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La letizia dell'imperfezione

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Son sfilacce di garzolino, bendaggi mummifici quelli in bellavista alla galleria Faber. Sono squarci dell’animo, viscere eviscerate, nodi & snodi interiori quelli che Giulia Spernazza mette in mostra. Negli spazi essenziali della galleria par quasi d’essere in un qualche altrove fatto di vuoti e vedute, orizzonti aperti. Con Vulnerabile l’artista romana, forte dei trascorsi al Musa di Salò, torna nel luogo da cui è partita, tre anni fa, con una personale che vuol mettere in evidenza il lato oscuro dell’essere. Quella parte nascosta, a noi stessi prima che agli altri, dove ferite e paure sguazzano beate. Tirarle fuori, queste magagne. Sbendare, sviscerare i tremori nascosti e metterli in piazza. Grattar via le imperfezioni dell’anima, come se il corpo fosse opera d’arte da restituire alla purezza del vivere, depurato dagl’infognamenti del vissuto. Una bella rogna.

Dai blocchi d’abbrivio, quasi spezzoni piramidali franati all’ingresso, bende e paure si disvelano viavia, a mettere a nudo paure emozioni. Dal grigiosporco all’ocra, al bianco dei sentimenti. Un lento districarsi via via più leggero e faceto, trasparente e giocoso. Se l’intelligenza oggi dominante non è più intellettuale e tantomeno sociale ma empatica, il sapersi mettere in relazione con gli altri, senza temere di rendere manifeste le proprie fragilità, Spernazza mostra una possibile via.

Un tao nella selva oscura dell’oggi, tanto per restare dalle parti del poeta che per l’altrui calle masticò pane e sale, di cui si ciancia nel settecentenario. Tanto più scura in tempi di covid e paure esplose come allergie a primavera, intelligenze azzerate dal cancan mediatico e dall’ignavia. Eccolo allora l’invito di Giulia. Imparare a districarsi nella selva, senza manco un Virgilio che ci compagni. Rendersi trasparenti, come l’ultime opere dove la carta emerge dalla paraffina, sboccia a vita nuova. Una bella sfida.

Insomma, se l’essere vulnerabili non è più roba per damigelle, da cui fuggire, lo snodo è alzare lo sguardo sul pozzo nero che ogni tanto tracima da noi, saperci convivere senza sguazzarci. E, magari, imparare giorno dopo giorno a sorriderne, a buttar via la rena che ci appesantisce come sacchi da mongolfiera e a volare, senza temere di sbattere il grugno. Saper superare sé stessi, i limiti che noi, prima che la vita, ci diamo. Eccolo infine, l’approdo. Che altro non è se non la perfetta letizia di francescana memoria. Una bella scommessa.

Giulia Spernazza, Vulnerabile, fino al 4 dicembre, galleria Faber, via dei Banchi Vecchi 31, Roma. Info

Source: agi


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