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La Bulgaria torna alle urne. È duello Borisov-Trifonov

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AGI – Domenica 11 luglio la Bulgaria torna alle urne per elezioni legislative anticipate che si preannunciano come un braccio di ferro tra il veterano della politica, il conservatore Boyko Borisov, e il ‘novellino’, il popolare anchorman e cantante Stanislav Trifonov, anche se nessuno dei due si è presentato come candidato ufficiale alla guida del governo.

Dopo la situazione di stallo e le ambiguità politica scaturite dalle ultime elezioni legislative del 4 aprile, con Borisov impossibilitato a formare una coalizione di governo nonostante la vittoria del suo partito Gerb, il presidente Rumen Radev è stato costretto a sciogliere l’assemblea parlamentare appena formata.

Già il 12 maggio ha indetto nuove elezioni per l’11 luglio e nominato un esecutivo tecnico guidato dal generale Stefan Yanev, tagliando del tutto fuori il longevo Borisov. Il voto di domenica, cruciale per far uscire dall’impasse istituzionale il Paese più povero e corrotto d’Europa, potrebbe vedere la vittoria dei partiti di protesta anti-élite, in posizione di vantaggio alle ultime legislative.

Tra le forze anti-sistema che bussano alla porta del potere, c’è soprattutto il nuovo gruppo populista in rapida ascesa, “C’è un popolo come questo” (Ima takouv narod, Itn), guidato dal famoso conduttore di talk show dalla lingua tagliente e critico di Borisov, Trifonov, che alle ultime votazioni ha ottenuto il 17,4% dei consensi, quindi 51 seggi sui 240 in palio, affermandosi come la seconda forza politica in Bulgaria.

Cosa dicono le ultime rilevazioni

Negli ultimi sondaggi colui che viene chiamato affettuosamente ‘Slavi’, 56enne popolare cantante di musica balcanica, anche lui populista, pur essendo pro-Ue e iconoclasta, è dato in vantaggio oppure a pochi voti da Borisov e dal suo partito di centro-destra Gerb (Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria), uscito dalle urne lo scorso aprile col 26% dei consensi – contro 34% nel 2009 – e da allora in costante calo, dato ora non oltre il 20%.

Ad aver eroso la fiducia in Gerb e nel suo leader Borisov – al potere quasi ininterrottamente da quasi un decennio – ci sono accuse di autoritarismo e soprattutto una serie di scandali di corruzione in tutte le istituzioni. Si tratta di un vero vaso di Pandora che si è aperto a partire dall’estate 2020 – segnata da proteste popolari su vasta scala contro un governo accusato di proteggere gli oligarchi – con rivelazioni a catena dall’uscita di scena di Borisov due mesi fa.

La corruzione endemica, da anni spina nel fianco della Bulgaria, 7 milioni di abitanti, è stata uno dei temi centrali dell’accesa campagna elettorale portata avanti con grande intensità anche sui social, in particolare da ‘Slavi’.  In risposta alle pesanti accuse di corruzione, populismo e autoritarismo, Borisov controbatte con orgoglio di essere il politico che dalla caduta del comunismo nel 1989 ha maggiormente contribuito allo sviluppo dell’economia, delle finanze e delle infrastrutture della Bulgaria.

A chi intravede la possibilità di un’alleanza con Gerb, i vertici di “C’è un popolo come questo” hanno già replicato che rifiuteranno di stringere alleanze con i partiti tradizionali, col rischio che una nuova assenza di coalizione – stesso scenario di tre mesi fa – impedisca ancora una volta la formazione di un governo.

“Gli altri partiti anti-sistema sono forse disposti a mettersi d’accordo con le formazioni dell’establishment, che sia il centro-destra di Gerb oppure il partito socialista. Non sarà il nostro caso: nessun avvicinamento ai partiti tradizionali” ha detto Toshlo Yordanov, vice-presidente di Itn.

Ricostruzione del sistema giudiziario, destituzione del potente e controverso procuratore generale, Ivan Geshev, accusato di chiudere un occhio sul vasto sistema di corruzione di Stato, passaggio ad un sistema elettorale maggioritario, voto elettronico e taglio dei finanziamenti ai partiti sono alcuni dei punti del suo programma che il popolare anchorman bulgaro difende a spada tratta.

Domenica ‘Slavi’ si misurerà anche con la coalizione di destra Bulgaria Democratica – il cui leader Hristo Ivanov ha incoraggiato le proteste dell’anno scorso – e la coalizione di sinistra Stand up! Mafia fuori!, vicina al presidente bulgaro Radev.

Dietro c’è il partito della minoranza turca, il Movimento per i diritti e le libertà (Dps), un tradizionale kingmaker, a quota 11% dopo l’ultimo voto. Infine in coda c’è l’ex partner di coalizione di governo del Gerb, il partito nazionalista Vmro, uscito dalle urne con il 4%, ovvero la soglia di sbarramento per ottenere seggi in Parlamento.

Premesse e scenari

Tra gli eventi importanti accaduti negli ultimi tre mesi che potrebbero portare i 6,7 milioni di elettori bulgari a voltare pagina sull’era Borisov e sul Gerb per scegliere la via del cambiamento e della transizione politica, ci sono le imbarazzanti rivelazioni sul sistema di potere radicatosi in quasi tutte le sfere della pubblica amministrazione.

Una specie di ‘sistema di potere parallelo’ costruito dall’ex primo ministro durante l’ultimo decennio sia all’interno dei ministeri che dei governatori regionali passando per le agenzie governative, nelle quali il nuovo governo tecnico di Yanev ha operato importanti sostituzioni di funzionari, con grande favore della popolazione, stanca e sfiduciata.

A pochi giorni dal nuovo voto, l’opinione pubblica bulgara è stata particolarmente scossa dalla notizia che un importante ospedale pubblico di Sofia vendeva reni a ricchi stranieri israeliani, giapponesi e dell’Oman, in un maxi traffico d’organi prelevati su cittadini ucraini e moldavi residenti del Paese.

Un altro fattore di grande peso che ha interferito nella campagna elettorale e negli equilibri di potere interni è stata la decisione del dipartimento del Tesoro Usa di imporre sanzioni a sei cittadini bulgari.

Un provvedimento, arrivato lo scorso 3 giugno e accolto a Sofia come un terremoto, che riguarda tra gli altri due protagonisti assoluti della vita politica ed economica in Bulgaria: l’ex deputato del partito pro-turco Dps e tycoon mediatico Delyan Peevski e l’oligarca in fuga Vasil Bozhkov, soprannominato Teschio, per decenni quasi-monopolista del gioco d’azzardo.

Washington ha varato tale provvedimento in forza della “legge Magnitsky”, che colpisce a livello globale individui sospettati di violare diritti umani o di alimentare imponenti pratiche corruttive. A tutti i sanzionati è vietato l’ingresso negli Stati Uniti, mentre le loro proprietà e attività su suolo americano sono state congelate.

Anche se il dipartimento del Tesoro americano ha smentito ogni connessione tra la propria decisione e la confusa situazione politica in Bulgaria, l’eco della “Magnitsky” e il prossimo invio da parte dell’Ue di una missione di verifica lasciano intravedere il tramonto politico dell’ex premier Borisov in uno scenario comunque incerto.

Source: agi


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