2023, 1. 69 V. BANCA D’ITALIA, Modifiche unilaterali dei contratti bancari e finanziari. Obblighi degli intermediari e diritti dei clienti, 13 ottobre 2014; ID., Modifiche unilaterali dei contratti bancari e finanziari. Obblighi degli intermediari, diritti dei clienti, ruolo dell’autorità di vigilanza, 11 aprile 2017. 70 Cfr. BANCA D’ITALIA, Modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali motivate dall’andamento dei tassi d’interesse e dell’inflazione, 15 febbraio 2023, 1. 4. Natura e profili funzionali della disciplina vigente in materia di ius variandi bancario. Così modificata a più riprese, la disciplina vigente dell’art. 118 t.u.b. si applica alle banche e agli intermediari finanziari che operano nel territorio italiano (art. 115, comma 1, t.u.b.), indipendentemente dalla nazionalità72. Lo ius variandi attribuito dalla norma bancaria ha natura di diritto potestativo, ossia è una situazione giuridica soggettiva che attribuisce al suo titolare il potere di modificare unilateralmente la sfera giuridica altrui, mutando il precedente assetto contrattuale, indipendentemente dall’accettazione o dal rifiuto della controparte negoziale. I suoi effetti sono risolutivamente condizionati all’esercizio del recesso che sorge in capo al cliente una volta ricevuta la comunicazione di modifica unilaterale 73 . 71 Cfr. BANCA D’ITALIA, Modifiche unilaterali, cit., 15 febbraio 2023, 1. 72 Pertanto, rientrano nell’ambito applicativo anche i contratti di conto corrente stipulati online con banche straniere che operano in Italia, nonché gli istituti di moneta elettronica. Su questo aspetto, M. DE POLI, Commento sub art. 115 ss., in, Commentario breve al diritto dei consumatori, G. DE CRISTOFARO, A. ZACCARIA (a cura di) Padova, 2010, 1600; G. LIACE, Sub art. 118, in, Commentario breve al Testo Unico Bancario, R. COSTI, F. VELLA, (diretto da), 2019, 734 ss. 73 V., tra gli altri, P. SIRENA, Il ius variandi della banca dopo il c.d. decreto-legge sulla competitività (n. 223 del 2006), cit., 262 ss.; A. MIRONE, Le “fonti private” del diritto bancario: concorrenza, trasparenza e autonomia privata nella (nuova) regolamentazione dei contratti bancari cit., 302; ID., La nuova disciplina dello ius variandi nei contratti bancari e finanziari, in Vita notar., 2011 657; A.A. DOLMETTA, Linee evolutive di un ius variandi, cit., 12 ss., ove si rileva come la modifica sfavorevole al cliente risulti espressione di un potere del predisponente bancario rispetto al quale il cliente si trova in posizione di soggezione, posto che non può né controproporre, né rifiutare ma solo porre fine al rapporto; A. SCIARRONE ALIBRANDI, In quest’ottica, non appare ragionevole la diversa soluzione che considera il mancato recesso come assenso tacito alla modifica, in modo da riportare la fattispecie nell’alveo degli interventi “consensuali” manutentivi del rapporto contrattuale 74 . Secondo parte della dottrina 75 , infatti, l’art. 118 t.u.b. più che attribuire un diritto potestativo alla banca, creerebbe un meccanismo bilaterale di modifica del regolamento contrattuale. Motivo per cui, il dato letterale della norma, così come il fatto che la comunicazione al cliente debba recare necessariamente la formula «Proposta di modifica unilaterale del contratto», indurrebbe a considerare il mancato recesso come un’accettazione tacita, ovvero un atto di consenso alla variazione la quale, dunque, avrebbe un’efficacia sospesa 76 . Secondo tale orientamento, lo ius variandi bancario avrebbe valenza solo nominativa, configurandosi piuttosto come un contratto modificativo 77 formale (seppure ex uno latere) in cui il mancato esercizio del recesso, per effetto di una tipizzazione legale, assume la valenza di atto di tacito consenso. La banca, dunque, non avrebbe il potere di modificare unilateralmente il contratto, bensì solo di proporre modifiche che il cliente può accettare, mediante il meccanismo del silenzio assenso, ovvero rifiutare ricorrendo all’esercizio del diritto di recesso. G. MUCCIARONE, op.cit., 68; A. BLANDINI, C. FIENGO, Sulla funzione sociale del conto corrente bancario, in Riv. trim. dir. econ., 2020, 2, 409 ss. 74 G. SANTONI, op.cit., cit., 258 ss. Analogamente, già prima della novella, A. FICI, Osservazioni in tema di modificazione unilaterale del contratto («jus variandi»), in Riv. crit. dir. priv., 2002, 412 ss., che ricostruisce il diritto di recesso come «schema alternativo di formazione di un accordo». 75 Cfr. S. PAGLIANTINI, La nuova disciplina del cd. ius variandi nei contratti bancari: prime note critiche, cit., 196; ID., L’incerta disciplina del nuovo ius variandi bancario: tracce per una lettura sistematica, in Le nuove leggi civili commentate, 2012, 152; A. SCARPELLO, Il “nuovo” jus variandi della banca dopo la conversione del cd. “decreto sviluppo”, in Contr. e impresa, 2012, 596. 76 Nonostante il dettato normativo non sia particolarmente lineare, si ritiene sia da escludere ogni lettura che permetta al cliente di rifiutare la modifica, mediante espressa manifestazione di dissenso e ogni altro comportamento diverso dal recesso entro i termini di legge: cfr. M. DE POLI, Commento sub art. 118, in, Commentario breve, G. DE CRISTOFARO, A. ZACCARIA (a cura di), cit., 2010, 1428, secondo il quale non avrebbe altrimenti ragion d’essere il giustificato morivo; S. PAGLIANTINI, La nuova disciplina del cd. ius variandi nei contratti bancari: prime note critiche, cit., 196; G. PROFETA, Sub art. 126-sexies, in La nuova disciplina dei servizi di pagamento, M. MANCINI e al. (a cura di)Torino, 2011, 559 s.; A. SCIARRONE ALIBRANDI, op.cit., 75; per una trattazione approfondita del tema, A. SCIARRONE ALIBRANDI, G. MUCCIARONE, op.cit., 68 ss.; A. MIRONE, Commento Sub art. 118, cit., 1351, secondo cui il principale argomento a favore di tale soluzione è rappresentato dall’espressa previsione normativa del diritto di recesso senza spese, nonché dal conseguente obbligo dell’intermediario di avvertire il cliente circa tale possibilità, il che non avrebbe particolare valore se il cliente potesse opporre un diritto di veto alle modifiche e ripristinare le condizioni precedenti. Ebbene, in primo luogo va evidenziato come tale esito interpretativo si ponga in antitesi con la rubrica della norma e con la circostanza che i negozi modificativi di contratti, in linea di principio, non possono perfezionarsi tramite circostanze fattuali e per impulso di una sola parte. In aggiunta, se la proposta è effettuata in forma scritta, così deve essere anche per l’accettazione, altrimenti si finirebbe per realizzare una palese asimmetria formale nell’ambito dello schema negoziale 78 . Inoltre, a sostegno della tesi della configurazione dello ius variandi come diritto potestativo, depone il dato dell’art. 118, comma 1, t.u.b., secondo cui la banca può modificare unilateralmente, con apposita clausola approvata dal cliente, le condizioni previste dal contratto e non, invece, effettuare una mera “proposta” di modifica, così come argomentato da chi aderisce alla posizione sopra richiamata 79 . È chiaro, per vero, che non possa parlarsi di una “proposta” neppure sul piano semantico in quanto al cliente, a fronte della comunicazione di modifica, non è concessa la possibilità di rifiutare, proseguendo nel rapporto come originariamente regolato dal contratto, potendo questi solo recedere entro la scadenza del preavviso, laddove naturalmente lo ius variandi sia esercitato nel rispetto delle prescrizioni di legge 80 . 