AGI – Hanno vinto gli alleati. Ancora una volta Stati Uniti e Regno Unito hanno messo il loro sigillo sulle pagine della Storia. Il primo vaccino è americano, il primo Paese che lo ha reso disponibile alla popolazione è l’Inghilterra. Settantacinque anni dopo, l’Anglosfera vince un’altra guerra mondiale, quella contro la pandemia. Washington e Londra portano la torcia della speranza, perché dove ci sono democrazia e libertà, mercato e competizione, la ricerca scientifica si sposa con l’industria e l’azione politica.
Il programma Warp Speed varato dall’amministrazione Trump ha lasciato una grande eredità: due vaccini Made in America. L’impegno del governo inglese, il sapere di Oxford, daranno all’Europa il terzo vaccino, quello di AstraZeneca. Altri ne arriveranno, in tutto il mondo, ma questo primato dell’Occidente ha un grande significato, è il preludio per cominciare bene quello che sarà l’anno della ripresa, il 2021.
Guardiamo la parabola del virus: si è mosso da Oriente a Occidente, ha viaggiato con i mezzi della globalizzazione, ha continuato il suo percorso da Nord a Sud, seguendo le rotte commerciali. Nato in Cina, nel dominio della dittatura del partito unico, è migrato dove c’è il mercato, fino a stravolgere la storia della più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti d’America.
Il virus è un nemico prima di tutto del mondo libero. Dove ci sono grandi comunità si propaga rapidamente, spezzando i legami reticolari delle metropoli. Nei piccoli villaggi semina lo smarrimento di chi si sentiva protetto dal guscio dell’isolamento. Non c’è paradiso in Terra. Ricordiamo che la Cina informò ufficialmente l’Oms sull’esistenza del virus il 31 dicembre del 2019.
Da allora è iniziata una corsa nei laboratori di tutto il mondo. I cinesi hanno giocato tutte le loro carte sul tavolo da poker della geopolitica, sono usciti dalla crisi meglio di tutti (quella di Pechino sarà l’unica economia con il segno positivo nel 2020), si sono mossi con spregiudicatezza. Gli Stati Uniti hanno risposto in maniera erratica in uno scenario unico (328 milioni di abitanti, 50 Stati, una corsa presidenziale da dragster, una crisi economica da lockdown senza precedenti) hanno varato il programma Warp Speed, sono arrivati primi. Il risultato e’ stato centrato dall’amministrazione di Donald Trump, il beneficio sarà colto da quella di Joe Biden. Quello che conta è che l’umanità vede improvvisamente la luce in fondo al tunnel. E ci hanno salvato, ancora una volta, gli americani.
Ci hanno provato tutti, a conquistare l’arma geopolitica più grande del momento, la Russia ha perfino rispolverato l’epica prima corsa nello spazio, battezzando “Sputnik” il suo vaccino. Nel 1957 andò in orbita e fu uno shock per gli americani, di quello del 2020 si sono perse le tracce nell’iperspazio.
L’importanza geopolitica del vaccino americano e lo scatto inglese sono i bagliori che vediamo sulla mappa del risiko in corso: il nuovo ordine mondiale del coronavirus. Fu Henry Kissinger, all’inizio del contagio, a cogliere con fulminante lucidità quello che stava accadendo, un’accelerazione dei processi in corso – l’ascesa rutilante della Cina, il declino del Secolo Americano, la difficile avventura dell’Europa in cerca d’autore – e un riposizionamento dei pezzi sulla scacchiera, un vorticoso gioco dove non esistono schemi fissi.
C’è chi legge la mossa inglese come un prequel della Brexit: la scelta sovrana dell’autorità sanitaria (in realtà il via libera autonomo di Nhs in questa fase è giunto per ragioni di emergenza, previste dagli accordi ancora esistenti tra UK e EU fino al 31 dicembre), in anticipo rispetto all’Ema, l’organismo europeo alla quale sono vincolati gli Stati membri, e l’acquisto di 357 milioni di dosi di sette vaccini diversi.
