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Il sacrificio di Lorenzo. Non si può morire né di scuola né di lavoro

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Lorenzo Parelli, 18 anni, è morto il 21 gennaio 2022. Deceduto in fabbrica a Lanuzacco, in provincia di Udine, per la caduta di una trave d’acciaio, nell’ultimo giorno di stage dell’alternanza scuola-lavoro. Gli studenti di tutta Italia non ci stanno e si organizza la protesta, come non si vedeva da molti decenni

di Anna La Mattina

 

Ma come è possibile che gli incidenti sul lavoro si moltiplicano da quando le norme sulla sicurezza sono aumentate, aumentate le prescrizioni dei dispositivi e corsi obbligatori nei luoghi di lavoro?

Negli anni Settanta tutto ciò non era così minuziosamente regolato, però la Legge 300/70, ovvero lo Statuto dei lavoratori, conferiva serenità, perché ci si sentiva tutelati e protetti dalla normativa, da applicare con l’aiuto dei sindacati. Lo Statuto dei lavoratori ha istituito la riduzione degli orari di lavoro, rispetto al passato: 6 ore e 40 minuti al giorno, con un giorno di riposo settimanale; oppure 8 ore al giorno e due giorni di riposo a settimana. Allora la vita era meno complicata, oggi  i posti di lavoro degni di questo nome, tutelati e a tempo indeterminato, sono diventati quasi impossibili da trovare e se un lavoro lo si trova con contratti atipici o addirittura senza contratto, si deve accettare di lavorare sotto stress, per orari indefiniti e molto spesso senza giorno di riposo.

Tutto ciò si ripropone anche nel mondo della scuola, soprattutto quella professionale, laddove ai giovani si prospetta un futuro lavorativo, che somiglia sempre più ad un miraggio, per i comuni mortali… a meno che non si possa fare il calciatore o la cantante, li aspetta un futuro in bicicletta, per consegnare pizze e cibi pronti vari, a domicilio, sottopagati e sfruttati. Oppure… riuscire, nella migliore delle ipotesi, ad inserirsi in qualche azienda locale, che offre lavoro precario, che non permette di immaginare un futuro da persona indipendente e libera.

La scuola, sempre più tecnocratica, si inventa l’alternanza scuola lavoro, idea lanciata dalla legge 107/2015 (la cosiddetta Buona Scuola di Renzi), che nel giro di qualche anno cambia nome e diventa PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento): in entrambi i casi, lo scopo è quello di far sì che le studentesse e gli studenti della scuola superiore, di ogni indirizzo formativo, abbiano la possibilità di prendere contatto con il mondo del lavoro, applicando le conoscenze acquisite a scuola; naturalmente a spese del tempo dedicato all’istruzione e all’acquisizione di conoscenze, a cominciare da quelle linguistiche, che fortificano e formano la persona umana, prima che un tecnico, funzionale al sistema tecnocratico-capitalistico, di cui gli esseri umani dovranno divenirne parte integrante se vorranno conquistarsi qualcosa che somigli ad un lavoro che consenta loro di guadagnare tanto quanta basta per la stretta sopravvivenza, senza riuscire a pagare tutto ciò che questa società chiede, per stare al passo con i ritmi che impone.

Filosofi e pensatori, degni di tale nome, smascherano l’inutilità dannosa di questa soluzione, che gli ignoranti della politica hanno pensato rendendosi corresponsabili dell’ignoranza dilagante nella scuola italiana, tanto da far parlare di nuovo analfabetismo, che la nostra Buona scuola ci ha regalato facendo di noi Italiani il fanalino di coda dei sistemi scolastici di tutta Europa, rischiando l’estinzione.