77 Seppure con un accordo definito «a struttura leggera» da S. PAGLIANTINI, La nuova disciplina del cd. ius variandi nei contratti bancari: prime note critiche, cit., 196. 78 Che nell’ordinamento si riscontra solo nell’art. 91, comma 2 e comma 3, cod. cons., riguardo alla modifica dei contratti turistici (i quali, tuttavia, non sono qualificati come contratti formali in senso stretto, ai sensi dell’art. 85, comma 2, cod. cons.). 79 Cfr. A. SCARPELLO, Il “nuovo” jus variandi della banca dopo la conversione del cd. “decreto sviluppo”, cit. 80 Cfr. A. SCIARRONE ALIBRANDI, G. MUCCIARONE, op.cit., 68; V. TAVORMINA, Ius variandi e contratti bancari, in Iudicium.it, 25 luglio 2012, 14; v. anche S. PAGLIANTINI, L’incerta disciplina del nuovo ius variandi bancario: tracce per una lettura sistematica cit., 153. Ne consegue che attribuire al mancato recesso la valenza funzionale di un atto di consenso creerebbe una distorsione ermeneutica, dal momento che la decisione del cliente di non recedere dal contratto è spesso dettata da una valutazione di non convenienza circa l’interruzione del rapporto negoziale 81 . Diversamente opinando, la facoltà di svincolarsi dal contratto finirebbe per configurarsi – in chiaro contrasto col dato normativo e con la sua consolidata fase applicativa – come un diritto potestativo attivabile dal cliente a fronte dell’esercizio del potere di modifica unilaterale della banca, fungendo da elemento di riequilibrio e ponendosi come limite esterno all’esercizio del potere medesimo82. Occorre ricordare, altresì, che la facoltà di modifica unilaterale trova pur sempre fonte in una «clausola approvata specificamente dal cliente» 83 , previsione che, da una parte, pone l’accento proprio sulla natura negoziale del diritto potestativo e, dall’altra, evoca la disciplina dell’art. 1341 c.c., sciogliendo ogni dubbio circa la vessatorietà della relativa pattuizione 84 . 5. Delimitazione dell’ambito di applicazione dello ius variandi bancario. L’art. 118 t.u.b. si applica a tutti i contratti bancari di durata 85 , non soltanto a quelli a tempo indeterminato, il che porta al superamento dei trascorsi dubbi interpretativi in merito alla portata della norma. In particolare, come si è detto, l’intervento modificativo del d.lgs. n. 141/2010 ha chiarito i termini della questione sulla delimitazione della categoria dei “contratti di durata” 86 che, secondo parte della dottrina 87 , doveva considerarsi riferita ai soli rapporti a tempo indeterminato, escludendosi così l’ammissibilità dello ius variandi per tutti gli altri. La categoria dei contratti di durata presentava, infatti, contorni non adeguatamente definiti in quanto vi si ricomprendevano quelli a prestazione continuata o periodica 88 , nonché quei rapporti che, sviluppandosi nel tempo, fossero caratterizzati da adempimenti non istantanei 89 , sulla base della considerazione che il termine di durata non incidesse sulla qualificazione giuridica di negozi caratterizzati dall’esecuzione continuativa o reiterata dell’adempimento 90 . 81 Circostanza che non autorizza a ritenere che il recesso sia un rimedio all’esercizio abusivo del diritto di variazione unilaterale, come dimostra il fatto che il cliente può recedere senza addurre alcuna motivazione: sul punto, v. A. FICI, Osservazioni in tema di modificazione unilaterale del contratto (“ius variandi”), in Riv. crit. dir. priv., 2002, 413; nonché le considerazioni di S. PAGLIANTINI, La nuova disciplina del cd. ius variandi nei contratti bancari: prime note critiche, cit., 196 s. 82 Cfr. A. MIRONE, Le “fonti private” del diritto bancario: concorrenza, trasparenza e autonomia privata nella (nuova) regolamentazione dei contratti bancari, cit., 302, n. 117; ID., la nuova disciplina dello ius variandi nei contratti bancari e finanziari, cit., 659; A. SANTANGELO, op.cit., 1728. 83 Su tale questione, si v. la comunicazione della Banca d’Italia del 3 febbraio 2016, Parametri di indicizzazione dei finanziamenti con valori negativi: trasparenza delle condizioni contrattuali e correttezza nei rapporti con la clientela. 84 Cfr. A. SANTANGELO, op.cit., 1717; F. SARTORI, op.cit., 1897. 85 Sui profili definitori di tale categoria, v., per tutti, M. PORZIO, I contratti di durata nel testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, I, 294 ss.; P. SIRENA, Il ius variandi della banca dopo il c.d. decreto-legge sulla competitività (n. 223 del 2006), cit., 270, il quale riconosce lo stesso trattamento giuridico anche con riguardo ai contratti a esecuzione istantanea differita mediante l’apposizione di un termine di scadenza della relativa obbligazione. 86 Cfr. A. CENTINI, La disciplina delle modifiche unilaterali (ius variandi) nel Testo unico bancario dopo il d.lgs. n. 141 del 2010, in I contratti, 2011, 393; V. FARINA, Principio di continuità dei contratti e jus variandi nei contratti bancari e finanziari, in Rass. dir. civ., 2002, 180. 87 V., tra gli altri, U. MORERA, I profili generali dell’attività negoziale dell’impresa bancaria, in C. BRESCIA MORRA, U. MORERA (a cura di), L’impresa bancaria. L’organizzazione e il contratto, in Trattato diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, diretto da P. PERLINGIERI, Napoli, 2006, 368. Nel senso che anche i contratti a tempo determinato dovessero essere ricompresi nella categoria dei contratti di durata, C. SILVETTI, I contratti bancari in generale, cit., 446; P. GAGGERO, op.cit., 171 ss.; G. FAUCEGLIA, I contratti bancari, in Tratt. Buonocore, Torino, 2005, 144. 