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La carenza di chip: un freno per l'auto (e non solo)

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AGI – Il settore auto è ancora alla prese con la carenza mondiale di microchip e semiconduttori, che sta bloccando la produzione in diversi stabilimenti delle compagnie, a partire da alcuni impianti di Stellantis nel Nord America. Il gruppo, nelle prossime settimane, fermerà le linee a Jefferson North, a Detroit, a Belvidere, in Illinois, a Windosor, in Ontario, e a Toluca, in Messico, mentre riprenderà a far lavorare altri due impianti, uno in Michigan e uno in Ohio.

L’impatto sui mercati

I riflessi di queste difficoltà si fanno sentire anche sulle Borse di tutta Europa, dove i titoli dei produttori sono in calo: Stellantis, a metà seduta, perde l’1,19%, Renault il 2,98% e Bmw l’1,34%; solo Daimler, forte di risultati preliminari del secondo trimestre sopra le attese, limita i danni e lascia sul terreno lo 0,39%. A frenare il comparto sono anche i dubbi sulla consistenza della ripresa e sul possibile impatto delle varianti del Covid sulla ripartenza. I problemi globali di approvvigionamento di semiconduttori non riguardano però soltanto il comparto automobilistico, ma anche le aziende collegate, come TomTom, il gruppo olandese famoso per i propri navigatori satellitari, che ha tagliato l’outlook sul 2021 proprio per questo motivo.

“Quando abbiamo pubblicato la nostra guidance all’inizio di quest’anno, sapevamo di dover tenere in conto la carenza di semiconduttori, ma è molto difficile capire quando la parte peggiore è finita e si comincia a vedere una ripresa”, ha detto a Reuters il capo della divisione finanziaria Taco Titulaer in un’intervista. Il manager si aspetta che la normalizzazione delle forniture arrivi verso la fine dell’anno, con miglioramenti già nel terzo trimestre.

Le mosse dei big della tecnologia

Nel mondo dei semiconduttori, al tempo stesso, c’è chi si sta muovendo con forza per superare questa fase di saturazione della capacità produttiva rispetto alle richieste del mercato. Taiwan Semiconductor Manufacturing (Tsmc) ha annunciato l’intenzione di costruire nuovi stabilimenti negli Usa e in Giappone per fronteggiare la maggior richiesta dei chip necessari per gli smartphones, per i pc e per le auto. Il gruppo, che è ad esempio fra i principali fornitori di Apple, aumenterà la propria capacità produttiva e non ha escluso una seconda fase di espansione della propria fabbrica da 12 miliardi di dollari in Arizona, mentre in Giappone sta lavorando a un piano per un ‘wafer’ con tecnologie speciali. 

Stiamo espandendo la nostra presenza globale nella manifattura di microchip per sostenere e incrementare il nostro vantaggio competitivo nele per servire meglio i nostri clienti in un nuovo scenario geopolitico”, ha sottolineato il presidente del gruppo, Mark Liu. “È un tema di ciclicità del business“, fa notare un esperto di settore.

Operazioni ad alto investimento

“Il mercato dei semiconduttori non ha mai avuto, dagli anni 60 ad oggi, una crescita lineare, ma, per diversi motivi, è sempre cresciuto a ‘dente di sega’. Costruire una fabbrica costa molto e quindi le aziende procedono con questi investimenti quando c’è carenza, perché si tratta di operazioni ad alto investimento di capitale, con 1 dollaro investito per 1 dollaro di fatturato annuo. Fra un paio d’anni avremo un eccesso di capacità finché il mercato non riuscirà ad assorbire la potenza di fuoco dei nuovi stabilimenti”. Quello della carenza di chip è un tema che interessa l’industria automobilistica di tutto il mondo, compresa quella cinese.

Secondo quanto ha riportato Reuters, infatti, un portavoce dell’ufficio statistico del Paese ha spiegato che la crescita del settore auto potrebbe essere frenata dalla mancanza di semiconduttori. Sul fronte europeo, invece, il tema che si innesta sulle altre rivoluzioni che il comparto sta vivendo, comprese quelle legate alla transizione energetica, a partire dal piano verde della Commissione europea presentato ieri, che prevede lo stop alle vendite in Europa di auto diesel e benzina dal 2035.

“I principali paesi coinvolti nella produzione di auto (Francia e Germania) hanno già chiesto un posticipo al 2040. Tutti i produttori si stanno già attrezzando per la transizione all`elettrico anche se 5 anni di tempo in più sarebbero di indubbio aiuto per rendere meno traumatica la transizione”, spiegano gli esperti di Equita, che sottolineano anche come il piano Ue preveda anche investimenti per il potenziamento della rete delle colonnine di ricarica che agevolerà la transizione all`elettrico. “Il nuovo piano ha risvolti positivi per le società fortemente esposte all`elettrificazione delle auto come Infineon e Stm (semiconduttori) e Umicore (materiali per batterie EV)”, aggiungono gli analisti della banca d’investimento.

Source: agi


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