Il 22 gennaio il premier nazionalista Narendra Modi inaugurerà il tempio di Ayodhya Ram, nello Stato dell’Uttar Pradesh (Nord), dopo lavori faraonici da 3,85 miliardi di dollari che lo hanno trasformato nel ‘Vaticano indù’. Il sito storico, riferisce la ‘Bbc’, diventa di fatto un centro sacro per i pellegrini, dedicato alla divinità indù di Ram, ma sta suscitando controversie e rievoca una delle pagine più buie della storia recente. In effetti il tempio in questione sorge su uno dei siti religiosi più controversi dell’India: proprio in quel luogo sostituisce la celebre moschea di Babri, risalente al XVI secolo, demolita da folle indù nel 1992, scatenando rivolte a livello nazionale che causarono quasi 2 mila vittime. Gli assalitori sostenevano che la moschea incriminata fosse stata costruita da invasori musulmani sulle rovine di un tempio Ram.
La burrascosa disputa sulla proprietà tra indù e musulmani si è conclusa nel 2019, quando la Corte Suprema ha concesso il sito agli indù, nonostante avesse esplicitamente affermato che la demolizione della moschea era una “grave violazione dello stato di diritto”. La corte ha concesso ai musulmani un altro appezzamento di terreno ad Ayodhya per costruire una nuova moschea. Dopo uno restyling scintillante, il nuovo santuario è quanto di più grandioso si possa immaginare, con una superficie totale di quasi 30 mila mq in un complesso da 300 mila. La sua imponente struttura di tre piani, che vanta imponenti pilastri e poggia su 6.503 mq di marmo bianco incontaminato, è rivestita in arenaria rosa e ancorata a granito nero. Un idolo di Ram alto 1 metro e 30 sarà posizionato su un piedistallo di marmo. In realtà Modi inaugurerà solo il piano terra la prossima settimana e il cantiere verrà completato entro la fine dell’anno. Si prevede che il tempio a pieno regime accolga 150 mila visitatori al giorno, sette volte il tasso attuale. Il mega progetto è oggetto di accese critiche politiche, interpretato come uno slancio nazionalista indù più che dall’autentico significato religioso.
In effetti Modi inaugura il tempio di Ayodhya a pochi mesi dalle elezioni generali, con il suo Bharatiya Janata Party (BJP) che punta a un terzo mandato consecutivo. Se il premier prospetta che il nuovo tempio “unirà la nazione”, il ministro Rajnath Singh ritiene che il santuario segnerà “l’inizio della rinascita culturale dell’India e ripristinerà l’orgoglio nazionale”. Un progetto fonte di numerose critiche della popolazione in quanto il rinnovamento del sito ha comportato la distruzione di ampie zone della città, letteralmente rase al suolo, per ampliare le strade. Più di 3.000 case, negozi e “strutture di natura religiosa” sono state completamente o parzialmente demolite per facilitare l’ampliamento di quattro strade principali, compreso il neo battezzato Ram Path di 13 km, ovvero il cammino dei pellegrini. L’iniziativa di allargamento della strada per i pellegrini taglia la città, lasciando una scia di case e negozi distrutti dai bulldozer. Anand Kumar Gupta, che dirige un’associazione di negozianti locali, ha detto che circa 1.600 di loro “sono stati sfollati e non hanno nessun posto dove andare” e in media hanno ricevuto 1.200 dollari a titolo di riparazione. Inoltre è stato costruito un nuovo aeroporto, un’enorme stazione ferroviaria e un parcheggio multipiano, mentre una vernice gialla più chiara conferisce agli edifici un aspetto uniforme e insipido. Catene alberghiere come Radisson e Taj stanno edificando nuove strutture sul sito, dove sono previsti fino a 50 nuovi hotel e pensioni per accogliere le famiglie, facendo triplicare i prezzi dei terreni. Così Ayodhya, tranquilla cittadina di pellegrini sulle rive del Saryu, un affluente del Gange, è stata trasformata in quella che i funzionari chiamano una “città di livello mondiale” dove le persone vengono come pellegrini e turisti. “Dopo aver resistito alla vita in una tenda, Lord Ram ha ora trovato una dimora legittima. È stata una prova di pazienza per tutti noi”, ha detto Satyendra Das, l’86enne capo sacerdote del santuario improvvisato, dove si trova un idolo più piccolo di Ram era stato collocato negli ultimi tre decenni. “Non puoi riconoscere il posto, è cambiato così tanto ora. In realtà c’è un po’ di shock e di stupore per tutto ciò che è successo”, ha commentato Valay Singh, autore di “Ayodhya: City of Faith, City of Discord”, che ha visitato la città per l’ultima volta nel 2016. Ci sono anche piani per ulteriori attrazioni intorno al nuovo tempio, tra cui una passeggiata storica con 162 murales raffiguranti la vita di Ram, una struttura su un’isola del fiume Saryu che offre “sguardi sulla civiltà vedica”, la creazione di una città dei matrimoni e lo sviluppo del luogo come centro di naturopatia. “Vogliamo creare la città più bella del mondo”, ha prospettato con orgoglio Gaurav Dayal, funzionario più anziano di Ayodhya. (AGI)
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