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Inferno al Parco fluviale Al-Kantara e la memoria dei classici di Giovanni Anfuso

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Di Claudia Lo Presti

“Il teatro si verifica ogni qual volta un attore agisca dal vivo in uno spazio scenico ed uno altro individuo ne segua le azioni”.  Tradizionale definizione di teatro che ne indentifica la nascita in un momento non tracciabile della storia dell’uomo, poiché il Teatro nasce nello stesso momento in cui spontaneamente si attua. Lo spazio scenico è ovunque l’azione teatrale si sviluppi e, perfezionandola, ovunque il regista, la produzione intenda portarlo: una produzione coraggiosa e un regista “visionario” hanno portato il teatro sulla sponda di un fiume e per assolvere alla corrispondenza della definizione, una moltitudine di individui lo ha seguito dall’altra.

Inferno di Dante alle Gole dell’Alcantara, sei settimane di repliche dalla fine di Luglio agli inizi di settembre, oltre diecimila spettatori e ciascuno dei due spettacoli che si sono svolti alle 20,30 e alle 22,00, sempre sold out. La percorrenza di una strada comoda dall’uscita di Giardini Naxos – Taormina e il raggiungimento del piazzale d’ingresso del Parco, i preludi delle atmosfere anticipate dallo sguardo d’insieme che si gode affacciandosi verso le Gole; la complicità della Luna, la sua voglia di protagonismo; un concorso preciso, coerente e instancabile di forze lavorative tutte in piena attività; una comunicazione puntuale, attori empatici e bravissimi, sono stati tutti elementi vincenti che per il quinto anno hanno contribuito al successo di questo intramontabile capolavoro, forte malgrado la decadenza culturale dell’ epoca nostra.

Prodotto da Buongiorno, Sicilia (Luciano Catotti e Ninni Trischitta) e Vision Sicily, drammaturgia e regia di Giovanni Anfuso, inserito nel festival Palco Al-Qantarah, lo spettacolo ha goduto del patrocinio del MiC, il Ministero della Cultura, dell’Ars, dell’Assessorato allo Spettacolo della Regione Siciliana, dell’Ente Parco Fluviale dell’Alcantara e del Comune di Motta. “Inferno” – sostiene il sindaco Blancato – “è motivo d’orgoglio per l’Amministrazione comunale, la ripresa, dopo un anno di fermo di questo lavoro teatrale di notevole livello, ha destato grande interesse anche fuori dalla regione e all’estero, come dimostrano email e telefonate giunte al nostro Comune”.

“La Regione – ha sottolineato la direttrice del Parco Fluviale dell’Alcantara, Valentina Tamburino – ci ha sempre creduto nel nostro Parco. E i Siciliani ci credono: anche se a volte l’ente viene visto come un vincolo, è invece un volano di sviluppo sotto tutti i punti di vista. Ricco com’è di tradizioni e cultura, è una risorsa per il territorio e qui lo sanno tutti. Si tratta di educare, invitando alla fruizione del Parco in serenità e sicurezza, svolgendo attività sportive o passeggiando alla scoperta di luoghi splendidi o sedendosi sotto un albero a leggere un libro. È vero che qui alle Gole si rappresenta l’Inferno, ma per me il Parco è un paradiso”.

Colossal già da quando venne pubblicato, La Comedìa, (Divina poi per scrittura di Boccaccio) resta il libro dei record, la trilogia più seguita, il fanta-viaggio psicologico più magico che sia stato raccontato, con il suo inanellamento di storie dei più, le cui colpe per sempre, quelle che possono essere purificate e gli stati di beatitudine, fra gironi, cornici e cieli continuano a condurre l’immaginazione verso spiagge di speranza e di giustizia finalmente trionfante.

Lo spettatore moderno si è trasformato in un “consumatore seriale” e per quanto di qualità possano essere molte produzioni televisive, hanno perso comunque i margini dei valori principali che un tempo erano le basi dello sviluppo di ogni vicenda: la correttezza, l’incertezza, la colpa, il giudizio, la giustizia, anelli robusti di una catena che scivolava concreta verso la stabilizzazione del Bene. Quando si decide come trascorrere una serata lo si fa scegliendo ciò che è di moda, preferibilmente divertente e su cui il livello di attenzione possa essere espedito in tempi brevi. Si perde la magia dell’antefatto, l’importanza della datazione storica, il contesto, le motivazioni, il tempo giusto di sviluppo; si perde il senso critico…

…e poi succede che occhi attenti si guardino attorno e si rendano conto che non devono fare altro che chiedere in prestito alla Natura una delle sue innumerevoli ed incalcolabilmente meravigliose location…

