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Umanista, teologo e pedago¬gista spagnolo (Valencia 1492 – Bruges 1540). Dopo lo studio delle lettere a Parigi, divenne prof. nelle univv. di Lovanio e di Oxford (1523). Caduto in disgrazia presso la corte inglese, tornò a Bruges (1529), dove era già stato da giovane, e vi rimase fino alla morte. Fu in contatto costante con umanisti quali Erasmo e More. Tra le sue opere si distingue il trattato De disciplinis (1531; in tre parti: De causis corruptarum artium, De tradendis disciplinis, De artibus); scrisse inoltre il De ratione studii puerilis (1523), l’Introductio ad veram sapientiam, item satellitium animi (1532); Rhetoricae, sive de ratione dicendi libri tres (1537); De anima et vita (1538); De veritate fidei christianae (1543). V. è uno dei maggiori rappresentanti della nuova cultura umanistica: vigorosa la sua polemica contro l’aristotelismo, accusato di promuovere una cultura non solo dogmatica, ma vuota perché fatta di parole prive di riferimento alla realtà, donde deriverebbe il carattere meramente dialettico e astratto di tutta la filosofia in uso nelle scuole. Di qui il richiamo di V. al significato dell’esperienza che è una via alla verità se guidata dalla retta ragione in cui esistono le anticipazioni della verità (secondo una suggestione stoica legata al platonismo e all’agostinismo di V.): fine del sapere è una sapienza in cui la filosofia si unisce alla teologia e alla rivelazione. Notevoli interessi ebbe V. per i problemi educativi, connessi al generale orientamento antiaristotelico: quindi educazione a un sapere non meramente disputatorio e attenzione posta invece a una formazione dei giovani che ne rispetti e sviluppi le peculiarità individuali, le attitudini e i diversi caratteri.
prof. alle univ. di Lovanio e di Oxford (1523); caduto in disgrazia presso la corte inglese, passò a Bruges (1529). Tra i maggiori rappresentanti della nuova cultura umanistica, V. condusse una vigorosa polemica contro l’aristotelismo, accusato di promuovere una cultura non solo dogmatica, ma vuota perché fatta di parole prive di riferimento alla realtà. Di qui il richiamo di V. al significato dell’esperienza che è una via alla verità se guidata dalla retta ragione in cui esistono le anticipazioni della verità: fine del sapere è una sapienza in cui la filosofia si unisce alla teologia e alla rivelazione. Connesso all’orientamento antiaristotelico fu l’interesse di V. per i problemi educativi, volto a promuovere un sapere non meramente disputatorio e una formazione dei giovani rispettosa delle peculiarità individuali. Tra le opere: De disciplinis (1531); De anima et vita (1538); De veritate fidei christianae (1543).