Anche i nostri studenti  hanno capito che c’è qualcosa che non sta andando per il verso giusto: la morte del loro giovane compagno di scuola, il povero e dolcissimo Lorenzo, che ha perso la sua giovane vita in quell’azienda, proprio nell’ultimo giorno di “lavoro”, o meglio, di tirocinio non retribuito, li ha finalmente indignati, come ha indignato tutti noi, che abbiamo un cuore ed un pensiero libero, per capire che l’ipocrisia dell’obbligo scolastico, non si realizza attraverso un programma di pseudo-avviamento lavoro, attraverso tirocini obbligatori, da realizzare nel tempo della scuola, a scapito della conoscenza, che precede ogni acquisizione di competenze e che non potrà mai realizzarsi in un futuro lavorativo concreto se poi, contestualmente, non si prevedono politiche per il lavoro, che mettano le aziende, a tempo debito, nelle condizioni di fare nuove assunzioni. Infatti è noto che l’esperienza di alternanza scuola-lavoro, in molti casi, ha dato luogo a nuove e facili occasioni di sfruttamento del lavoro minorile (l’alternanza entra di scena al terzo anno di scuola, cioè a 16 anni)!

Domenica 23 gennaio, a due giorni dalla morte di Lorenzo, causata da una trave d’acciaio a forma di T, del peso di 150 chili, precipitata dall’alto e che lo ha raggiunto in pieno uccidendolo sul colpo, circa duecento studenti hanno manifestato a Roma, davanti al Pantheon, per chiedere giustizia per il loro compagno. Ma quando il corteo si è messo in marcia verso il Ministero dell’Istruzione, i giovani sono stati caricati dalle forze dell’ordine, che hanno impedito la marcia dei ragazzi perché non autorizzata.

Ma Gabriele, un giovane dell’organizzazione OSA (Opposizione studentesca d’alternativa), che è tra i giovani rimasti feriti negli scontri, ci racconta altro: «Quando ci siamo diretti verso il Ministero, ci siamo ritrovati davanti gli agenti in tenuta antisommossa che ci hanno subito presi a manganellate. Non c’è stata possibilità di dialogo – ha raccontato in una intervista – Ho partecipato a diverse manifestazioni ma non ho mai visto nulla di simile».

La manifestazione al Pantheon era stata autorizzata, ma in modalità statica: a causa delle misure anti-Covid non era autorizzato il corteo. «Siamo consapevoli delle restrizioni vigenti per la sicurezza sanitaria, ma ci sono tempi burocratici e tempi politici – chiarisce Gabriele – quello che è successo a Lorenzo ha significato tanto per noi. E avevamo la necessità politica di farlo capire con ogni mezzo necessario. La protesta non si può fare con i fiori», e si può fare anche con le marce pacifiche, aggiungo.

Il governo della “Serva Italia”, di dantesca memoria, ha perso l’abitudine alla democrazia e al diritto di manifestare in maniera pacifica, come stavano facendo gli studenti di Roma.

Perché erano stati previsti addirittura gli agenti, come li abbiamo visti al TG, in tenuta anti-sommossa, con caschi, scudi e manganelli? Criminalizzare chi protesta, in ogni caso: così sembra I governi italiani, da un po’ di tempo a questa parte, amano ricorrere a questi metodi “preventivi”: reprimere anche quando non serve.

Ma vogliamo ragionare sulle cose che stanno accadendo nel nostro Paese? Cosa cambia, in effetti, ai fini della protezione anti-covid, tra un raduno statico ed una marcia pacifica, alla ricerca di interlocutori a cui porre delle domande e da cui esigere delle risposte?

Forse non siamo a San Remo, alla grande ammucchiata di pubblico (con le mascherine) al quale si avvicinavano per concedersi (senza mascherine), cantanti e presentatori, a dispetto della recrudescenza della variante Omicron di gennaio? Qualcosa non quadra.

Giovani e adulti, non arrendiamoci: si lotta per le cose giuste. Si dovrebbe tornare a manifestare per le strade, per far sentire la nostra voce, per manifestare contro le ingiustizie, occorre tornare ad indignarsi e a farlo sapere. Di nuovo insieme, studenti e lavoratori. Gli argomenti, ahi noi, non mancano…