Questo indiscusso maestro della filosofia anglosassone, celebre per l’argomentare chiaro, pulito e un po’ humorous che contraddistingue i migliori filosofi della tradizione analitica, è forse uno degli ultimi paladini del realismo ingenuo. Searle sostiene che il mondo è un ammasso di particelle con determinate proprietà in relazione tra loro e che la mente sia riducibile al cervello. Nel farlo, il filosofo ostenta una fiducia nella solidità ontologica delle spiegazioni scientifiche che non possiedono neanche gli scienziati, ma per difenderla costruisce degli esempi molto ingegnosi. Perché, ad esempio, ci stupiamo se dei neuroni che si comportano in un determinato modo generano un pensiero, e non ci meravigliamo se delle molecole messe in una certa disposizione producono un liquido? Una singola molecola non è “liquida” come un singolo neurone non è “dolore”. Suona convincente, ma si potrebbe obbiettare che una cosa è “liquida” solo in relazione a una mente che la percepisce come tale. Ma in relazione a cosa è doloroso un dolore? Il caso del liquido presuppone un soggetto, mentre quello degli stati mentali deve spiegarlo, non presupporlo. Searle è famoso anche per una tesi che pare andargli contro, l’idea che i computer non possano essere coscienti. È il noto esperimento mentale della stanza cinese: un tizio che non conosce il cinese è chiuso in uno stanzino ad assemblare ideogrammi cinesi, seguendo ciecamente delle istruzioni. All’esterno della stanza, un madrelingua cinese legge i caratteri ordinati dal recluso, e, dato che formano frasi corrette, pensa che conosca la sua lingua. Nelle parole del filosofo, «l’argomento si basa sulla semplice verità logica che la sintassi non è identica e neppure da sé sufficiente alla semantica». Potremmo però ancora chiederci cosa hanno di speciale i neuroni per evitare degli “zombie filosofici” privi di coscienza. Non avevamo detto che erano particelle che si comportano in un determinato modo? Per quale motivo non dovrebbe emergere una coscienza dalla stanza cinese, così come l’umido emerge dalle molecole e il dolore dai neuroni? Solo perché ci sembra strano? O perché le molecole sono piccole e (forse) prive di coscienza, a differenza del signore nella stanza? Se il tizio nella stanza fosse un minuscolo automa, ci sembrerebbe più plausibile credere che la stanza “conosce” il cinese? Searle, insomma, ci lascia con molte questioni aperte – com’è tipico dei grandi filosofi.
Di rado un’opera filosofica raggiunge il triplice obiettivo di elaborare una nuova teoria, disarticolare con rigore implacabile gli argomenti degli avversari e toccare l’apice espositivo del saggismo. Tre esiti che conferiscono a La riscoperta della mente la statura di un classico.
Fonte: scuola di filosofia