Brano tratto dal romanzo “Il colletto rivoltato” di Ettore Minniti
Le campane suonavano con tanta forza che sembravano quasi staccarsi dai loro supporti. Era la Festa di Pasqua! La Chiesa festeggiava la resurrezione di Gesù Cristo. Gli amici, con il vestito nuovo, comprato come sempre per l’occasione, facevano sfoggio di eleganza, mentre le ragazze con i loro foulard di seta facevano capolino dalla sagrestia della Chiesa, dove il parroco esultava di una gioia autentica e irrefrenabile per la buona riuscita della festa e per le tante offerte che i fedeli avevano versato, con la speranza di essere ricompensati dal buon Dio nella stessa misura. Che giornata quella!
La Giunta e la Spartenza si svolgevano in un mare di folla stipata nella piazza e brulicante lungo i 142 gradini della scalinata monumentale di Santa Maria del Monte (a Caltagirone in provincia di Catania).
L’enorme statua di S. Pietro, alta tre metri, muoveva in continuazione la testa, sembrava oscillare e quasi cadere sulla gente. Era così alta che metteva soggezione. Cercava disperatamente Maria, doveva annunciarle che suo figlio era risorto. La trovava nei pressi di piazza Municipio, ai piedi della scalinata; e tutti a gridare, sempre più forte: “Viva Maria!”.
San Pietro si chinava tre volte in segno di riverenza e le annunciava la lieta novella. Maria era avvolta nel suo manto nero, in segno di lutto. San Pietro, dopo l’annuncio, correva all’indietro per incontrare il simulacro di Cristo Risorto, che si trova fra due giudei, chiamati Cicchittu e Nancittu. Il manto rosso del Santo, gonfiato dal vento, cadeva; e davanti al Risorto, fra altri inchini, ancora una volta, a squarciagola, tutti a gridare: “Viva Maria!”.
Così avviene l’incontro tra Gesù e Maria, con quest’ultima che s’inchina tre volte davanti al figlio; apre le braccia in segno di devozione, mentre le cade il manto nero. La gente torna a gridare: “Viva Maria!”, “Viva Maria”, “Viva Maria!”
Questa è la Giunta, in altre parole l’incontro. Più tardi, dopo un breve cammino, insieme per le vie del centro storico, avviene la Spartenza, in altre parole il commiato, la separazione.
Il simulacro di Gesù usciva dal portone principale accompagnato dal suono disarmonico della banda musicale del paese, seguito da Maria che era accolta da un lancio festoso di palloncini, da colombe messaggere di pace e dal ben orchestrato scoppio di bombe, mortaretti e fuochi d’artificio, che avevano l’orgoglio di durate per ben mezzora, minuto più minuto meno.
Il sole all’orizzonte si era fermato e non aveva intenzione di oltrepassare l’ultima linea che divide il pomeriggio dalla sera, creando uno scenario di colori indescrivibili: il rosso vermiglio e il giallo ocra del sole, l’azzurro e il blu del mare, le varie sfumature di grigio sulla volta celeste. È questo il momento in cui i morti si sono pentiti di aver lasciato la terra.
Da lontano si poteva sentire il suono di voci umane che, attraverso gli altoparlanti, megafoni e casse sonore, strillavano le loro voci. La giornata stava per finire con l’ascolto di un cantante in auge, per dimostrare che i soldi raccolti erano stati spesi bene dal parroco o dalla commissione in tal senso nominata, e tacitare le immancabili malelingue, supercritiche, che avevano sempre da ridire sulla bontà di ogni singola spesa effettuata.