L’ultimo caso vicino Teheran, però da novembre sono ormai centinaia gli episodi, soprattutto nella città santa di Qom
Lucia Capuzzi fonte@avvenire.it
Quom, Sari, Pardis e ora Teheran e Ardabil. Gli episodi di avvelenamenti in massa di studentesse si ripetono in tutto l’Iran. Gli ultimi casi hanno riguardato un centinaio di allieve delle scuole superiori della capitale e del capoluogo dell’omonima provincia nordoccidentale.
A Yarjani, inoltre, fatto meno usuale, sono state colpite le bambine delle elementari, ricoverate in ospedale dopo aver inalato del gas. Si ipotizza che la sostanza nociva potesse provenire da uno spray.
Nelle ultime settimane c’è stata un’impennata di episodi che, tuttavia, sono iniziati a novembre a Qom, quando una cinquantina di alunne hanno dovuto essere internate d’urgenza dopo aver manifestato nausea, emicranea forte, dissenteria. In tre mesi sono state oltre 1.200 le ragazze intossicate solo in due città: Qom e Boroujerd. Ma i centri coinvolti aumentano di giorno in giorno: si parla di circa una quindicina. Gli istituti diventati bersaglio sarebbero una trentina.
Finora le autorità non sono riuscite a spiegare la causa del fenomeno. I fondamentalisti incolpano «gli Stati occidentali e anti-rivoluzionari», tra cui l’organizzazione dissidente Mujahedin Khalq.
Opposizione e attivisti, invece, accusano il governo di voler impedire alle giovani di studiare e di realizzare una ritorsione per le proteste contro l’obbligatorietà dell’hijab in corso da settembre nelle quali le studentesse hanno avuto un ruolo da protagoniste.
Un gruppo di genitori si è radunato di fronte alcune delle scuole dove sono avvenute le intossicazioni e ha intonato lo slogan delle manifestazioni “Donne, vita, libertà”.
In realtà, l’ipotesi degli attacchi occidentali non convince nemmeno una parte del governo. Perfino il vice-ministro della Sanità, Younes Panahi, ha negato che si tratti di incidenti e ha ventilato l’idea che gli avvelenamenti siano compiuti per tenere le ragazze lontane dalle aule. «Vogliono dare chiudere le scuole, soprattutto quelle femminili», ha detto Panahi secondo cui, inoltre, gli attacchi sarebbero realizzati con un composto chimico non identificato. Per fare luce sull’inquietante giallo e «alleviare la preoccupazione delle famiglie», il presidente Ebrahim Raisi ha incaricato il ministro dell’Interno, Ahmad Vahidi di un’inchiesta approfondita.