Amnesty International, l’organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani, denuncia oggi l’esecuzione di 853 persone in Iran nel solo 2023, il dato piu’ alto negli ultimi 8 anni. Numeri altissimi, dietro cui, secondo Amnesty, si cela “una repressione che va avanti senza sosta nei confronti di chi si oppone al regime” e la lotta al traffico di stupefacenti. La Ong chiede che la comunita’ internazionale agisca in tempo, per evitare che le carceri iraniane diventino veri e propri “siti di sterminio di massa”. Secondo la ricerca pubblicata oggi, ben 481 delle 853 condanne a morte sono state inflitte ed eseguite per crimini legati al traffico di droga. Al di la’ del contrasto al commercio di stupefacenti emerge un uso della pena di morte da parte del regime degli Ayatollah sicuramente piu’ massiccio rispetto al passato recente. Un incremento partito dopo la grande ondata di protesta montata nel Paese per la morte di Mahsa Amini a settembre 2002, la giovane curda morta mentre era in custodia della polizia religiosa, fermata per aver indossato il velo in maniera impropria. Amnesty denuncia l’utilizzo della pena di morte come strumento di paura e dissuasione nei confronti degli oppositori del regime, ma anche come arma nei confronti delle comunita’ piu’ povere e ai margini della societa’, dove e’ piu’ frequente l’utilizzo e lo spaccio di sostanze stupefacenti. (AGI)
TUY/RED