88 L’opinione prevalente tendeva a risolvere in senso positivo tale questione, riconducendo nell’ambito della categoria dei contratti di durata sia quelli a tempo indeterminato che a tempo determinato. Così, V. PICCININI, I rapporti tra banca e clientela. Asimmetria e condotte abusive, Padova, 2008, 312; A. SPENA, op. cit., 1162; C. SILVETTI, I contratti bancari in generale, cit., 446; G. FAUCEGLIA, op. cit., 144; M. PORZIO, I contratti di durata nel testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, cit., 299. Mentre, nel senso che tale categoria dovesse coincidere con i contratti a tempo indeterminato, U. MORERA, I profili generali dell’attività negoziale, cit., 368. 89 Cfr. M. BUSSOLETTI, La normativa sulla trasparenza: lo jus variandi, cit., 231 ss.; A. NIGRO, Disciplina di trasparenza delle operazioni bancarie e contenuto delle condizioni contrattuali: note esegetiche, cit., passim; P. SIRENA, Il ius variandi della banca dopo il c.d. decreto-legge sulla competitività (n. 223 del 2006), cit., 270. 90 Così, G. SANTONI, op. cit., 255. Nel distinguere, dunque, tra rapporti a tempo indeterminato e a tempo determinato, la norma individua per i primi un ambito oggettivo di applicazione dello ius variandi ampio che si estende alle commissioni, ai tassi d’interesse e ad ogni altra condizione prevista dal contratto (cfr. art. 118, comma 1, primo periodo), ambito da intendersi riferito non solo ai contenuti strettamente economici, ma anche a quelli normativi o disciplinari 91 . Il potere di modifica riconosciuto in questa ipotesi alla banca ha una portata più vasta in considerazione della durata potenzialmente indefinita di tali rapporti. Ne può conseguire che, anche a distanza di anni dalla conclusione del contratto, ricorrano eventi sopravvenuti riferiti alle parti o al contesto di mercato, che creano uno squilibrio sinallagmatico nel regolamento negoziale originario, da fronteggiare attraverso i rimedi all’uopo previsti. Nei contratti a tempo determinato (individuati con l’espressione «altri contratti di durata»), invece, essendo le parti consapevoli fin dall’inizio della durata temporalmente circoscritta del rapporto, è prevista una compressione dell’operatività del potere modificativo della banca che ne consente l’esercizio per le sole clausole non aventi a oggetto i tassi d’interesse 92 , ossia può riguardare unicamente gli altri oneri economici e le clausole regolamentari (art. 118, comma 1, secondo periodo, t.u.b.) 93 , fatta salva la deroga prevista dal successivo comma 2-bis94. La difformità di regolazione dello ius variandi, sulla base dell’estensione temporale del rapporto, valorizza la circostanza che i contratti a tempo indeterminato richiedono una maggiore flessibilità di “manutenzione” (di cui, in realtà, beneficia soprattutto la banca), mentre quelli a tempo determinato necessitano – per ragioni attinenti sia al corretto sviluppo della relazione negoziale, sia al funzionamento del mercato – di una più incisiva vincolatività delle condizioni contrattuali inizialmente stabilite95 . Resta fermo, in ogni caso, l’obbligo di tutelare l’affidamento del cliente a concludere, alle condizioni pattuite, un’operazione economica di durata predeterminata. 91 Cfr. L. NIVARRA, Jus variandi e contratti aventi ad oggetto servizi finanziari, cit., p. 324; in senso restrittivo G. IORIO, op.cit., 80. 92 Sul tema v. A. MIRONE, “La rilevanza del tempo” nei rapporti bancari di durata, in Banca, borsa, tit. cred., 2016, I, 417 ss., che opera un confronto tra gli istituti chiamati a regolare il fenomeno delle sopravvenienze in corso di rapporto. 93 Tale soluzione è stata criticata da A. SCARPELLO, La nuova disciplina della trasparenza bancaria tra normative di settore e categorie generali civilistiche, in Contr. impr., 2012, 253 ss., il quale rileva come, alla luce della sua funzione, appaia difficile giustificare razionalmente il divieto di prevedere una qualsiasi clausola sullo ius variandi nei contratti a tempo determinato. 94 Su cui, v. F. SARTORI, op.cit., 1896; F.G. VITERBO, Sub art. 118, in, Commentario al testo unico bancario S. BONFATTI (a cura di), 2021783. Infine, va detto che non rientrano nella fattispecie dello ius variandi le modificazioni del contratto che si producano in conseguenza della variazione di specifici parametri prescelti dalle parti, giacché in tal caso il cliente si assume preventivamente il relativo rischio 96 , ovvero quello proveniente dagli automatismi prefissati con riferimento agli effetti di date circostanze sopravvenute. In questa prospettiva, ad esempio, va inquadrata la fattispecie dei tassi indicizzati la quale, interpretata da un punto di vista più strettamente negoziale, per opinione consolidata 97 non rientra nell’ambito applicativo di cui all’art. 118 t.u.b. poiché, in tali casi non è necessaria la concessione di un preavviso, né il supporto di un giustificato motivo, essendo sufficiente la rendicontazione ex post ai sensi dell’art. 119 t.u.b. Spetta, inoltre, il diritto di recesso alle condizioni e con gli effetti dell’art. 120-bis t.u.b. (e non dell’art. 118 t.u.b.)98. 95 Sebbene non siano mancate voci critiche sulla possibilità di estendere tale patto di modificabilità a tutti i contratti a tempo determinato, così, B. INZITARI, Il mutuo con riguardo al tasso “soglia” della disciplina antiusura e al divieto di anatocismo, in Banca, borsa, tit. cred., 1999, I, 268 ss. 96 Cfr. Corte Cost., 23 giugno 1999, n. 256, che ha dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 118, comma 1, t.u.b. (nel suo testo originario), ponendo in luce che non può essere qualificata come modifica unilaterale del contratto la determinazione oggettiva e preventivamente stabilita dalle parti, dell’ammontare di un debito il cui valore può variare nel tempo. Inoltre, v. Cass., 29 maggio 2012, n. 8548, ove si fa riferimento a una variazione determinata da fattori di carattere oggettivo e aventi natura aleatoria; nonché Cass., 25 novembre 2002, n. 16568; e Trib. Velletri, 13 dicembre 2018, in Banca Dati Pluris. 97 V., fra gli altri, U. MORERA, Sub art. 118, cit., 989; G. FAUCEGLIA, op.cit. 173. 