AGI – Dopo sette anni in giro per il mondo, tra Canada e Arabia Saudita, Toronto e Riad, la formica atomica è pronta a tornare in Serie A. Sebastian Giovinco è sbarcato lunedì a Malpensa per poi dirigersi verso Genova. A chiamarlo è stata la Sampdoria bisognosa di sostituire velocemente l’infortunato Manolo Gabbiadini il cui ginocchio ha fatto crac nell’ultima gara interna contro il Sassuolo. Il profilo di Giovinco è sembrato subito perfetto per la dirigenza blucerchiata.
Svincolato da quest’estate, dopo le esperienze con il Toronto Fc, la stessa squadra che ora si prepara ad accogliere Lorenzo Insigne, e l’Al Hilal, il piccolo fantasista si è fatto subito trovare pronto: “Bello tornare in Italia” ha detto ai cronisti “sono pronto a dare una mano”. Negli ultimi mesi, in verità, si era proposto più volte alle squadre italiane. Ora, a mercato chiuso, è arrivata l’occasione giusta, visite mediche permettendo.
Basta il soprannome per spiegare bene chi è Sebastian Giovinco. “Formica”, certo, per la sua altezza, poco più di 1.60. “Atomica”, anche qui facile da capire, per l’esplosività dei suoi piedi capaci di inventare autentiche prodezze in spazi infinitesimali.
Per indole e carattere ricorda un po’ l’omonimo protagonista del cartone animato degli anni ’60, grande successo negli Stati Uniti: orgoglioso, lavoratore, consapevole dei propri mezzi. Baricentro basso, talento sconfinato, quoziente intellettivo calcistico elevatissimo, Giovinco è nato a Torino, ha vissuto in periferia, a Beinasco, per poi crescere nella Juventus, la sua squadra, quella che ha molto amato e quella in cui, pur con sprazzi di genialità, non è riuscito mai a trovare consacrazione.
Carattere esuberante, veloce con i piedi ma anche con la lingua, l’attaccante piemontese ha sempre cercato l’ambiente che potesse farlo esprimere al meglio ma a Torino, il fantasma di Alessandro Del Piero di cui, per molti, avrebbe dovuto raccogliere l’eredità, non lo ha mai abbandonato. Sembra un’esagerazione, certo, ma ai tempi in cui giocava nelle giovanili bianconere erano in tanti ad azzardare il paragone.
Il gol, del resto, lo ha sempre avuto nel sangue. Nella “cantera” ha vinto tutto, dal torneo di Viareggio alla Coppa e al Campionato Primavera. Incantando, segnando, facendo paralre di sè.
L’esordio in prima squadra arriva nel 2007, ma non in Serie A. La Juventus, infatti, è piombata nella serie cadetta a causa di ‘calciopoli’. A Sebastian bastano pochi minuti per conquistarsi le luci della ribalta: assist per Trezeguet nel 3-1 definitivo contro il Bologna. Nella massima Serie la prima partita che gioca è con la maglia dell’Empoli dove arriva in prestito. C’è Cagni, in panchina, che lo vede più come seconda punta che come fantasista. Gioca così bene che la Juve lo riporta alla base.
Ma le cose non vanno bene. Dopo un’annata con tanti infortuni e pochi lampi va ancora in prestito, stavolta al Parma. Due anni (e 22 gol dopo tra cui alcuni segnati proprio ai bianconeri) convincono la ‘vecchia Signora’ a riportarlo ancora sotto la Mole dove resta dal 2012 a metà del 2015. La squadra è forte, Giovinco torna però a giocare sempre meno. Medita l’addio ma resiste. Poi, all’apice dell carriera, arriva la chiamata del Toronto.
In Canada è tempo di una nuova vita, di un nuovo palcoscenico. Più in periferia, certo, ma anche in un teatro dove essere protagonista e avere una squadra costruita a pennello, intorno a lui. In quattro anni Giovinco diventa uno dei giocatori più forti della Major League (Mls) all’epoca già in grande crescita. È tra i più pagati del campionato e grazie alle sue prodezze la squadra di Toronto cambia passo sistemandosi sullo stesso piano dei Raptors (Nba) e dei Maple Leafs (Hockey, Nhl).
Giovinco segna, tanto, e diventa presto l’idolo dei tifosi. Tanti hanno origini italiane, hanno passione per il calcio e lo vedono subito come simbolo di un riscatto più grande di quello che si può trovare in un rettangolo di gioco. Nella prima stagione diventa il primo giocatore a vincere sia il titolo di miglior marcatore che quello di miglior assist-man. Fa cose che a quelle latitudini non hanno (quasi) mai visto.
Anche negli anni successivi occuperà sempre posizioni di rilievo in tutte le classifiche che contano. Alla fine del 2015 riceve anche il premio come giocatore dell’anno. Quando lasci il club, a 32 anni, ha segnato la bellezza di 83 gole e fornito ben 64 assist in tutte le competizioni. Il presidente, Bill Manning, non ebbe dubbi: “Ci lascia il più grande giocatore della storia del Club”. Con l’Al-Hilal, Giovinco vince diversi trofei, tra cui due campionati nazionali, e partecipa alla terza “Champions League” in giro per il globo: Europa, America e Asia.
A completare il suo ‘curriculum’ c’è anche il capitolo Nazionale: ha infatti vestito tutte le maglie azzurre dall’under 16 a quella ‘maggiore’ con cui disputa anche gli europei del 2012 in Polonia e Ucraina inserito nella lista da Cesare Prandelli. Giocherà poco anche in quel frangente chiuso da Di Natale e Cassano. Ora, dopo tanto girare il rientro in Italia, per chiudere il cerchio aperto tanti anni fa alla periferia di Torino e, forse, per ricordare che, nonostante l’età, la “formica atomica” è ancora in grado di fare la differenza.
Source: agi