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Jonas Salk, l’uomo che sconfisse la poliomielite

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Il 28 ottobre 1914 nasceva Jonas Salk, il medico che scoprì il vaccino contro la poliomielite, salvando il futuro dei bambini.

Il 28 ottobre 1914 nasceva a New York l’eroe degli Stati Uniti del secondo dopoguerra: Jonas Salk. Non era un politico, né un militare o un attore di Hollywood, ma un medico. Il suo merito? Avere scoperto il vaccino anti poliomielite, una malattia infettiva che nel secolo scorso colpiva migliaia di persone, in maggioranza bambini.

VIRUS MORTALE. Questo aspetto rendeva la malattia – chiamata anche paralisi infantile – ancora più subdola e odiosa. Il virus si annidava nelle feci, nel catarro e nella saliva. Colpiva il midollo spinale e i polmoni; in molti casi era mortale. Il marchio indelebile del suo passaggio era la deformazione e la paralisi di braccia e gambe: molti malati non erano più in grado di camminare senza stampelle o tutori in ferro.

Dall’inizio del Novecento le epidemie di poliomielite erano sempre più ravvicinate e sempre più letali, soprattutto d’estate. Il picco si verificò nei primi anni Cinquanta, quando nei soli Stati Uniti si registrano fino a 50.000 casi. Considerate le cifre, il vaccino antipolio era un’assoluta priorità dell’agenda medica del secondo dopoguerra. Ed è qui che entra in gioco Jonas Salk.

L’UOMO DEI MIRACOLI. Basta sfogliare vecchi giornali del tempo per rendersi conto dell’enorme popolarità raggiunta da Salk. La sua è una storia tutta americana: nato a New York il 28 ottobre 1914 da una coppia di emigrati russi di origini ebraiche, Salk fa della ricerca medica la sua missione.

All’ultimo anno della New York University School of Medicine Salk, il giovane Salks sceglie di lavorare nel laboratorio del dottor Thomas Francis, il medico che aveva scoperto il virus dell’influenza B. E quando Francis si trasferisce all’Università del Michigan, Salk lo segue. Nel 1943, i due riescono a mettere a punto un nuovo tipo di vaccino contro l’influenza: la novità era utilizzare un virus inattivato, anziché una forma attenuata di virus, come si preferiva fare fino a quel momento. Il programma godeva del sostegno economico dell’esercito statunitense.

Secondo i due medici questo procedimento avrebbe garantito una maggiore sicurezza: invece di causare la malattia in forma lieve, si stimolavano infatti gli anticorpi per difendere l’organismo in caso di futuri attacchi del virus. Non tutta la comunità medica però era d’accordo: il grande dibattito sui vaccini era solo all’inizio.

LA SFIDA ALLA POLIO. Salk fa tesoro delle ricerche sull’influenza, quando pochi anni dopo affronta da solo la sfida alla poliomielite.

Nel 1947 è chiamato all’Università di Pittsburgh, con il compito ambizioso di organizzare un moderno laboratorio dedicato ai virus. Ed è proprio qui che Salk inizia la sua corsa al vaccino anti polio.

Le sue ricerche attirano ben presto l’attenzione della Fondazione nazionale per la paralisi infantile, che inizia a sostenerlo con ingenti finanziamenti. Questa potente organizzazione era stata voluta da una delle vittime più celebri della poliomielite, il presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, colpito dal virus nel 1921, all’età di 39 anni.

TRE NOBEL. Durante la fase di sperimentazione, Salk può giovarsi delle ricerche di tre medici – John Enders, Thomas Weller e Frederick Robbins – che nel 1949 erano riusciti a far crescere in laboratorio il virus della poliomielite in colture con vari tipi di tessuti. Si trattava di un passo decisivo, che nel 1954 avrebbe portato i tre a vincere il Premio Nobel per la medicina.

Per produrre il suo vaccino Salk aveva ora a disposizione una scorta abbondante di virus. Da colture cellulari di rene di scimmia ottiene tre ceppi; e poi, come aveva imparato a fare insieme al suo mentore, Thomas Francis Jr., disattiva il virus con la formaldeide. I primi test con gli animali lasciavano ben sperare: le scimmie a cui Salk somministra il vaccino con il virus inattivato risultano infatti immuni alla malattia.

Nel 1952 inizia la fase di sperimentazione sugli uomini. Tra i volontari vi sono anche Salk e la sua famiglia, oltre al suo staff. Anche in questo caso, non si registrano reazioni violente al vaccino. A questo punto, mancava solo un test finale di verifica su larga scala, lanciato nel 1954 e affidato a Francis. Vengono coinvolti quasi due milioni di bambini americani di età compresa tra i sei e i nove anni: a metà – i cosiddetti “Pionieri della Polio” – viene somministrato il vaccino, all’altra metà viene dato un placebo. L’esito è positivo: il vaccino risulta sicuro ed efficace nel 90% dei casi.

L’ANNUNCIO UFFICIALE. L’annuncio ufficiale arriva il 12 aprile 1955 in una gremita conferenza stampa tenuta da Francis all’Università del Michigan di fronte a scienziati, giornalisti e telecamere. In breve tempo, Salk diventa un personaggio pubblico e popolare.Di lui e del suo vaccino parlano tutti. I giornali, le televisioni e i notiziari alla radio se lo contendono per le interviste, e sulla sua impresa l’industria di Hollywood pensa addirittura di girare un film. Salk stesso, in un’intervista rilasciata  o, riconosceva che gli americani di quegli anni ricordavano almeno due eventi: il vaccino antipolio e l’assassinio di Kennedy.