98 Un caso particolare è costituito dai buoni fruttiferi postali, per i quali è sorta la controversa questione circa l’individuazione delle condizioni necessarie per la variazione unilaterale del tasso di interesse, nel corso del rapporto e sulla base di un decreto ministeriale adottato ai sensi dell’art. 173, comma 1 del codice postale. La Cassazione, prendendo posizione a favore degli intermediari, ha riconosciuto che la modifica dei tassi di interesse è giustificata sulla base del meccanismo di cui all’art. 1339 c.c. È sufficiente la pubblicazione in G.U. del decreto istitutivo dei nuovi tassi per renderne note le variazioni alla collettività. In sostanza, l’art. 173 del codice postale ha, per alcuni versi, anticipato il modello dell’art. 118 t.u.b. (Cass., sez. un., 5.1. Segue. Dell’applicabilità dello ius variandi al contratto di mutuo. Ferma restando la necessità dell’esecuzione continuata o periodica di una prestazione 99 , si presentano di complessa definizione i confini della categoria dei rapporti di durata con specifico riferimento ad alcune tipologie di contratti bancari per i quali sussisteva il dubbio se andassero annoverati o meno tra quelli a tempo determinato. Incertezza legata all’istantaneità della prestazione del mutuante contrapposta al carattere dell’obbligazione restitutoria del mutuatario, destinata naturalmente a protrarsi nel tempo 100 . Per tali motivi, il fulcro del dibattito sull’applicabilità dello ius variandi ai rapporti negoziali a tempo determinato verteva principalmente sui contratti di mutuo 101 . Ad avviso di una parte della dottrina, includere in tali schemi contrattuali la clausola di modifica unilaterale delle condizioni relative al tasso di interesse si pone in contrasto con la struttura causale stessa del tipo negoziale. Si realizzerebbe, in tal modo, un’impropria alterazione dell’equilibrio sinallagmatico fondato sulla dilazione temporale dell’obbligazione restitutoria, che rappresenta invece un elemento fondamentale per le scelte economiche del mutuatario. 19 febbraio 2019, n. 3963, in Corr. giur., 2019, 479 ss.). In chiave critica, U. CARNEVALI, I buoni postali fruttiferi, la riduzione unilaterale dei tassi d’interesse originariamente fissati e le Sezioni Unite, in Contr., 2019, 279 ss. 99 Sul problema v., per tutti, M. PORZIO, I contratti di durata nel testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, cit., 294 ss.; P. SIRENA, Il ius variandi della banca dopo il c.d. decreto-legge sulla competitività (n. 223 del 2006), cit., 270, il quale riconosce lo stesso trattamento giuridico anche con riguardo ai contratti ad esecuzione istantanea differita mediante l’apposizione di un termine di scadenza della relativa obbligazione. 100 A. SANTANGELO, op.cit., 1723; E. CAPOBIANCO, Contratto di mutuo bancario e ius variandi, in Rass. dir. civ., 2001, 508 ss.; M. PORZIO, I contratti di durata nel testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, cit., 293; L. FERRONI, Ius superveniens, rapporti in corso e usurarietà sopravvenuta, in Riv. dir. civ., 1999, 514 ss. 101 Del resto, è noto, che una restituzione anticipata è concepibile solo a causa dell’inadempimento del mutuatario che viene a decadere dal beneficio del termine ed è quindi obbligato alla restituzione dell’intera somma, cfr. B. INZITARI, op.cit., 271; si v., altresì, E. CAPOBIANCO, Mutui ipotecari e ius variandi, in M. COMPORTI, S. MONTICELLI (a cura di), Studi in onore di Ugo Majello, ESI, Napoli, 2005, I, 289; ID., Contratto di mutuo, cit., 504 ss.; A. DALMARTELLO, Osservazioni a Cass., 25 maggio 2012, n. 8548: mutuo bancario, “ius variandi” e tasso di interessi (nota a Cass., sez. III, 29 maggio 2012 n. 8548), in Banca, borsa, tit. cred., 2012, II, 630. All’opposto, ove si ritenesse compatibile con il mutuo la clausola dello ius variandi relativa al tasso, la banca porrebbe il mutuatario nella gravosa situazione di dover accettare il più elevato tasso di interesse ovvero di recedere dal contratto con le relative implicazioni negative derivanti da una simile decisione. Difatti, nel mutuo la durata e il costo complessivo, determinati anche attraverso le modalità di rateizzazione, fanno sì che il recesso non soltanto privi repentinamente il mutuatario della liquidità, ma lo costringa a un’improvvisa restituzione dell’intero importo con l’effetto di provocare oneri il più delle volte oltremodo gravosi 102 . D’altro canto, a differenza dei contratti di conto corrente e di apertura di credito, nel mutuo la variabile “costo del denaro” non rappresenta una componente di rischio per la banca poiché, anche se la provvista è acquisita a credito al momento della stipula del contratto, nessuna oscillazione di tale variabile è suscettibile di influire sul rendimento dell’operazione, in quanto stabilito nella fase genetica del rapporto103. La paventata tesi contraria all’applicazione dello ius variandi al contratto di mutuo viene a essere viepiù rafforzata se si considera la presenza di un meccanismo di indicizzazione che, nei contratti a tasso variabile, preserva la banca dalle variazioni del tasso di riferimento. Anche nei mutui a tasso fisso, tuttavia, la misura dell’interesse superiore a quello di mercato si spiegherebbe in ragione della capacità di analisi della banca nel prevedere eventuali aumenti del costo del denaro. Seppure, per alcuni versi, sia sovente meno giustificabile l’eccessiva ampiezza del differenziale tra tassi applicati e tassi di mercato (tema rilevante, che sicuramente presenta spunti degni di ulteriore approfondimento). L’interpretazione fin qui prospettata, è sostenuta anche dal Ministero dello sviluppo economico104, secondo cui risultano esclusi dal campo di applicazione dell’art. 118 t.u.b. i contratti di mutuo, nei quali lo svolgimento del rapporto in un arco temporale contrattualmente prestabilito costituisce un elemento imprescindibile a tutela degli interessi di entrambi i contraenti. 102 Cfr. B. INZITARI, op.cit., 271. 103 Così, P.L. FAUSTI, Il mutuo, Napoli, 2004, 190 ss.; U. MORERA, G. OLIVIERI, Mutui bancari e jus variandi (sull’art. 118, comma 2-bis, t.u.b.), cit., 480. 104 Cfr. Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione generale per l’armonizzazione del mercato e la tutela dei consumatori, Nota di chiarimenti in merito all’applicazione dell’art. 10 legge 4 agosto 2006, n. 248, 21 febbraio 2007, n. 5574. Nei contratti a tempo determinato, d’altra parte, la legge riconosce la possibilità di convenire la facoltà di modifica ex uno latere delle clausole contrattuali, ma con una limitazione relativa all’oggetto, ossia nel senso di escludere le disposizioni relative ai tassi di interesse: si tratta della componente negoziale che ha maggiore significatività economica per il cliente il quale, nella scelta del mutuo da stipulare, verifica soprattutto le condizioni economiche, la cui sintesi si esprime principalmente nel fattore di costo. 5.2. Criteri di individuazione delle condizioni contrattuali oggetto di modifica unilaterale. Integrazione del testo contrattuale originario e ammissibilità delle variazioni migliorative. Appare evidente, dunque, come il campo di applicazione dello ius variandi possa estendersi a ogni genere di clausola contrattuale 105 , sia economiche sia regolamentari, sebbene risultino decisamente meno frequenti le controversie concernenti la variazione di contenuti normativi del rapporto. Il motivo è che l’utilizzo dello ius variandi per le clausole economiche produce solitamente un effetto pratico immediato e percepito dal cliente, mentre l’impatto sui profili regolamentari è quasi sempre più “discreto”, con la conseguenza che la carenza di un interesse tangibile e contingente cagiona la scarsa reattività della clientela verso l’esercizio del diritto di variazione 106 . D’altronde, dal momento che le clausole regolamentari non risultano essere dipendenti dall’andamento dei mercati (quanto meno non in via diretta) ovvero dalle politiche economiche e monetarie, è necessario che l’applicazione dello ius variandi, in queste ipotesi, sia sottoposta a un vaglio rigoroso per l’individuazione di un adeguato motivo di giustificazione, come richiesto dall’art. 118 t.u.b. 105 Soluzione largamente condivisa in dottrina: v., ex multis, A. SCIARRONE ALIBRANDI, G. MUCCIARONE, op.cit., 94; S. PAGLIANTINI, L’incerta disciplina del nuovo ius variandi bancario: tracce per una lettura sistematica, cit., 127; A.A. DOLMETTA, Linee evolutive di un ius variandi, cit., 30. 106 Così, G. FAUCEGLIA, op.cit., 137 ss., in riferimento all’intero genere delle variazioni unilaterali. Nella valutazione della modifica di tali clausole acquista particolare significatività il tempo trascorso dalla genesi del rapporto, rispetto al quale si profila l’esigenza di un mutamento della regolazione, risultando sostanzialmente indifferente la circostanza di inerire a un contratto a tempo determinato o indeterminato. Difatti, più tempo decorre dalla stipula e più oneroso potrebbe risultare per la banca mantenere in essere servizi aziendali obsoleti (ad esempio, fuoriusciti dall’offerta commerciale). Ragione per cui è difficile ipotizzare una variazione regolamentare ad personam (ossia non generalizzata per categorie di clienti) che possa aspirare al riconoscimento del giustificato motivo, diversa quindi dalle modifiche specificamente determinate nell’originario assetto di interessi 107 . Per altro verso, l’ambito di applicazione dello ius variandi incontra il limite funzionale, posto a contenimento della discrezionalità della banca, del divieto di integrare il testo contrattuale con disposizioni precedentemente non pattuite. L’introduzione di contenuti inediti, rispetto all’assetto originario, è stata espressamente esclusa dal Ministero dello sviluppo economico 108 e confermata dalla Banca d’Italia, con le «Istruzioni» di vigilanza sulla «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari». Con effetti palesemente conformativi sulla prassi applicativa, l’orientamento espresso dal Ministero, e ripreso dalla giurisprudenza109 , è stato poi definitivamente formalizzato nel d.lgs. n. 141/2010 110 che ha sostituito l’inciso «le altre condizioni di contratto» (di cui al precedente testo dell’art. 118 t.u.b.) con «le altre condizioni previste dal contratto» (corsivo ns.), confermando così la finalità della norma di circoscrivere l’ambito delle modifiche unilaterali alle sole condizioni già esistenti. L’inserimento di pattuizioni prima non presenti, difatti, andrebbe a rinnovare l’assetto contrattuale in forza del quale il cliente ha espresso, a suo tempo, la volontà di obbligarsi 111 . 107 A.A. DOLMETTA, Linee evolutive di un ius variandi cit., 30 ss. Va ricordato, inoltre, che un limite quantitativo è apposto dalla normativa di contrasto all’usura. Qualora, infatti, a seguito dell’esercizio dello ius variandi, i tassi applicati dovessero superare il tasso soglia, nessun interesse sarebbe dovuto, come disposto dall’art. 1815, comma 2, c.c., così A. PISU, op.cit., 239. 108 Con la circolare n. 5574/2007), nella quale si afferma che le modifiche di cui all’art. 118 t.u.b., riguardando soltanto le ipotesi di variazioni dedotte nel contratto, non possono comportare l’inserimento di clausole ex novo. 109 Cfr. Trib. Palermo, sez. Bagheria, 26 marzo 2010, in Giur. merito, 2010, con nota di A. GORGONI, 2098. 110 Sul punto, v. A.A. DOLMETTA, Linee evolutive di un ius variandi, cit., 15; G. OLIVIERI, Usi e abusi dello ius variandi nei contratti bancari, in op.cit., A. DOLMETTA, A. SCIARRONE ALIBRANDI, 113. Quanto precede conferma, sul piano sistemico, che la variazione di contenuti non previsti originariamente dall’assetto di interessi conferito dalle parti può realizzarsi solo attraverso una rinegoziazione del contratto, non potendo la banca ricorrere allo ius variandi, salve le ipotesi in cui sussistano specifiche previsioni normative che legittimano il ricorso alla variazione unilaterale. In aggiunta, il divieto di introduzione di contenuti inediti non esclude in radice l’integrale eliminazione di una clausola o condizione realizzando così una fattispecie novativa del rapporto 112 . Sul punto, occorre precisare che può parlarsi di variazione unilaterale solo quando i mutamenti (aggiunte o eliminazioni che siano) delle condizioni del contratto non integrino la fattispecie della novazione (ex art. 1230 c.c.), discrimine concettuale per distinguere la mera modificazione da una illegittima (ove avvenga tramite lo ius variandi) trasformazione del contratto. In effetti, analizzando il potere di variazione unilaterale attraverso il filtro ermeneutico dello strumento novativo, si può rilevare come l’atto di esercizio dello ius variandi determini, sotto il profilo strutturale, un fenomeno estintivo-costitutivo, con la conseguenza che non può ritenersi meritevole di tutela (ex art. 1322, comma 2, c.c.) la variazione che realizzi una novazione con riferimento a clausole essenziali dell’assetto di interessi delineato nell’originario rapporto negoziale113. 111 Cfr. A. CENTINI, La disciplina delle modifiche unilaterali (ius variandi) nel Testo unico bancario dopo il d.lgs. n. 141 del 2010, cit., 395; S. PAGLIANTINI, La nuova disciplina del cd. ius variandi nei contratti bancari: prime note critiche, cit., 193; ID., L’incerta disciplina del nuovo ius variandi bancario: tracce per una lettura sistematica cit., 126; G. OLIVIERI, Usi e abusi dello ius variandi nei contratti bancari, cit., 118; A. SCIARRONE ALIBRANDI, G. MUCCIARONE, op.cit., 95, n. 94; A. SCARPELLO, Il “nuovo” jus variandi della banca dopo la conversione del cd. “decreto sviluppo”, cit., 581. 