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La minaccia nucleare

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 I dati aggiornati evidenziano un aumento del numero complessivo di ordigni atomici rispetto al 2020 con un incremento di oltre 600 unità. Ciò contribuisce ad alimentare l’incertezza e la paura verso uno scontro nucleare che oggi sembra tutt’altro che pura fantasia

di Giuseppe Accardi

Secondo gli antichi greci la storia è ciclica, un inesauribile susseguirsi di avvenimenti destinati a ritornare perennemente nel tempo. Utilizzando il linguaggio di Antonio Gramsci possiamo sicuramente asserire che: “La storia insegna ma non ha scolari.”

Sono passati circa 60 anni dalla crisi dei missili di Cuba e quasi 80 anni dall’anniversario dello sgancio dei primi ordigni nucleari sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, eppure nonostante il progresso, la modernizzazione, le ondate di democratizzazione, ci troviamo ancora sull’orlo del baratro.

Oggi come allora, è elevato il rischio di una escalation totale del conflitto, a causa della campagna militare Russa in  Ucraina che ha riacceso le ostilità tra est e ovest, riportando il vecchio continente in un gelido clima di tensione.

Dunque si respirano venti di guerra in Europa, come non se ne vedevano da tempo ormai. Le sorti del nostro pianeta, della nostra civiltà, sono minacciati ancora una volta dalla possibilità di una guerra nucleare totale, che metterebbe a rischio l’incolumità di tutti.

L’ipotesi nucleare è stata più volte evocata da entrambe le compagini: Putin, già all’inizio dell’invasione ha ordinato al suo comando militare di mettere in allerta i sistemi russi di deterrenza nucleare.

Dall’altra parte dell’oceano, il suo omologo Joe Biden, non ha escluso l’utilizzo dell’arma atomica attraverso il cosiddettto “First Nuclear Strike” ovvero un attacco atomico preventivo.

Dichiarazioni dure come l’acciaio dei missili e che pesano più di un macigno, considerando la possibilità che un attacco preventivo possa inaugurare una catastrofe mondiale con annessa estinzione del genere umano.

Scenari agghiaccianti, che ci tengono con il fiato sospeso, nella speranza che non si superi il punto di non ritorno più volte evocato da una parte e dall’altra.

La tecnologia in campo militare ha fatto negli anni passi da gigante, dal progetto Manhattan che ha dato vita agli ordigni usati in Giappone sono passati più di 50 anni e le innovazioni sfornate dagli scienziati hanno superato di gran lunga le aspettative dei vari governi, dando alla luce armi sempre più terribili e distruttive, il cui utilizzo deve in un modo o nell’altro essere obliato.

Dalla bomba Fat Boy di Hiroshima, alla Tsar fatta esplodere nel Mar Artico, ai missili balistici intercontinentali preparati per sorvolare la stratosfera, passando per i Titan Americani, gli R36 e RT-2 Russi, i Df Cinesi, sono molteplici le armi di annientamento di massa possedute dalle varie nazioni  che minacciano costantemente le sorti dell’uomo e contribuiscono a alimentare la preoccupazione.

Le stime del SIPRI ci segnalano che sono ben più di 13 mila le armi nucleari tattiche e intercontinentali sparse per l’intero globo, possedute complessivamente da nove nazioni capeggiate da Russia in prima posizione con oltre 6000 ordigni e USA a seguire con  più di 5000.

I dati aggiornati evidenziano un aumento del numero complessivo di ordigni atomici rispetto al 2020 con un incremento di oltre 600 unità. Ciò contribuisce ad alimentare l’incertezza e la paura verso uno scontro nucleare che oggi sembra tutt’altro che pura fantasia.

Nonostante le smentite, sembra che anche il nostro Paese custodisca da tempo all’interno del territorio dei missili nucleari Nato, dislocate in 2 basi americane in Italia e facenti parte del programma Condivisione Nucleare Nato. Secondo le indiscrezioni, le basi sono rispettivamente quelle di Aviano e Ghedi, che secondo i rumors dovrebbero ospitare complessivamente circa 70 testate.

Perciò è necessario essere cauti e mantenere alta la guardia, tenendo bene a mente che l’ipotesi di una guerra nucleare con annessa estinzione del genere umano rimane sempre viva e deve ad ogni costo essere scongiurata, per salvaguardare il futuro e le nuove generazioni dal pericolo di una apocalisse globale mai sperimentata nella storia.