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In Kosovo trionfano i nazionalisti di sinistra

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AGI – I risultati ufficiali delle elezioni legislative in Kosovo confermano il trionfo del partito ultranazionalista di sinistra guidato dall’ex leader studentesco Albin Kurti. Con il 97,44% delle schede scrutinate, Vetevendosje (Autodeterminazione) risulta in testa con il 48,19% dei voti, il doppio di quanto incassato nella precedente consultazione. Il Partito Democratico del Kosovo (Pdl), la formazione nata dalla guerriglia separatista contro la Serbia da 20 anni nel governo, è invece scesa al 17,31%. I conservatori del Ldk, alla guida dell’attuale esecutivo, si sono attestati al 13,42%, mentre l’Aak, un altro partito di ex guerriglieri, ha raccolto il 7,42% dei consensi. Venti dei 120 scranni in Parlamento andranno alle minoranze, la maggiore delle quali è costituita dai serbi.

Si apre ora una fase di complicate trattative per la formazione di un nuovo esecutivo dal momento che, nonostante il successo alle urne, Vetevendosje non ha raggiunto la maggioranza assoluta necessaria per governare in autonomia e i rapporti tra i diversi partiti sono caratterizzati da accese rivalità.

L’affluenza è stata pari al 47,08%, tre punti percentuali in più rispetto alle legislative del 2019. La consultazione parlamentare è la quinta dalla dichiarazione di indipendenza del 2008. Le maggiori sfide per il nuovo governo saranno la lotta alla disoccupazione giovanile, al 50% in un Paese dove l’età media è pari a 30 anni, e la normalizzazione dei rapporti con Belgrado, che non ha mai riconosciuto l’indipendenza della provincia a maggioranza albanese. 

Il “Che” di Pristina

Una normalizzazione sulla quale ha insistito l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera, Josep Borrell, commentando l’esito delle urne. Per Kurti i rapporti con Belgrado sono però “al sesto o al settimo posto” tra le preoccupazioni dei suoi connazionali. “Le nostre priorità sono la giustizia e l’occupazione”, ha affermato il quarantacinquenne, soprannominato il “Che Guevara” del Kosovo per il suo carisma e la sua abilità oratoria.

“Questa elezione era un referendum sulla giustizia e l’occupazione, contro l’occupazione e l’appropriazione delle risorse dello Stato”, ha aggiunto Kurti. Sono dichiarazioni meno retoriche di quanto appaiano: a regalargli il trionfo alle urne è stata l’insofferenza dei giovani per l’incapacità di una classe politica corrotta a garantire loro sicurezza economica. 

L’ascendente di Kurti sui giovani risale a quando, negli anni ’90, era un leader studentesco che organizzava manifestazioni contro la repressione del governo serbo nei confronti della minoranza albanese. Un attivismo che, quando era ancora ventenne, gli costò due anni di carcere nelle prigioni di Slobodan Milosevic. Dopo la guerra che avrebbe portato alla secessione del Kosovo, i bersagli di Kurti sarebbero diventati la classe dirigente uscita dalla guerriglia, corrotta e coinvolta in traffici poco leciti, e la comunià’ internazionale.

L’opposizione di Kurti alle elite locali e alle missioni militari internazionali si colorò di toni sempre più antioccidentali. Non sorprende quindi che quando, nel 2019, Kurti andò per la prima volta al governo, spinto dai crescenti consensi, fu rimosso dopo appena due mesi da una mozione di censura sostenuta dagli Usa che i suoi simpatizzanti bollarono come un “colpo di Stato”.

Non sarà semplice per Kurdi guadagnare la fiducia dell’Occidente. Le tattiche adottate da Vetevendosje sono rimaste molto radicali fino a tempi recenti. Risale appena al 2018, ad esempio, il lancio di lacrimogeni dai banchi del Parlamento per protestare contro alcuni progetti di legge. E se il dialogo con la Serbia, che non ha mai riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, non è in cima alle sue priorità, una collaborazione con le minoranze (serbi, bosgnacchi, rom, gorani, turchi), che hanno 20 posti riservati in Parlamento, potrebbe essere la strada più semplice sia per conquistare la maggioranza che per convincere Europa e Stati Uniti. 

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Fonte: estero agi


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