112 Cfr. V. TAVORMINA, Ius variandi e contratti bancari, cit., 9. Ad esempio, l’art. 1231 c.c. definisce modificazione accessoria non comportante novazione sia l’apposizione che l’eliminazione di un termine. 113 Cfr. G. IORIO, op.cit., 24 ss. Infine, si deve revocare in dubbio la possibilità che la modifica ex uno latere trovi applicazione a qualsivoglia ipotesi di variazione, favorevole o sfavorevole al cliente, dovendosi considerare la disciplina dettata dall’art. 118 t.u.b. riferita alle sole modifiche svantaggiose per la clientela, poste in essere nell’interesse della banca, avendo la normativa un’evidente matrice consumeristica. Sarebbe, infatti, irragionevole assoggettare anche le eventuali variazioni favorevoli al procedimento ex art. 118 t.u.b., poiché potrebbe verificarsi il paradossale esito del rifiuto della variazione favorevole al cliente, pregiudicando in tal modo l’interesse della banca alla prosecuzione del rapporto114. Per vero, anche la sanzione dell’inefficacia, comminata dal comma 3 per le sole modifiche sfavorevoli che non siano state realizzate nel rispetto delle modalità prescritte dalla legge, depone nel senso che le eventuali modifiche a vantaggio del cliente possano realizzarsi mediante altri strumenti, collocandosi pertanto al di fuori dell’ambito di azione dell’art. 118 t.u.b. 115 . Ad esempio, potrebbe trovare applicazione, in analogia, la regola di cui all’art. 1333, comma 2, c.c., che tra l’altro, consentendo al cliente di rifiutare la modifica, non lo priverebbe della possibilità di continuare il rapporto alle condizioni originariamente pattuite116. Sullo specifico profilo dell’inquadramento teorico delle variazioni in melius, inoltre, vi è chi ritiene che il fulcro della questione ruoti intorno al giustificato motivo, non escludendo, cioè, l’eventualità che tra le due tipologie di variazioni possano realizzarsi delle sinergie, seppure risulti evidente l’estraneità delle prime alla regolazione dello ius variandi sia sul piano normativo sia di principio. In particolare, le modifiche migliorative risulterebbero idonee a produrre effetti su quelle in peius laddove la condotta della banca sia vagliata in termini di meritevolezza sulla base dei principi generali (anche costituzionali) e, in particolare, del canone della buona fede, a completamento sul piano interpretativo dei tratti definitori del giustificato motivo 117 . Sovente, infatti, la valutazione dell’atto di esercizio dello ius variandi può avvenire compiutamente solo tenendo conto, nel contesto della condotta delle parti, della congruità reciproca tra i due tipi di modifiche, essendo evidente che la banca che tralasci i motivi giustificativi di quelle migliorative, per ricorrere sistematicamente allo ius variandi, manifesti una condotta commerciale chiaramente scorretta. 114 Cfr. A. SCIARRONE ALIBRANDI, G. MUCCIARONE, op. cit., per i quali se si reputa che l’art. 118 t.u.b. trovi applicazione anche nel caso delle modifiche favorevoli alla clientela, tale strumento risulterebbe, «di per sé, sovradimensionato, se non contrario, agli interessi della banca». 115 Cfr. A. SANTANGELO, op.cit., 1722; G. CARRIERO, Sub art. 118, in Comm. t.u.b. Capriglione, Padova, 1994, 600 ss. D’altra parte, è stato evidenziato che l’inosservanza dell’art. 118 t.u.b. espone le banche a sanzioni amministrative pecuniarie, alle quali, in diversi settori della contrattazione diseguale, il legislatore affida un importante ruolo dissuasivo di condotte illegittime che potrebbero altrimenti, con più facilità, essere assunte da soggetti dotati di maggiore forza contrattuale, cfr. A. PISU, op.cit., 249 s. 116 Cfr. A. SANTANGELO, op.cit., A. SCIARRONE ALIBRANDI, G. MUCCIARONE, op.cit., 59 s. Ebbene, la verifica di eventuali meccanismi di interazione tra le due componenti (positiva e negativa) di modificazione può realizzarsi solo analizzando il contenuto della variazione. Vaglio che può effettuarsi ricorrendo, tra l’altro, agli orientamenti della giurisprudenza e, soprattutto, dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) che ha prodotto, anche su questo tema, un flusso decisionale di significativo impatto conformativo sulla prassi 118. Anzitutto, nelle ipotesi di variazioni migliorative, pur in presenza di condizioni di rischio del cliente, occorre chiedersi se il miglioramento di tale condizione possa essere riconosciuto anche ove consegua a situazioni in cui non si sia verificato in precedenza alcun peggioramento. In realtà, la risposta positiva appare teoricamente impraticabile poiché condurrebbe verso l’affermazione di un obbligo di erogare credito (collegato al riconoscimento di un migliore merito creditizio), che è ontologicamente e storicamente estraneo all’ordinamento italiano 119 . La soluzione negativa, invece, attribuisce un peso determinante a un precedente atto di esercizio dello ius variandi in senso peggiorativo, al quale si deve collegare, in applicazione del canone di buona fede, l’eventuale modifica in melius, sussistendo un rapporto causale tra il comportamento precedente e l’attivazione del relativo dovere 120 . Analogo ragionamento vale anche per l’ipotesi delle sopravvenienze migliorative per categorie di rapporti e, al contempo, peggiorative per altri; anche in questi casi, risulta decisivo il comportamento della banca, ferma restando la piena discrezionalità nel proporre o meno la modifica121. 117 In proposito A. SCIARRONE ALIBRANDI, op.cit., 77, che adopera l’espressione «sopravvenienze ambivalenti». 118 Resta altresì il problema di costruire la struttura della fattispecie modificativa tra adeguamenti automatici, iniziative del cliente finalizzate all’utilizzo dello strumento ex art. 2932 cc. e rimedi risarcitori, prospettiva da approfondire sul piano dogmatico, secondo A.A. DOLMETTA, I rimedi per la violazione delle norme imperative nel diritto societario prima del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5. Un frammento di storia delle idee, in Vita notar., 2003. 