<<È un balsamo per l’anima – riflette il regista Giovanni Anfuso, vedendo il pubblico andar via felice tutte le sere, ringraziando. Un pubblico che giunge carico di aspettative, ma che va via stupefatto perché ha assistito ad un lavoro risultato di paziente regia, impegno attoriale e di una nutrita e qualificata squadra di maestranze. Terminato lo spettacolo, lo spettatore se nello giungere a quel luogo si è guardato intorno estasiato, nell’andare via si guarda indietro per trattenere ancora un’ultima istantanea di un fiume che per sessanta minuti è stato corso d’acqua, di fuoco, di sangue bollente…

Da siciliana, do per scontata l’esistenza di tante meraviglie spontanee, direttamente partorite dal mito, plasmate dai quattro elementi, generate con completa varietà in un triangolo di terra luminoso e bello, considerato completo come un continente. Ma lo spettatore straniero, il turista che ha goduto il privilegio di poter visitare il Parco Fluviale e comprare il biglietto per assistere allo spettacolo, credo non possa dimenticare tanto facilmente le emozioni che percorrono l’animo suo quando da sopra scende a sotto, si apre la porta dell’ascensore e ai suoi occhi si profili il sogno…

E’ tale è lo spunto: Liliana Randi (Narratrice), Francesco Bonaccorso (Turista e Caronte), turisti della domenica in abiti eleganti visitano le Gole e lui ricorda a lei di quando andava lì condotto dal padre che a sua volta era portato dal nonno e così a salire nella genealogia. Si perdono di vista e lei scivola in un sonno cosciente in cui le appariranno per primi Dante (Angelo D’Agosta) e Virgilio (Salvo Piro). Lei stessa si vedrà come Beatrice. Dopo, in ordine di apparizione compariranno sulla scena Giovanna Mangiù (Francesca da Rimini, Messo dal Cielo), Davide Pandolfo (Ciacco), Luca Fiorino (Farinata degli Uberti), Rosario Minardi (Ulisse), Davide Sbrogiò (Ugolino), Gabriele D’Astoli (Paolo, Diomede, Arcivescovo Ruggeri).  I dannati sono Beatrice Caudullo, Manuela Grimaldi, Marta Marino, Valeria Mazzaglia, Enrica Pandolfo, Davide Peluso, Alfio Raiti, Lucio Rapisarda, Francesco Rizzo e Gloria Trischitta. Per la parte tecnica: costumi di Riccardo Cappello, le musiche di Nello Toscano e gli effetti speciali di Alfredo Vaccalluzzo; aiuto regista Agnese Failla, organizzazione generale, Simone Trischitta.

Avendo già assistito alla precedente versione dell’Inferno, qui arricchita di altri personaggi, ho potuto valutare lo snellimento e la maggiore efficacia degli strumenti scenografici: le luci vengono adoperate dal light designer Davide La Colla in modo egregio, senza abbagliare ma procurando emozione nel sottolineare i profili naturali dell’ambiente, i movimenti degli attori (da brividi – e non per le acque gelide – la camminata di Francesca da Rimini/Giovanna Mangiù lungo il fiume), gli anfratti naturali; trasformando in fuoco quelle che vengono fuori dalla tomba aperta (Farinata degli Uberti/Luca Fiorino), in solennità l’arrivo di Ulisse (Rosario Minardi) sull’alto spuntone di roccia, lontano e quasi innocuo Lucifero prima di “riveder le stelle”. Il sound designer Enzo Valenti e il musicista Nello Toscano hanno caricato di enorme pathos ogni istante, la musica ha guidato lo spettatore lungo le terzine, i suoni lo hanno destato. Le coreografie di Fia Di Stefano sono straordinarie: i movimenti scenici nell’acqua, i dannati che si agitano con studiata sincronia o asincronia, sembrano davvero venir fuori dalla sabbia come dalla melma infernale (i dieci attori sono stati bravissimi!). Cooperano alla resa iconografica gli ottimi costumi di Riccardo Cappello. Infine, moderati ed emotivamente rilevanti gli effetti speciali dei fuochi di Vaccaluzzo!

E’ stato bravo Giovanni Anfuso nello studiare le proprie edizioni del passato, nell’affrontare cambiamenti che in questa versione hanno garantito l’ennesimo eccellente risultato; nel ricordare la funzione della “skené”, la baracca che negli allestimenti scenici delle dionisiache era al tempo stesso scenografia, accesso per gli attori sulla scena e camerino per cambiarsi d’abito; e nel riconoscere l’importanza del coro (qui dei dannati), assegnando ad esso tutto un carico di messaggi che dai luoghi della narrazione giungono sino agli spettatori. Gli attori, responsabili di trasferire il valore semantico di ruoli e parole sono qui stati ineccepibili.

…aspettando “L’Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto…