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Imprese. Ne uccidono più le banche dei mercati

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“Il fatturato era in continuo aumento, ma gli interessi passivi hanno rovinato tutto”. Con questo epitaffio un giornale locale sintetizzava il fallimento di una ditta, trent’anni fa. Era una ditta che realizzava le cinque virtù: dava lavoro e soddisfazione ai proprietari; dava lavoro a dodici dipendenti; i ricavi superavano i costi; dava denaro all’erario; erano bravi e crescevano. Gli interessi passivi hanno spazzato via le cinque virtù. Di fronte ai fallimenti la gente semplifica: “Hanno fatto il passo più lungo della gamba”. Ma è proprio così? Lavorare, dare lavoro, guadagnare, crescere e pagare le tasse sono un passo più lungo della gamba? C’è un’altra spiegazione: là in mezzo, tra debito e interessi passivi, c’è una piccola voce, la manopola di un amplificatore che può trasformare il debito in un soffio leggero o in un cataclisma: il tasso di interesse passivo. La regolazione di questa manopola è in mano al sistema bancario e ai cosiddetti “mercati”, in regime di monopolio. E’ il “modello Klein-Monti”: monopolio bancario nel mercato degli impieghi e della raccolta, col debito pubblico che fa come da “cassa di espansione”. Beppe e Anna, i proprietari della ditta fallita, chiedevano un modello diverso. “Poiché siamo una ditta sana, che dà lavoro, che non spreca, che paga le tasse, che cresce; poiché abbiamo un debito da restituire in 15 anni; poiché è necessario ogni anno accantonare qualcosa per investimenti futuri; se ne deduce che il tasso massimo che ci può essere applicato è X, molto più basso del tasso Y deciso dalle banche. La nostra parte di bene comune (lavoro, occupazione, tasse, benessere) l’abbiamo fatta. Tocca a voi regolare l’amplificatore sull’economia e non sul capitale”. Le banche invece dissero loro di “risanare il bilancio”. Ma che vuol dire risanare per una ditta sana, ben dimensionata e senza sprechi? O fatturavano di più, rubando clienti ad altri, invece di crescere in modo naturale. O licenziavano due dipendenti, chiedendo agli altri straordinari gratis. O facevano del nero, per ridurre imposte e tasse. Un disastro, altro che “risanare”. Fossero stati in North Dakota, Stato + Banca Centrale di Stato + Ditta si sarebbero messi al tavolo e avrebbero applicato il “modello Beppe-Anna”, non il “modello Klein-Monti”. Avrebbero cioè regolato la manopola dell’amplificatore sull’economia e non sulla finanza. Non per niente il North Dakota cresce anche quando gli altri 49 Stati degli USA vanno in recessione. Perché mi è tornata in mente quella vicenda? Perché con lo Stato italiano le cose vanno allo stesso modo. Da decenni l’Italia ha un attivo primario, e va sotto esclusivamente per interessi passivi. Il debito vero si perde nella notte dei tempi, anni ’80 del secolo scorso. Il resto è solo “manopola dell’amplificatore regolata male”. Lo so, mi diranno subito “Lo Stato deve tagliare i suoi sprechi!”. Rispondo con una frase tratta dalla Fisica: “Su sistemi molto grandi, l’ignoranza diventa una legge di natura”. Più il sistema cresce, più la perdita di controllo diventa legge. Ognuno pensi quanto spreca in casa sua, dove tutto è teoricamente sotto il controllo di poche persone. Non ci si illuda sui risanamenti: vanno fatti per obbligo morale, ma non sono risolutivi per il bilancio. Quando si sente il cosiddetto “mercato” che chiede di “risanare”, bisogna ricordarsi che il mercato è il regno degli speculatori: “Stato italiano, taglia 30 miliardi di spese, così potrai pagare tutti gli 80 miliardi di interessi”. Ma la frase giusta è un’altra: “Speculatore, devi accontentarti di un tasso inferiore, perché i miei cittadini valgono più del tuo capitale”. Vince lo speculatore, perché la manopola dell’amplificatore è stata tolta totalmente alla politica fin dal 1981 (Andreatta ministro del Tesoro, pace all’anima sua, e Ciampi governatore di Bankitalia). Spero che la politica riassuma il controllo della manopola, anche se non potrà farlo certamente adesso. Adesso c’è Mario Monti, e il “modello Klein-Monti” è roba sua: il monopolio bancario non ha nulla da temere. Lui è capo del settore europeo della Commissione Trilaterale (dove David Rockefeller è fondatore e presidente onorario), in Grecia c’è Papademos, che fa parte della medesima Trilaterale. Ormai siamo diventati l’Europa dei proconsoli.


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