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Iran, giro vite contro le minoranze religiose 

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A quasi un anno dall’uccisione di Mahsa Amini, la giovane donna curda che pagò con la vita il rifiuto di indossare il velo, sono 69 cristiani arrestati e negli ultimi due mesi le autorità iraniane hanno arrestato decine di convertiti dall’islam

AGI – Giro di vite in Iran contro le minoranze religiose. A quasi un anno dall’uccisione di Mahsa Amini, la giovane donna curda che pagò con la vita il rifiuto di indossare il velo, sono 69 cristiani arrestati e negli ultimi due mesi le autorità iraniane hanno arrestato decine di convertiti dall’islam.

Secondo Asia News almeno 10 sono ancora oggi in carcere. Quanti sono stati rilasciati hanno dovuto versare cauzioni di migliaia di dollari o devono partecipare a sessioni di rieducazione islamica.

Tra i sottoposti a provvedimenti restrittivi della libertà diversi gli assiro-caldei, battezzati sin da piccoli, fermati in 11 diverse città del Paese. Secondo un rapporto elaborato dagli esperti di Article18, sito specializzato nel documentare le repressioni in atto per mano degli ayatollah contro le minoranze religiose, che denuncia una politica repressiva in continuo aumento.

Rispetto a un primo dato di 50 arresti avvenuti a metà luglio in cinque città, il numero aggiornato – e confermato – di persone trattenute in stato di fermo causa della fede è salito ad “almeno 69”.

Di questi, almeno 10 – quattro uomini e sei donne – risultano tuttora in stato di detenzione. I fermi risalgono al periodo che va dal primo giugno al 17 luglio e sono avvenuti nelle seguenti città: Teheran, Karaj, Rasht, Orumiyeh and Aligoudarz, Isfahan, Shiraz, Semnan, Garmsar, Varamin ed Eslamshahr.

E come nel caso di fermi avvenuti in precedenza nella capitale, quanti sono stati rilasciati si sono visti costretti a firmare documenti in cui si astengono dal promuovere ulteriori attività cristiane o sono condannati a partecipare a sessioni di rieducazione islamica.

Altri ancora, riferisce ancora Asia News, raccontano di essere stati convocati per ulteriori interrogatori nei giorni successivi al rilascio, o di aver ricevuto l’ordine di lasciare l’Iran. Un altro ancora ha detto di essere stato cacciato dal lavoro su richiesta di alcuni agenti dell’intelligence.

Per quanti hanno ottenuto la libertà su cauzione, le famiglie hanno dovuto versare importi variabile da 8mila fino a 40mila dollari. La maggioranza delle persone fermate sono neo-convertiti dall’islam, ma non mancano casi – almeno due accertati, ma potrebbero essere di più – di arresti a carico di armeni iraniani, che professano la fede in Cristo sin dalla nascita.

L’ondata di arresti fra i cristiani è coincisa con una nuova repressione che ha colpito la comunità bahài, che insieme ai convertiti cristiani è un altro gruppo religioso minoritario non riconosciuto da Teheran.

Una stretta confermata in settimana dalla Commissione Usa per la libertà religiosa nel mondo, secondo cui “negli ultimi mesi, decine di persone [bahài] sono state arrestate, processate e imprigionate con accuse di natura religiosa e prese di mira sulla base della loro fede”.

Commentando i recenti attacchi di Teheran Mansour Borji, direttore di Article18, parla di “nuovo giro di vite libertà civili”, aggiungendo inoltre che “i gruppi tradizionalmente vulnerabili, come i cristiani, sono in prima linea tra quelli presi di mira”.

L’attivista afferma che l’approccio repressivo imposto dalle autorità, compreso il ritorno sulla scena della cosiddetta “polizia della morale”, potrebbe essere un “messaggio sia a livello nazionale che internazionale” a poche settimane dal primo anniversario dalla morte di Mahsa Amini. “Nel complesso – conclude – sembra esserci una nuova o più aggressiva repressione dei gruppi da cui il regime si sente minacciato”.