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La foresta amazzonica è vicina al punto di non ritorno

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Il riscaldamento globale potrebbe influire con precipitazioni regionali e deforestazione, spingendola verso un collasso parziale o totale

AGI – Il riscaldamento globale potrebbe influire con precipitazioni regionali e deforestazione in Amazzonia, spingendola verso un collasso parziale o totale. A lanciare l’allarme una ricerca condotta dall’Università Federale di Santa Catarina in Brasile, in collaborazione con gli scienziati dell’Università di Birmingham, pubblicata su Nature. Lo studio ha identificato le potenziali soglie di questi fattori di stress, mostrando come i loro effetti combinati potrebbero portare la foresta amazzonica a un punto di non ritorno, in cui la foresta diventerebbe cosi’ fragile che un anche il più piccolo disturbo potrebbe causare un brusco cambiamento nello stato dell’ecosistema. Gli autori sperano che, comprendendo i principali fattori di stress per l’ambiente della foresta pluviale, si possano sviluppare vie per mantenere la foresta amazzonica resiliente.
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“Le perturbazioni composte sono sempre più comuni all’interno del nucleo dell’Amazzonia; se questi disturbi agiscono in sinergia, potremmo osservare transizioni ecosistemiche inaspettate in aree precedentemente considerate resilienti, come le foreste umide dell’Amazzonia occidentale e centrale”, ha detto Bernardo Flores, dell’Università di Santa Catarina e autore principale.
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Fra i possibili stravolgimenti dell’ecosistema potrebbe verificarsi gli scenari di una foresta in grado di riprendersi, ma ancora intrappolata in uno stato di degrado e dominata da piante opportunistiche come bambù e viti, oppure di una foresta che non riesce a rialzarsi e rimane imprigionata in uno stato di chioma aperta e infiammabile. I risultati della ricerca sono importanti per il ruolo vitale che l’Amazzonia svolge nel sistema climatico globale. Ad esempio, gli alberi amazzonici immagazzinano enormi quantità di carbonio che, se rilasciate, potrebbero accelerare il riscaldamento globale. Studi precedenti hanno dimostrato che l’Amazzonia ha temporaneamente agito come un serbatoio di carbonio durante la siccità del 2015.
“Abbiamo le prove che dimostrano che l’aumento delle temperature, le siccità estreme e gli incendi possono influenzare il funzionamento delle foreste e modificare le specie arboree che hanno la funzione di arricchire il sistema forestale”, ha dichiarato Adriane Esquivel-Muelbert, dell’Istituto di ricerca forestale di Birmingham e coautrice dello studio. Con il cambiamento climatico globale, che ha raggiunto livelli di velocità mai rilevati prima, e’ sempre più probabile che si assista a cicli di risposte positive, in cui, anziché essere in grado di ripararsi, la perdita di foreste si auto-rinforza”, ha continuato Esquivel-Muelbert. Lo studio ha anche esaminato il ruolo della biodiversità e delle comunità locali nel plasmare la resilienza della foresta amazzonica. I ricercatori sostengono che il successo degli approcci dipenderà da una combinazione di sforzi locali, tra cui, in primo luogo, la cooperazione tra i Paesi amazzonici per porre fine alla deforestazione in favore del ripristino, e globali, tra cui, fermare le emissioni di gas serra per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Durante la recente Conferenza sul clima COP28, la squadra di scienziati ha pubblicato una serie di documenti politici che illustrano le misure che le organizzazioni locali, regionali e globali devono adottare per evitare che l’Amazzonia raggiunga un punto critico di non ritorno