L’uscita dalla crisi è una questione di tempismo. Conclusa la corsa della scienza, c’è quella dell’organizzazione della vaccinazione di massa. Tema logistico per il quale bisogna giocare d’anticipo. Chi ha acquistato prima e si è assicurato le forniture, chi ha (pre)disposto il trasporto, la conservazione e il flusso di distribuzione è in vantaggio.
C’è anche un altro orologio che corre, quello della concorrenza globale, in questo campo chi vaccina per primo accelera l’uscita dall’emergenza, riapre l’economia. A che punto siamo? La fine della pandemia è piuùvicina di quanto si immagini. Siamo di fronte a uno straordinario risultato, realizzare un farmaco efficace in meno di un anno è un’impresa destinata a cambiare la storia dell’umanità con un nuovo standard del “ciclo dei vaccini”.
Sono fatti destinati a migliorare le aspettative di vita e accelerare una nuova fase nella ricerca e nell’industria. Il primato nella scienza è intimamente legato alla politica di potenza, dominare l’innovazione significa esercitare l’intelligenza sull’energia, le reti, il biotech, la fisica applicata, l’esplorazione spaziale. I grandi eserciti senza sapere perdono, la forza demografica senza salute è una rovina, il cibo senza sicurezza è un’arma di distruzione di massa. Per questo gli Stati Uniti e il Regno Unito saranno ancora forze egemoni, custodiscono il sapere e lo rinnovano, hanno le università che dialogano con l’industria, sposano la purezza della speculazione scientifico-filosofica con la tradizione culturale del pragmatismo. Hanno mostrato limiti, fatto grandi errori, ma l’esito finale è davanti agli occhi di tutti: il timone, la mappa e la bussola sono ancora sul veliero dell’Occidente.
La fine dell’incertezza sul piano scientifico coincide con una violenta seconda ondata del Covid-19. Siamo immersi in uno scena del Macbeth, tra la luce e il buio, nel limbo shakespeariano in cui nessuno dei due ancora ha prevalso, le tenebre del virus e la torcia del farmaco. Ma la via è segnata, la battaglia sarà vinta, e’ solo una questione di sabbia nella clessidra. Lo sviluppo del vaccino ci ha confermato che viviamo tempi compressi e accelerati.
La seconda ondata è una prova da superare con la consapevolezza che stiamo per uscire dalla crisi, ma in Italia il dibattito pubblico appare cupo, intriso di rancore, manca completamente la parte dell’Homo Faber, la realizzazione dell’impresa, il racconto del domani, un ottimismo temperato dai fatti e forgiato dall’esperienza. È là, a portata di mano, sta arrivando. Il virus si è diffuso grazie alle forze della globalizzazione e il paradosso è che ha frenato proprio il processo di espansione e connessione, a cominciare dai mercati.
Il Covid-19 ha surfato sui network della contemporaneità, spezzandoli. Ha quasi distrutto il trasporto aereo e quello terrestre, messo in ginocchio l’industria del turismo e del tempo libero (che abbiamo scoperto non essere affatto un “tempo liberato”), cambiato gli stili di consumo, spinto la digitalizzazione del commercio, favorito gli oligopoli della Rete, chiuso il sistema educativo a tutti i livelli con conseguenze inimmaginabili sulle generazioni future. Il vaccino riaprirà il mondo, il videogame dell’umanità ha cambiato schermata, è arrivata la cavalleria della scienza, sventola bandiere che ci ricordano chi siamo e qual è il nostro destino: Stars and Stripes e Union Jack.
Il 2021 sarà l’anno del “new normal” e non del ritorno al passato. Non c’è il tasto reset che riporta il software alla condizione originaria. Non ci sarà un come prima più di prima. Il mondo nel 2020 è stato profondamente riprogrammato. L’impatto del coronavirus ha accelerato alcuni processi in corso, ne ha rallentato o fermato altri. Interi mercati e settori economici ne escono ridisegnati. Sul piano della psicologia delle masse, niente è come prima, la radiografia dell’individuo ne esce sconvolta. Non saremo migliori o peggiori, saremo diversi.
Vedi: La cavalleria della scienza e il primato dell'Anglosfera
Fonte: estero agi