Colpi di scena a ripetiizione, gag e tante risate nella commedia andata in scena al Piccolo Teatro della Città di Catania. Dietro la verve dei protagonisti tematiche delicate e attuali trattate con garbo leggerezza e ironia
di Alfio Chiarello
Una commedia allestita per divertire, dove non si scomodano i massimi sistemi ( per una volta possiamo farne pure a meno), ma in cui, dalla scoppiettante comicità sbocciano, come per magia, i germogli dell’animo umano, cotti e serviti come esistenza comanda. Una notte ad Amsterdam, scritto da Giovanna Criscuolo (che è anche protagonista sulla scena, assieme Vincenzo Volo) è tutto questo, ma è anche qualcosa di più. Seppure con toni colloquiali, il testo impatta su temi (e problemi, verrebbe da dire) delicati e molto attuali: dall’omosessualità latente, alla violenza sulle donne, fino ai pregiudizi sociali della provincia, tanto per dirne alcuni. Ma la commedia è commedia, e la comicità il suo profeta. Di conseguenza, nessuna strizzata di cervelli, zero rabbia, toni da denuncia quel poco che basta, e tanti colpi di scena.
Una notte ad Amsterdam, rappresentata al Piccolo Teatro della Città di Catania, regia di Federico Magnano di San Lio, consacra le nozze teatrali del duo di attori già visto nella Foto del turista (rappresentato sullo stesso palcoscenico), pièce di cui bissa il successo.
Tommaso, è in vacanza “premio” ad Amsterdam, dove la prostituzione non è contro legge, bensì business e colore, per celebrare il suo addio al celibato. Queen (nome d’arte della donna, che opera nel quartiere a luci rosse) è una prostituta nell’esercizio delle sue funzioni. I due si conoscono in una delle tante “vetrine” dove le signorine mettono in mostra le loro qualità.
Attraverso una serie di esilaranti gags sull’incontro che non si concretizza (inizialmente per le incomprensioni dovute all’inglese maccheronico del cliente, poi per tic e manie di varia natura), si fa strada l’dea che Tommaso sia più desideroso di parlare, che di consumare sesso. Ma cosa avrà da dire di tanto importante da soverchiare i suoi più intimi (supposti) appetiti? Da qui la virata sul lato umano, sul reciproco retroterra di entrambi e sulle limitazioni sociali, morali ed economiche che impediscono loro di prendere il volo. Ma sempre con disincanto ed esilarante comicità. Tommaso è vittima di una donna monopolizzatrice e rompiscatole, che non ama, ma che è disposto a sposare pur di tacitare certe dicerie sul suo conto. Queen, alias Gerolama, è ossessionata dal ricordo delle sovercherie e delle percosse inflittele dal marito violento. I loro destini sembrano segnati, ma la speranza di un possibile cambiamento e soprattutto il nascere di un sentimento puro, non scevro da complicità fra i due, assumeranno connotati salvifici.
Quello della puttana consolatrice è un vecchio cavallo di battaglia che non manca mai di commuovere, e Una notte ad Amsterdam non fa certo eccezione. Attraverso il feeling che si consolida fra i due personaggi, tutti i nodi saranno sciolti. Tommaso confesserà di essere gay, prima a Queen, poi su suggerimento di lei alla madre. Il suo coming out avrà un effettoliberatorio. Attraverso esso supererà le paure che stavano per consegnarlo al prete, manderà a quel paese la rapace fidanzata e, grazie al buon senso, alla concretezza e alla inedita modernità della madre, ritroverà se stesso. “Queen”, invece rimarrà in qualche modo ostaggio del marito. Malgrado la resilienza che è un denominatore comune a molte donne, non riuscirà a liberarsi del tutto dall’incubo delle passate violenze psicologiche e fisiche subite, in seguito alle quali è dovuta fuggire da casa e si è vista costretta a intraprendere la professione più antica del mondo.
Il legame affettivo che si è instaurato fra i due però è reale e forte, ed è di giovamento pure a lei. Sarà anche perché dietro la maschera dei clienti che cercano sesso fa capolino ogni tanto un pizzico di umanità?