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La buoncostume del pensiero

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MARIO SECHI

Certi fenomeni si svelano spesso attraverso segnali deboli, episodi minimi che non sembrano avere in fondo gran significato. Due sono accaduti nelle ultime ore, vediamoli.
1. Giuliano Amato (classe 1938) è finito impigliato nelle sue contraddizioni: non puoi gridare al pericolo per la democrazia e accettare un incarico dai golpisti. Con una domanda di Libero nella conferenza stampa di fine anno e una risposta secca di Giorgia Meloni, il gioco del paraguru è terminato e Amato si è dimesso dalla presidenza della Commissione Algoritmi. Il governo al suo posto ha nominato Paolo Benanti (classe 1973), teologo, terziario di San Francesco. Segue valanga di reazioni del progressista-so-tutto-io, si va dal “ma come? Un frate!” a l’Intelligenza Artificiale non è materia per uno che crede in Dio, la scelta è un colpo di mano della destra nera vaticana.
2. Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, propone una targa per ricordare Antonio Gramsci nel luogo dove morì, la clinica Quisisana a Roma. Il Pd romano non può che esser favorevole, ma tra gli intellò custodi del progresso l’idea che il perfido Sangiuliano, un conservatore (che per soprammercato sa pure leggere e scrivere, fatto inaudito e pericoloso), si lanci in questa operazione di “appropriazione” – questa è la parola usata su La Stampa da Massimiliano Panarari – è qualcosa che va contrastato perché è uno sfregio, uno “scippo”, un “furto con destrezza”.
Cosa rivelano queste due spigolature sullo stato della cultura e della politica? Che la sinistra italiana è dogmatica, bacchettona, anti-spirituale, ignorante e intellettualmente disonesta, sprofondata in una crisi che la fa oscillare tra i grandi temi del Cinepandoro della Ferragni e il Cinepanettone dei Fratelli Vanzina. Nei giorni scorsi la sgangherata buoncostume del pensiero ha alzato il sopracciglio e sentenziato sull’inadeguatezza della classe dirigente della destra (che ha i suoi problemi, come tutti i partiti in tutto l’Occidente), impaginando articolesse pensose dove il tono era quello del giro di tartine con i bicchieri che tintinnano, “che orrore, signora mia, i barbari!”. Sono fenomeni, si capisce, hanno il dono della superiorità antropologica, sono la specie dominatrice sul pianeta della politica e della cultura, tutti gli altri sono dei bifolchi che non hanno letto i libri giusti e, santi numi, non sanno usare le posate a tavola e si macchiano regolarmente le giacche di sugo.
Con queste faville filosofiche, ai benpensanti delle progressive sorti di Capalbio, (…)
(…) ora trasferiti a Courmayeur con puntate di neve a Sankt Moritz, è sfuggito qualcosa. Cosa? Intanto dovrebbero rileggere Ennio Flaiano, almeno per imparare a sorridere, scoprire l’umorismo e specchiarsi in una sua folgorante rivelazione: “Oggi il cretino è pieno di idee”. Poi potrebbero dare una sbirciatina alla biografia del Benanti, perché quel “frate” che non piace ai tecno-idioti della Rete è un eccezionale esploratore del rapporto tra uomo e tecnica, è il consigliere di Papa Francesco sui temi dell’Intelligenza Artificiale, è uno dei 39 esperti del consiglio delle Nazioni Unite che si occupa della materia. Troppo qualificato per essere investito dalla destra, chiaro.
Quanto allo spericolato Sangiuliano e all’orrore dei “fascisti” che si permettono di ricordare Gramsci con una targa e perfino di nominarlo, si tratta di una storia che alla sinistra sfugge per manifesta incapacità: è una questione di libertà di pensiero, di dibattito senza steccati ideologici, di qualche lettura alternativa che se fai politica devi coltivare. D’altronde, i progressisti così colti, eleganti, con i tomi tutti in ordine sulla libreria del salotto di design, loro non ne hanno bisogno, sono pieni di fenomeni, hanno una classe dirigente eccezionale, che non sbaglia mai, tanto pura che ti epura ogni volta che va al governo.
Questo palese vantaggio competitivo della sinistra è mitologico e come spesso capita ai miti, succede che cadono. Abbiamo impaginato su Libero le prodezze biografiche di alcuni fenomeni. C’è da piangere, ma soprattutto c’è molto da ridere. Che fenomeni.

Fonte: Libero