Salk era animato da un genuino spirito umanitario, che lo aveva guidato fin dall’inizio nella sua scelta di intraprendere la carriera di scienziato. Questo atteggiamento si rispecchia nella sua decisione di non brevettare il vaccino, lasciando a disposizione di tutti la sua scoperta.Poco dopo l’annuncio del 12 aprile, a un giornalista che in un’intervista televisiva gli chiedeva il perché di questa decisione, Salk risponde senza esitazioni – “Si può forse brevettare il Sole?”. Il vaccino inattivato di Salk ha permesso di salvare numerose vite. In pochi anni il suo metodo viene adottato in gran parte del mondo. La malattia subisce una significativa battuta di arresto. All’inizio degli anni Sessanta, negli Stati Uniti si registravano ormai solo alcune centinaia di casi, in confronto ai 50.000 di dieci anni prima.

ERRORI. Gli incidenti di percorso, però, non mancarono. Quello più tristemente noto è il cosiddetto “incidente Cutter”, uno dei peggiori disastri farmaceutici nella storia degli Stati Uniti. Il 24 aprile 1955, pochi giorni dopo l’entrata in produzione del vaccino di Salk, i Cutter Laboratories della California – tra le numerose compagnie che avevano ottenuto dal Governo la licenza a produrlo – misero in commercio un lotto di vaccini contaminati da virus vivo. Migliaia di bambini furono contagiati: accanto ai casi di paralisi, si registrarono purtroppo anche alcuni decessi.

 

Quello di Salk è stato il primo vaccino contro la poliomielite. Ma non è stato l’ultimo: in quegli stessi anni un altro medico, Albert Bruce Sabin, introdusse un altro tipo di vaccino.La differenza tra i due sistemi di vaccinazione? Il primo utilizzava virus inattivato, il secondo una forma attenuata di virus vivo; il primo doveva essere iniettato, il secondo era somministrato per via orale in pillole. I due medici non condividevano solo l’interesse per la poliomielite. Nato nel 1906 a Bialystok – città oggi polacca, all’epoca in Russia – anche Sabin, come Salk, aveva origini russe, e, come Salk, aveva studiato all’Università di New York.

SALK VS SABIN. Sabin era convinto che il suo vaccino fosse più efficace e più facile da somministrare rispetto all’altro. Salk, d’altra parte, pur consapevole di alcune migliorie da apportare, era convinto che il virus inattivato garantisse una sicurezza maggiore per le persone.La sua popolarità negli Stati Uniti ostacolò il test su larga scala del vaccino di Sabin, che nel 1957 decise di rivolgersi al blocco “nemico” dell’Unione Sovietica. Tre anni dopo, i risultati furono positivi: il vaccino orale entrò in produzione nel 1961, scalzando ben presto anche negli Stati Uniti il vaccino di Salk.

Quest’ultimo non garantiva un’immunità duratura, necessitava di richiami e poteva trasformare i vaccinati in portatori sani del virus.

Come sottolineò lo stesso Salk, la controversia tra lui e Sabin non era stata una semplice competizione tra scienziati, un’effimera rivalità personale, bensì una questione di principio sul metodo migliore per ottenere vaccini; un dibattito che è continuato fino a pochi anni fa.

LA SCONFITTA DELLA POLIO. Nel 1994 l’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha dichiarato scomparso in natura il virus della poliomielite – perlomeno in Occidente. La malattia permane invece in Paesi come Afghanistan, Nigeria e Pakistan. Gli unici rari casi di contagio erano una conseguenza della somministrazione del vaccino attivato di Sabin. Salk morì il 23 giugno 1995. Poco tempo dopo, gli Stati Uniti preferirono tornare al più sicuro vaccino di Salk, e anche in Italia e in Europa dal 2002 viene somministrato solo vaccino antipolio inattivato.

Dopo il successo del vaccino anti-poliomielite, Salk si appassionò a una nuova impresa, diversa, ma altrettanto ambiziosa: fondare un istituto scientifico d’eccellenza, dove medici e biologi potessero collaborare per ridisegnare il futuro dell’umanità. Il sogno prese forma nel 1963, quando a La Jolla, in California, furono ultimati i lavori di costruzione del Salk Institute for Biological Studies, ancora oggi esistente. Gli edifici affacciati sull’Oceano Pacifico furono progettati dal visionario architetto Louis Kahn, che lavorò a stretto contatto con Salk.Nell’arco di mezzo secolo, dall’Istituto sono passati i migliori cervelli della biologia del Novecento, dal Premio Nobel per la medicina Renato Dulbecco, a Francis Crick, il co-scopritore del DNA. Sotto la direzione di Salk, il centro si è dedicato a ricerche di frontiera riguardanti sclerosi multipla, cancro, e vaccino contro il virus HIV.

NOBEL NEGATO. Salk non ha mai ricevuto il Premio Nobel, ma dopo quel famoso 12 aprile 1955 godette di una popolarità eccezionale, soprattutto negli Stati Uniti. Il vaccino anti-poliomielite rappresentava in primo luogo un rilevante passo in avanti per il miglioramento delle condizioni di vita del genere umano. Il senso del lavoro di Salk è tutto racchiuso in una sua citazione, scolpita nella pietra del suo Istituto: “La speranza sta nei sogni, nell’immaginazione e nel coraggio di coloro che osano trasformare i sogni in realtà”.

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Di Elena Canadelli e Gian Mattia Bazzoli fonte@ www.focus.it/