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San Francesco volle arricchire la messa di Natale con una rappresentazione vivente che ricordasse la nascita di Gesù. Secondo la tradizione fu così che nel 1223 nacque a Greccio in provincia di Rieti il presepe. Precedentemente, i primi a descrivere la Natività furono gli evangelisti Luca e Matteo che proposero l’icona della mangiatoia, del bue e dell’asinello. La rappresentazione colpì a tal punto la fantasia dei paleocristiani che la riportarono in molti graffiti delle catacombe di Domitilla al cimitero di Santa Agnese. San Francesco mutuò questa antica sensibilità organizzando il primo presepe, a cui nei secoli si sono aggiunti vari personaggi. Secondo un’altra interpretazione, l’origine del presepe è da attribuire a frate Francesco da Celano che nel 1222 assisté a Betlemme ai festeggiamenti e alle liturgie e ne rimase così impressionato da riproporli in Italia per il Natale successivo. Il Papa gli concesse di creare una grotta vicina alla chiesa: accorsero i contadini di Greccio che illuminarono il luogo con le fiaccole. La tradizione del presepe fu poi tramandata nei secoli, senza perdersi mai e continua tuttora in molte rappresentazioni.
L’albero di Natale è invece un simbolo che si collega ai culti pagani dell’Europa settentrionale. Solo nell’Ottocento arrivò in Italia, quando la moglie di Umberto I ne allestì uno in Quirinale a Roma. Ormai è diventato l’emblema della festa. L’abete è diventato di plastica, è illuminato da luci elettriche invece che da candele, le mele e le ostie dal significato religioso dei primi alberi si sono trasformate in addobbi, festoni e palline di Natale. La «consacrazione» è avvenuta tramite Giovanni Paolo II che ne fece costruire uno in piazza San Pietro a Roma: la tradizioni si ripete ogni dicembre.
Anche la Stella di Natale è un simbolo delle feste. La pianta è originaria del Messico, paese da cui si è diffusa la tradizione che l’ha resa così significativa nel periodo della Natività. Si racconta infatti che un mazzolino di foglie legato con un nastro rosso si fosse trasformato nel bellissimo fiore la notte di Natale perché offerto col cuore a Gesù da una povera ragazzina.
Poi l’agrifoglio: fin dai tempi dei primi cristiani ritenuto un portafortuna e usato come abbellimento: le sue foglie spinose ricordano la corona di spine di Gesù, il rosso delle bacche il suo sangue.
Anche il vischio è una pianta che porta fortuna, secondo i Celti. Gli antichi popoli nordici lo ritenevano una pianta donata dagli dei, perché priva di radici. Inoltre, era la pianta sacra alla dea dell’amore, Frigg. La leggenda racconta che pianse così tanto sopra il corpo del figlio ucciso da una freccia di vischio che le lacrime si trasformarono in bacche bianche e il figlio tornò in vita: per la felicità, Frigg iniziò a baciare tutti sotto l’albero su cui cresce il vischio facendo sì che non potesse capitare mai nulla di male a tutti coloro che si fossero dati un bacio sotto ad uno dei ramoscelli. Ecco perché porta fortuna baciarsi sotto al vischio.
Tipici del Natale anche alcuni dolci. In Italia per le feste natalizie non possono mancare il panettone milanese e gli struffoli partenopei. Il panettone ha le sue radici nella tradizione degli antichi cristiani quando il padre spezzava un «pane grande» di fronte alla famiglia riunita e ne offriva un pezzo ad ogni singolo membro in segno di amore e di pace. Gli struffoli invece sono tondini di pasta frolla avvolti in un mare di miele e decorati con confetti dai colori vivaci. Sembra che la loro vera origine sia greca, ma si sono diffusi in Italia fin dall’antichità soprattutto in Campania. Il miele rappresenta la dolcezza e la serenità, mentre i confetti colorati sono un inno alla gioia. (La Stampa)