AGI – Era da gennaio 2020 – quando il Covid-19 sembrava la classica epidemia che si sarebbe esaurita a livello locale – che il Brent non superava la soglia dei 60 dollari al barile. Lo ha fatto oggi con il contratto di aprile che ha toccato 60,06 dollari al barile. A sostenere i prezzi, il pacchetto di stimoli dell’amministrazione Biden da quasi 2.000 miliardi di dollari che ha lo scopo di sostenere imprese e famiglie in difficoltà, la campagna vaccinale che sembra aver superato la fase di difficoltà di qualche giorno fa e l’intesa Opec+ che ha confermato il proprio impegno a frenare la produzione. Dalla fine di ottobre il prezzo del Brent ha guadagnato oltre il 50% (il 30 ottobre 2020 un barile valeva poco più di 37 dollari).
La settimana scorsa l’Arabia Saudita ha ribadito i propri tagli extra a febbraio e a marzo (un milione di barili). Il buon esempio di Riad sta indicando la via da seguire anche agli altri paesi, Russia compresa, e la compliance a dicembre ha toccato il 99% tra i 23 membri dell’organizzazione. “Il mercato petrolifero” afferma con un sospiro di sollievo un analista, “è tornato alla normalità”. Bisogna ricordare che lo scorso 5 gennaio è stato raggiunto un compromesso importante tra i membri Opec+. Dopo qualche discussione è stato deciso infatti di mantenere la produzione di fatto invariata: il volume ritirato dal mercato passerà dai 7,2 milioni di barili di gennaio a 7,125 milioni di barili a febbraio e a 7,005 a marzo.
Altro fattore importante, le campagne di vaccinazioni che procedono in tutto il mondo. Il mercato sta beneficiando dell’avvio delle campagne di vaccinazione che “fanno sperare nel superamento del Covid-19”, ha detto nei giorni scorsi il segretario generale dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, Mohammed Barkindo, a margine della riunione del Comitato tecnico Opec+.
Gli investitori scommettono sulla ripresa della domanda nella seconda metà dell’anno e tendono a dare poca importanza alla debolezza attuale del mercato causata dai lockdown anti-coronavirus in alcune aree dell’Europa e dell’Asia. Nell’ultimo rapporto mensile, l’Aie ha stimato un rimbalzo della domanda di 5,5 milioni di barili al giorno quest’anno a 96,6 milioni, dopo un calo di 8,8 mbg nel 2020.
Ad aiutare l’ascesa dei prezzi delle commodity anche la debolezza del dollaro e gli altri segnali provenienti da oltreoceano. Alcuni analisti, infatti, evidenziano come la debolezza dei dati sul lavoro negli Stati Uniti “daranno la spinta ad accelerare nell’adozione di misure” di sostegno da parte del governo e questo farà da volano per investimenti più rischiosi e meno conservativi. L’incremento dei prezzi del greggio inoltre ha risvegliato i produttori statunitensi che hanno ripreso le perforazioni a pieno ritmo. A dimostrazione di questo, secondo Baker Hughes il numero di trivelle attive la settimana scorsa ha toccato i massimi da maggio.
Vedi: Il petrolio torna ai livelli pre-Covid, Brent a 60 dollari al barile
Fonte: economia agi