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Il Regno Unito ha le batterie scariche

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MARIANA MAZZUCATO insegna economia allo University college di Londra, dove dirige l’Institute for innovation and public purpose. Il suo ultimo libro uscito in Italia è Il valore di tutto. Chi lo produce e chi lo sottrae nell’economia globale (Laterza 2018). Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

Il governo britannico sembra pronto a siglare un accordo con la Jaguar Land Rover, di proprietà della Tata Motors, per la costruzione di una fabbrica di batterie per auto elettriche nel Somerset sovvenzionata con circa cinquecento milioni di sterline. In passato la Jaguar Land Rover aveva già spiegato che le tariffe doganali imposte dalla Brexit avrebbero reso insostenibile la produzione nel Regno Unito. Non è la prima volta che gli effetti della Brexit sugli investimenti sono denunciati pubblicamente da una grande azienda. La decisione di lasciare l’Unione europea sta già costando al paese cento miliardi di sterline all’anno. Quasi la metà dei cento principali produttori britannici ha dichiarato che i fornitori europei stanno diventando più prudenti nel fare affari nel Regno Unito.

Quindi il governo dovrebbe fare accordi simili per cercare di rendere il paese più competitivo? La risposta è che le iniziative una tantum purtroppo non bastano. Per riconquistare i capitali in fuga il governo ha bisogno di una strategia più ragionata. Le eventuali intese devono far parte di un piano più grande per allineare gli investimenti con l’impegno a decarbonizzare i trasporti e la logistica.

Su questo fronte il Regno Unito fa i conti con una forte concorrenza. Gli Stati Uniti e l’Unione europea stanno aumentando i loro sforzi. La strategia industriale di Washington potrebbe portare a investimenti pubblici e privati per un totale di circa 3.5oo miliardi di dollari (circa 3.200 miliardi di euro) nel prossimo decennio. Al tempo stesso Bruxelles sta finanziando il suo pacchetto d’incentivi più grande di sempre, con un accordo da duemila miliardi di euro per costruire un futuro verde e digitale. Il Regno Unito non ha niente di simile, anzi si sta muovendo nella direzione opposta. Non aiuta il fatto che la politica industriale britannica cambi tutti gli anni: ogni volta che s’insedia un ministro si propone un piano di crescita con nuove priorità, incentivi e sostegni.

Ci sono stati alcuni sviluppi positivi, come l’idea di vietare la vendita di auto a gasolio e benzina a partire dal 2030 e quello di azzerare le emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050, oltre a un piano in dieci punti per una rivoluzione industriale verde annunciato nel 2020. È promettente anche la proposta di associare l’accordo con la Jaguar Land Rover a un pacchetto d’incentivi che includerebbe misure per decarbonizzare le attività siderurgiche della Tata in tutto il paese. Ma il governo deve fare di più. Deve coinvolgere tutti i settori, compresa l’industria dell’auto, per reindirizzare l’economia verso un futuro più inclusivo e sostenibile, in grado di fornire certezze a lungo termine alle aziende. Le enormi sfide che attendono Londra, dalla crisi climatica a quella della sanità pubblica, non possono essere considerate in modo isolato rispetto alla difficile traiettoria economica del paese. Il Regno Unito fa registrare la crescita più lenta tra gli stati del G7. Nel 2022 gli investimenti delle aziende sono cresciuti del 19 per cento in meno rispetto alla media del G7. La strategia industriale del 2017 è stata abbandonata negli anni successivi, quando l’attenzione è stata risucchiata dalla Brexit e poi dalla fuga di capitali che ha innescato. L’abbiamo visto quando il governo ha offerto segretamente alla Nissan una serie aiuti di stato per affrontare le conseguenze della Brexit. Oggi l’esecutivo spera che la stessa strategia funzioni con la Jaguar Land Rover.

Passare dagli accordi una tantum a una strategia industriale ambiziosa e globale richiederà la definizione di una direzione chiara e il coordinamento del sostegno a obiettivi coraggiosi. Il governo avrà bisogno di usare tutti gli strumenti a sua disposizione: dall’investimento nella ricerca e sviluppo alle politiche sugli appalti. Sarà necessario anche adottare un approccio diverso alle partnership tra pubblico e privato, creando relazioni simbiotiche anziché parassitarie.

In altri paesi ci sono esempi di come può funzionare una strategia lungimirante di questo tipo. La Germania, per esempio, ha concesso prestiti al settore siderurgico tramite la Kfw, una banca di stato, ma li ha vincolati alla condizione che le industrie s’impegnassero a ridurre le emissioni di anidride carbonica. In Francia gli aiuti straordinari durante la pandemia sono stati subordinati a obiettivi quinquennali finalizzati a inquinare di meno. Al contrario, il governo del Regno Unito ha prestato seicento milioni di sterline alla compagnia aerea EasyJet senza alcun vincolo.

Oggi Londra ha bisogno più che mai di una strategia industriale ambiziosa. Per raggiungere questo obiettivo il governo deve adottare un metodo sistematico, siglando intese con il settore privato, investendo nel pubblico e coinvolgendo in modo efficace i cittadini. Gli accordi sottobanco non sono un’alternativa credibile. ◆ fdl