119 Cfr. M. BUSSOLETTI, La normativa sulla trasparenza: lo jus variandi, cit., 475. Come può agevolmente desumersi, si tratta di ipotesi dogmatiche in cui finisce per assumere rilievo centrale il principio di buona fede per vagliare diacronicamente l’utilizzo dell’autonomia della banca nell’esercizio dello ius variandi, delineando un vincolo prospettico di operatività. In altri termini, se la banca decide di procedere a variazioni in peius, la buona fede (declinata in forma di parità di trattamento) imporrebbe parimenti la realizzazione di modifiche migliorative, laddove successivamente ne ricorrano le condizioni. In sostanza, si può ritenere che il comma 4 dell’art. 118 t.u.b. si configuri come esplicitazione del canone della buona fede 122 , in piena coerenza, tra l’altro, con la sua struttura di norma di principio123. In conclusione, circa la rilevanza concreta della distinzione tra variazioni migliorative e peggiorative e a sostegno di quanto sin qui argomentato, si può richiamare la tesi che inquadra il contratto con obbligazioni del solo proponente (ex art. 1333 c.c.) come negozio unilaterale a contenuto patrimoniale e aperto al rifiuto (c.d. eliminativo) da parte del destinatario 124 . L’estensione di questa soluzione al caso in esame consentirebbe di avvicinare, nella misura massima ipotizzabile, l’inquadramento dogmatico delle variazioni in melius a quelle in peius, poiché in entrambi i casi si tratterebbe di modifiche apportate unilateralmente, con la possibilità concessa al cliente di rimuoverle, sia pure sulla base di differenti regimi normativi. La distinzione tra le due categorie di modifiche verrebbe così privata, anche in via interpretativa, di una peculiare rilevanza applicativa, ai fini dell’esercizio dello ius variandi. 120 Soluzione prospettata da M. BUSSOLETTI, La normativa sulla trasparenza: lo jus varaindi, cit., 476. 121 U. MORERA, Sub art. 118, cit., 991 s. 122 Così, A. SCIARRONE ALIBRANDI, op.cit., 77 ss. 123 Cfr. A.A. DOLMETTA, Linee evolutive di un ius variandi, cit.,53 ss. 124 Sull’inquadramento, in questo senso, del contratto con obbligazioni del solo proponente, cfr. F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, XVIII ed., Napoli, 2017, 869 ss. 5.3. L’esercizio dello ius variandi nei contratti a tempo determinato: il comma 2-bis dell’art. 118 t.u.b. Con riguardo all’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 118 t.u.b., il comma 2-bis, 125 stabilisce che «se il cliente non è un consumatore né una microimpresa come definita dall’articolo 1, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, nei contratti di durata diversi da quelli a tempo indeterminato di cui al comma 1 del presente articolo possono essere inserite clausole, espressamente approvate dal cliente, che prevedano la possibilità di modificare i tassi di interesse al verificarsi di specifici eventi e condizioni, predeterminati nel contratto»126. Al di là della non eccellente qualità redazionale, la norma prevede la possibilità di pattuire, con apposita clausola espressamente approvata dal cliente, la modifica dei tassi di interesse anche nei contratti di durata, distinguendo le figure del consumatore e della microimpresa, rispettivamente dalla categoria dei clienti professionisti e delle imprese di dimensioni medio-grandi127. 125 Introdotto con il d.l. 13 maggio 2011, n. 70 (Decreto sviluppo), su cui v. A.A. DOLMETTA, Linee evolutive di un ius variandi cit., 51, il quale ritiene questa ulteriore modifica della disciplina presenti forse margini di involuzione sistematica delle norme del t.u.b. 126 Sulla norma v., amplius, F. FERRO-LUZZI, Lo ius non variandi: prime considerazioni, e alcune supposizioni, sul comma 2-bis dell’art. 118, T.U.B., dopo la L. 106/2011, in Il Caso.it, 7 ottobre 2011. 127 La definizione di consumatore è dettata dall’art. 3, lett. a), cod. cons., ossia la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale svolta. La microimpresa, invece, viene definita dall’art. 1, lett. t), d.lgs. n. 11/2010 come l’impresa che possiede i requisiti previsti dalla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione europea, del 6 maggio 2003 (individuati con decreto del Ministro dell’economia attuativo delle misure adottate dalla Commissione UE ai sensi dell’art. 84, lett. b, della direttiva 2007/64/CE), ossia l’impresa che occupa meno di dieci persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a due milioni di euro. In altre parole, si tratta di imprese di dimensioni tanto ridotte che, a determinati fini (per quanto qui interessa, Sotto il profilo contenutistico, il meccanismo del comma 2-bis si connota per il riferimento a «specifici eventi e condizioni» che devono essere predeterminati al fine individuare i casi in cui la banca possa procedere alla modifica del tasso di interesse. La specificità va accertata non solo indicando nella clausola la tassonomia degli eventuali motivi (ad esempio, l’aumento dei tassi di mercato), quanto soprattutto declinando eventi e condizioni attraverso il riferimento a parametri oggettivi e predefiniti 128 . Un approccio ermeneutico che impone una scrematura qualitativa degli elementi configurabili come giusto motivo confermando che, nei rapporti a tempo determinato, la modifica unilaterale dei tassi di interesse rappresenta rimedio eccezionale di correzione dell’equilibrio economico con riguardo alle sole macro-imprese (e ai professionisti). La variazione, inoltre, deve risultare coerente e quantitativamente correlata rispetto all’evento verificatosi129. Sul piano testuale il comma 2-bis presenta, tuttavia, alcuni aspetti problematici. In primo luogo, nell’ammettere la possibilità per la banca di variare il tasso d’interesse «al verificarsi di specifici eventi e condizioni, predeterminati nel contratto», la norma non chiarisce se tali requisiti debbano comunque trovare fondamento nel giustificato motivo. Secondo un’interpretazione letterale, sembrerebbe che non sia previsto un obbligo di motivazione, per cui la banca potrebbe subordinare l’esercizio dello ius variandi al verificarsi di qualsiasi sopravvenienza, a condizione che la stessa sia specificatamente prevista nel contratto130. Soluzione che potrebbe risultare praticabile poiché, in questi casi, la banca interagisce con soggetti dotati di un patrimonio informativo e conoscitivo elevato e, quindi, in grado di comprendere compiutamente i contenuti negoziali proposti 131 . Tanto premesso, le parti potrebbero anche attribuire autonoma rilevanza a condizioni ed eventi che, in linea di principio, non autorizzerebbero alcuna modifica ai sensi dell’art. 118, configurando così un’ipotesi di giustificato motivo convenzionale132. A sostegno di tale lettura si adduce la circostanza che, ove il legislatore abbia voluto subordinare la previsione dello ius variandi alla precipua indicazione in contratto del giustificato motivo (come criterio di legittimazione), lo ha fatto esplicitamente 133 . in sede di applicazione dello ius variandi), possono essere funzionalmente equiparate ai consumatori. 