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India: demolita moschea storica, sale la tensione nell’Uttar Pradesh

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AGI – Nello stato indiano dell’Uttar Pradesh (Nord), la cui popolazione è per il 20% di musulmani, l’amministrazione comunale di Ram Sanehi Ghat, nel distretto di Barabanki, ha fatto demolire una moschea storica, sfidando un ordine contrario dell’alta corte statale.

Lo riferisce il quotidiano Times of India precisando che prima di procedere alla demolizione con bulldozer, l’area è stata fatta sgomberare da fedeli che quotidianamente andavano a pregare nel luogo di culto costruito durante il dominio coloniale britannico. Le macerie della moschea sono state gettate nel fiume e sul posto sono dispiegati rinforzi di sicurezza per evitare disordini, ma la tensione è palpabile.

La distruzione è stata formalmente contestata dall’Uttar Pradesh Sunni Central Waqf Board, l’organismo che dal 1954 gestisce le proprietà musulmane sunnite, i matrimoni ed altre pratiche nello Stato settentrionale.

L’Uttar Pradesh è controllato dal Bharatiya Janata party (BJP) del premier Narenda Modi e governato da Yogi Adityanath, un hindu nazionalista molto intransigente, noto per le sue prese di posizione critiche nei confronti degli indiani di fede musulmana. I discorsi del governatore sono carichi di attacchi islamofobici nei quali definisce i musulmani di “terroristi” oltre a far approvare leggi apertamente discriminatorie.

La moschea è stata demolita in violazione di un’ordinanza dell’Alta corte del 24 aprile, che stabiliva che doveva essere protetta da qualsiasi sfratto o demolizione fino al 31 maggio.

“Aveva centinaia di anni e migliaia di persone venivano qui cinque volte al giorno per la preghiera”, ha raccontato al Guardian Maulana Abdul Mustafa, imam locale che fa parte del comitato della moschea distrutta. “Tutti i musulmani erano spaventati, quindi nessuno si è avvicinato alla moschea o ha osato protestare quando veniva demolita.
Ancora oggi, diverse dozzine di persone stanno lasciando le loro case e si nascondono dalla paura della polizia in un’altra zona” ha aggiunto l’imam. “Non conosco nessuna moschea. So che c’era una struttura illegale.

L’Alta corte dell’Uttar Pradesh l’ha dichiarata illegale. Questo è il motivo per cui il magistrato distrettuale senior regionale è intervenuto. Non dirò altro”, ha detto Adarsh Singh, magistrato distrettuale.

Il braccio di ferro burocratico tra l’amministrazione comunale e le autorità religiose sunnite è cominciato il 15 marzo con la richiesta di giustificare la costruzione della moschea su quel sito e la comunicazione dell’intenzione di farla demolire in quanto “struttura illegale”.

Il comitato della moschea ha trasmesso alle autorità la documentazione comprovante l’esistenza di un collegamento all’impianto elettrico risalente al 1959 ed altri certificati, ma non ha ricevuto alcuna risposta. L’alta corte dell’Uttar Pradesh sollecitata dal comitato della moschea, ha chiesto giustificazioni all’amministrazione comunale, ma questa ha bloccato l’accesso alla moschea e il 19 marzo ha impedito lo svolgimento delle preghiere del venerdì. Nelle proteste sono stati arrestati 35 cittadini indiani musulmani.

L’Alta corte ha poi accolto la richiesta di intervento delle autorità sunnite, emettendo un divieto di demolizione almeno fino a fine maggio. Il distretto in cui la moschea è stata demolita è vicino a quello di Ayodhya, dove nel 1992 la moschea Babri fu distrutta da una folla di rivoltosi nazionalisti indù. Con una sentenza storica del 2019, i giudici hanno poi dichiarato che la terra apparteneva legalmente agli hindu, piuttosto che ai musulmani, e un nuovo tempio di Ram è in costruzione sul sito in cui sorgeva in precedenza la moschea di Babri.

Nel 2019 e parte del 2020 l’Uttar Pradesh è stato teatro di violente proteste delle popolazioni indiane di fede musulmana contro la legge – il Citizenship Amendment Act (Caa) – che concede la possibilità di acquisire la cittadinanza per gli immigrati provenienti da Pakistan, Afghanistan e Bangladesh, arrivati in India prima del 31 dicembre 2014, di religione cristiana, buddista, hindu, parsi, Sikh, jain, escludendo però quelli di fede musulmana. Un provvedimento contestato dai musulmani in quanto viola il principio di laicità dello Stato indiano sancito dalla Costituzione oltre ad essere discriminatorio.

A differenza del vicino Pakistan, a prevalenza musulmana, in India la maggior parte della popolazione è di religione hindu, anche se il Paese ospita la terza comunità islamica più grande del mondo di ben 200 milioni. Per l’opposizione passo dopo passo il premier Modi sta governando con l’intenzione di creare uno stato nazionalista hindu.

Source: agi


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