Nuove restrizioni nella provincia nord-orientale cinese dello Heilongjiang, e soprattutto nel suo capoluogo Harbin. È l’ultimo segnale che la paura del coronavirus non è ancora passata in Cina, nonostante gli ultimi dati ufficiali appaiano incoraggianti. Mentre Wuhan torna lentamente alla normalità, tra molte cautele e rigidi controlli sanitari imposti prima della fine dei 76 giorni di lockdown, Harbin, dove vivono circa dieci milioni di abitanti, ha ordinato nuove restrizioni ai movimenti, vietando l’ingresso nelle aree residenziali ai non residenti e ai veicoli non registrati nella città.
Il giro di vite nello Heilongjiang è stato parzialmente allentato oggi, con la decisione di riaprire al traffico le arterie autostradali della provincia che conta 540 casi accertati di contagio dall’inizio dell’epidemia e oltre 380 casi provenienti dall’estero. Il capoluogo della regione si aggiunge all’elenco di città o di aree sottoposte a restrizioni per il timore di un ritorno dell’epidemia: una di queste nelle scorse settimane era stata la contea di Jia, nella provincia dello Henan, confinante con lo Hubei, dove si trova Wuhan, dopo l’emergere di un focolaio riconducibile a un medico che aveva prestato servizio nella città da cui si è diffusa l’epidemia.
Più recentemente, a finire nel mirino delle autorità sanitarie è stata, Pechino, e in particolare il popoloso distretto di Chaoyang, dove si registra il numero più alto di contagi nella capitale, 75. I vertici del Partito Comunista Cinese sottolineano spesso nei comunicati ufficiali l’importanza che l’epidemia non riemerga nella capitale, e il distretto orientale della città è stato dichiarato “ad alto rischio” per l’alto numero di persone che hanno contratto il virus (superiore a cinquanta) e per la presenza di un nuovo caso di contagio nelle ultime due settimane (risalente al 14 aprile).
Per la prima volta da quando il numero di malati e morti ha cominciato a crescere, in Cina sono meno di mille le persone (959) ancora ricoverate nelle strutture ospedaliere, e per l’ottavo giorno consecutivo non si sono registrate vittime. In più, ha detto il portavoce della Commissione Nazionale per la Sanità, Mi Feng, oltre la metà dei malati provenienti dall’estero sono stati dimessi dagli ospedali dopo la guarigione.
Per prevenire il ritorno dell’epidemia in un momento in cui la Cina si appresta a tornare alla normalità, con molti studenti che rientreranno in aula a partire da lunedì prossimo, il Consiglio di Stato, il governo presieduto dal premier Li Keqiang, ha chiesto di effettuare i test “su larga scala”: nel mirino ci sono soprattutto cittadini che provengono da aree ad alto rischio e dall’estero, e gli ospedali, dove piu’ alto e’ il rischio che emergano nuovi focolai.
A Shanghai, proprio in vista della ripresa dell’attività e della riapertura delle scuole, il test è da oggi disponibile per chiunque lo richieda: la municipalità ha pubblicato un elenco di 33 ospedali e 17 altre strutture dove, pagando, sarà possibile sottoporsi al test dell’acido nucleico.
Vedi: La Cina prosegue verso la normalità, tra lockdown e allentamenti
Fonte: estero agi