128 Quali, ad esempio, l’aumento del tasso di un dato numero di punti percentuali; il peggioramento della classe di rating attuale; il mancato conseguimento di utili per un dato numero di anni; la messa in liquidazione della società e così via. 129 Cfr. A. MIRONE, “La rilevanza del tempo” nei rapporti bancari di durata, cit., 428 ss. 130 Cfr. A. CENTINI, Il procedimento di modifica unilaterale dell’art. 118 T.U.B. dopo il “Decreto Sviluppo”, in Contratti, 2011, 1041; A. SCARPELLO, Il “nuovo” jus variandi della banca, cit., 589 ss. Maggiormente condivisibile appare l’interpretazione estensiva della disposizione che asserisce un ampliamento dell’ambito di applicazione oggettivo dello ius variandi, in deroga al comma 1, anche alle clausole aventi ad oggetto i tassi di interesse, sebbene subordinato a vincoli applicativi più rigorosi; ciò in quanto il comma 2 richiede comunque la necessaria presenza di un giustificato motivo a fondamento del potere di variazione del tasso d’interesse, ma in aggiunta prevede la sua specifica individuazione già all’atto della conclusione del contratto 134 . A conferma di quanto precede, infatti, si può ritenere che l’esigenza di garantire la determinabilità dell’oggetto e di tutelare l’impresa che subisce la variazione induca a connettere funzionalmente gli eventi e le condizioni al requisito del giustificato motivo 135 . Al ricorrere dell’accadimento previsto, la banca può modificare i tassi adeguandoli alla sopravvenienza, sebbene la necessità di garantire la determinabilità dell’oggetto del contratto imponga che la variazione, anche ove non predeterminata, sia proporzionata alla natura dell’evento, soprattutto al fine di assicurare la necessaria valutazione di congruità tra modifica e motivazione dedotta in contratto136. 131 Inoltre, il profilo dimensionale di queste imprese rende ipotizzabili meccanismi di negoziazione sul contenuto del contratto, ai fini di non interrompere il rapporto col cliente, casi in cui, tuttavia, si finirebbe per uscire dall’ambito di azione dell’art. 118. Sul punto, cfr. A. SANTANGELO, op.cit., 1731, in cui l’A. afferma come la protezione prevista dall’art. 118 possa divenire paternalistica, laddove la controparte della banca sia una multinazionale o una società quotata, con potere negoziale, mezzi e consapevolezza delle dinamiche di mercato pari o superiori a quelli dello stesso intermediario». 132 Si pensi, a titolo esemplificativo, al mutamento peggiorativo di determinati indici o parametri rilevabili dal bilancio sociale del cliente, ovvero al caso in cui questi non abbia rispettato «obblighi contrattuali quantitativi o qualitativi», come ad esempio, la costituzione di una garanzia o la conclusione di un piano di ristrutturazione finanziaria, così, A. CENTINI, Il procedimento di modifica unilaterale, cit. 133 Come è avvenuto nel caso dell’art. 33, comma 2, lett. m), cod. cons. 134 Cfr. S. PAGLIANTINI, L’incerta disciplina del nuovo ius variandi, cit., 136. Nel senso che pure nei contratti a tempo determinato conclusi con una macro-impresa, ai fini dell’esercizio dello ius variandi, sia necessaria la sussistenza di un giustificato motivo, anche A. SCIARRONE ALIBRANDI, G. MUCCIARONE, op. cit., 73 ss.; contra A. SCARPELLO, Il “nuovo” jus variandi della banca dopo la conversione del cd. “decreto sviluppo”, cit., 593. La richiamata esigenza di predeterminazione del giustificato motivo pone però il problema delle modalità secondo cui specificare in contratto i fatti posti a fondamento della motivazione. Sul punto, alcuni autori propendono per un’indicazione chiara e puntuale delle possibili componenti giustificative, mentre altri rilevano – a mio avviso condivisibilmente – come l’indicazione puntuale della sopravvenienza sia ipotizzabile solo al momento in cui la stessa si realizzi, per cui ritengono sufficiente che la clausola debba indicare solo categorie di eventi e fatti astrattamente idonei a legittimare la modifica unilaterale. In definitiva, nei contratti a tempo determinato, di cui siano parte un consumatore o una micro-impresa, la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per i contenuti contrattuali diversi dai tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo. Per altro verso, se il cliente non rientra nelle due categorie di cui sopra, lo ius variandi può attivarsi per il rapporto nel suo insieme, purché sia subordinato, nel caso di modifica dei tassi, al verificarsi di specifici eventi e condizioni, predeterminati nel contratto stesso 137 . 135 Per cui è plausibile condizionare il mantenimento del tasso originario a elementi quali la conservazione del rating di credito, la conservazione di una data compagine sociale, il valore delle garanzie, il rispetto di accordi di sindacato, e così via. Sul punto, v. A. MIRONE, Commento Sub art. 118, cit., 1357. 136 Cfr. F. SARTORI, op.cit., 1899. 137 Cfr. A. SCIARRONE ALIBRANDI, G. MUCCIARONE, op.cit., 84. Sul punto, secondo parte della dottrina, la norma in realtà porterebbe a ridurre i margini di libertà negoziale delle parti, da un lato, facendo sorgere il dubbio che per tali categorie di soggetti lo ius variandi non possa riguardare condizioni diverse dai tassi; dall’altro, condizionandone l’esercizio al ricorrere di eventi e condizioni che, per quanto debbano essere specifici e dedotti in contratto, sono comunque oggetto di libera determinazione pattizia tra le parti al momento della stipula. Così F. FERRO-LUZZI, Lo ius non variandi: prime considerazioni, e alcune supposizioni, sul comma 2-bis dell’art. 118, T.U.B., dopo la L. 106/2011, cit., 2 s.; v. altresì V. TAVORMINA, Ius variandi e contratti bancari in Giur. comm., 2013, 309 ss.; M. TATARANO, Il mutuo bancario in I contratti bancari, E. CAPOBIANCO (a cura di), cit., 896, ove secondo l’A. Ragionando, tuttavia, in punto di qualificazione del potere di variazione configurato ai sensi del comma 2-bis, si deve ritenere piuttosto che la norma prescriva solo la predeterminazione di eventi e condizioni al ricorrere dei quali la banca “può” modificare unilateralmente la misura del tasso d’interesse, restando libera, purtuttavia, di decidere se esercitare o meno lo ius variandi al verificarsi dell’evento dedotto in contratto, nonché di determinare la misura della variazione da apportare al tasso d’interesse originariamente pattuito 138 . Ne consegue che la modifica non può certo considerarsi negoziata tra le parti, al punto da escludere l’applicazione della disciplina di tutela del cliente recata dal comma 2, risultando comunque qualificabile come esito di un diritto potestativo convenzionalmente riconosciuto dalle parti in capo alla banca139. si pone il problema di un possibile abuso da parte della banca a danno di imprese, diverse dalle microimprese.