Il Recovery plan arriva in Consiglio dei Ministri. Governo al capolinea?
di Redazione
Arriva oggi, finalmente, in Consiglio dei Ministri il Recovery plan italiano. Il testo completo è stato inviato soltanto ieri a sera tarda a tutti i partiti, il documento si compone di 150 pagine e contiene le modifiche richieste dagli alleati della maggioranza, soprattutto Italia viva e Partito Democratico.
Stefano Fassina, del gruppo di LEU alla Camera, di solito molto critico nei confronti della politica economica condotta dal governo Conte (ricordiamo, per esempio, che Fassina ha votato contro la riforma del Mes), intervenendo nella trasmissione “Omnibus” su La7, si è espresso sulle modifiche alla prima bozza del piano: “Si erano accumulati problemi veri. Grazie al contributo di tutti i gruppi di maggioranza, le correzioni sono state definite e condivise. Ovviamente, in una maggioranza così eterogenea, nessuno può essere soddisfatto al 100%. Tuttavia da giorni rimane un comportamento strumentale ed autoreferenziale di Italia Viva. È irresponsabile nei confronti di una nazione in sofferenza, con uno scostamento di bilancio da autorizzare e un decreto Ristori urgente da fare, che può essere approvato soltanto da un governo in carica e pienamente legittimato. Nella legislatura in corso non vi sono alternative – ha concluso Fassina – all’attuale maggioranza e al premier Conte”.
Non la pensa così, a quanto pare, Matteo Renzi, che continua a rilanciare e batte i pugni per avere il Mes, il Ponte sullo Stretto di Messina, la delega ai servizi segreti e chissà cos’altro. Renzi sfida il M5S e lo stesso Conte sull’accesso ai fondi del Mes sanitario, un finanziamento di circa 37 miliardi senza condizionalità in entrata (ma fortemente condizionate in uscita, in altre parole nessun ostacolo per ricevere i soldi, ma controllo ferreo sulla complessiva solvibilità dell’Italia e conseguente possibilità di intervento del meccanismo finanziario europeo quando si tratterà di restituirli).
Renzi, parlando ieri mattina alla radio “Rtl 102,5” ha ricordato che l’Italia è “il Paese che investe sulla sanità la metà della Germania, quindi forse vale la pena prendere i soldi del Mes, come chiedono tutti. Salvini e Grillo non vogliono il Mes perché ce l’hanno con l’Ue”. Il problema è che il Recovery ancora non è stato presentato, quindi sono d’accordo con il premier che dice di fare presto e a lui dico di correre: facciamo il decreto Ristori 5 che aspettiamo da troppo tempo, c’è bisogno di correre. Non ne posso più di perdere tempo”.
Toni più morbidi? È tutto da vedere, stasera, o stanotte, dopo la fine del Cdm si saprà se i due minstri renziani, la Bellanova ed Elena Bonetti, rassegneranno le dinissioni, cosa che, al momento, appare la più probabile.
Per Conte evitare le dimissioni è impresa ardua. Con la presenza dietro le quinte, discreta ma decisiva, del Colle più alto, il percorso sembra tracciato: prima l’approvazione del Recovery plan e del decreto Ristori 5 e poi crisi-lampo da risolbere in non più di dieci giorni.
Già domani, mercoledì, il presidente del Consiglio potrebbe salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni, quindi si dovrebbe aprire una crisi “pilotata”, con un nuovo incarico allo stesso Giuseppe Conte per costituire il suo terzo governo con qualche aggiustamento nei ministeri rispetto all’attuale. Insomma, nella sostanza un rimpasto, nella forma si consumerebbe il passaggio da un governo all’altro preteso da Renzi.
Andrà tutto liscio? Non c’è da scommetterci, il senatore di Rignano sull’Arno non è tipo di cui ci si possa fidare ad occhi chiusi. E quando si rimescolano le carte del governo si agitano le acque dentro i partiti, non si sa mai quello che può succedere. Nel PD, per esempio, uno tra i “malpancisti”, secondo i bene informati, è il capogruppo alla Camera Graziano Del Rio che, non più tardi di ieri, dichiarava: “ La parola d’ordine deve essere costruire insieme e l’imperativo è fare presto. Anche per questo, come noi democratici chiediamo da mesi, serve un deciso rilancio dell’azione di governo attraverso un Patto di legislatura che dia alla maggioranza, nella mutata condizione complessiva, una visione definita ed unitaria del cambiamento necessario all’Italia che certamente non ha bisogno di crisi al buio o perenni conflittualità”.
“L’accordo sul Recovery in generale non lo darei per fatto, ci sono molte questioni aperte”, avvertiva ieri parlando ad “Agorà” su Rai 3, il vicesegretario del PD, Andrea Orlando. Ma Orlando chiude a qualsiasi ipotesi di “governissimo con dentro tutte le forze parlamentari “se si va oltre Conte si va anche oltre questa maggioranza e noi – afferma – non possiamo fare accordi per gestire i fondi con persone che sono antieuropee e non possiamo fare accordi per gestire la lotta alla pandemia con persone che sono semi-negazioniste”
Insomma, il punto di equilibrio per un nuovo patto di maggioranza rimane Giuseppe Conte. Tutti, meno Renzi, si dicono convinti che dopo Conte ci sono soltanto le elezioni anticipate.
Intanto la pandemia del Covid 19 non dà tregua. Il premier Conte ha rilasciato ieri dichiarazioni allarmate: “Sta arrivando un’impennata dei contagi. Dopo Gran Bretagna, Irlanda, Germania sta arrivando anche da noi: non sarà facile, dobbiamo fare ancora dei sacrifici”.