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Il Nagorno-Karabakh, nervo scoperto nel risiko del Caucaso

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Il Nagorno Karabakh, circa 143 mila abitanti in una superficie grande meno della metà della Sardegna, è al centro della disputa territoriale ormai trentennale tra Armenia e Azerbaigian, due ex repubbliche sovietiche nel Caucaso. Nel 1921 le autorità sovietiche unirono all’Azerbaigian la regione popolata soprattutto da armeni. Dopo il crollo dell’Urss nel 1991, i separatisti armeni ne hanno assunto il controllo, con una mossa sostenuta da Erevan, scatenando una guerra che ha causato 30.000 morti e migliaia di sfollati.

Nonostante un cessate il fuoco nel 1994, mediato da Russia, Stati Uniti e Francia, i negoziati di pace sono in stallo e nell’ultimo scontro prima di oggi, lo scorso luglio, sono morti 17 militari di entrambe le parti in conflitto. Nell’aprile 2016 circa 110 persone sono rimaste uccise nei combattimenti più gravi degli ultimi anni.

Il Nagorno Karabakh è diviso in sette regioni, oltre alla capitale Stepanakert, a statuto speciale, dove vivono oltre 53 mila persone. La seconda città più grande è Shushi. Karabakh significa ‘giardino nero’ ed e’ una parola di origine turca e persiana. Nagorno è una parola russa che significa ‘montagna’. In nome antico armeno della regione è Artsakh, come preferisce chiamarla la popolazione di origine armena.

L’Armenia, Paese cristiano dal IV secolo, è stata scossa da instabilità politica ed economica da quando ha ottenuto l’indipendenza dall’ex Unione Sovietica. La leadership post-sovietica del Paese ha represso l’opposizione, è stata accusata di falsificare i risultati delle elezioni ed è stata in gran parte legata alla Russia. Nella primavera del 2018, le proteste di piazza hanno portato al potere l’attuale primo ministro, Nikol Pashinyan, che ha combattuto la corruzione e ha introdotto riforme giudiziarie.

L’Azerbaigian, Paese a maggioranza musulmana che si affaccia sul Mar Caspio, è sotto la stretta autoritaria di un’unica famiglia dal 1993. Heydar Aliyev, un ex ufficiale dei servizi di sicurezza sovietici, il Kgb, ha governato il Paese con il pugno di ferro fino all’ottobre 2003. Ha consegnato il potere a suo figlio, Ilham, settimane prima della sua morte. Seguendo le orme del padre, Ilham ha annullato ogni opposizione al suo governo e nel 2017 ha nominato sua moglie, Mehriban, prima vice presidente del Paese.

Il ruolo di Ankara e di Mosca

La Turchia ha l’ambizione di essere un intermediario di potere regionale nel Caucaso e sostiene l’Azerbaigian ricco di petrolio e di lingua turca. L’Armenia nutre ostilità nei confronti della Turchia per il massacro di circa 1,5 milioni di armeni sotto l’Impero Ottomano durante la Prima Guerra mondiale. Più di 30 paesi hanno riconosciuto le uccisioni come genocidio, scatenando l’ira di Ankara.

La Russia, fortemente legata all’Armenia, guida l’alleanza militare dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (Csto) dei Paesi ex sovietici, di cui l’Armenia fa parte. Erevan fa affidamento sul sostegno russo e sulle garanzie militari perché il suo budget militare non può competere con quello dell’Azerbaigian.

Baku ha recentemente iniziato a sfruttare i proventi del petrolio, nell’ambito di una strategia di riqualificazione della sua immagine in Occidente. Il governo ha investito in enormi accordi di sponsorizzazione, incluso il campionato di calcio Euro 2020, che è stato rinviato a causa della pandemia di coronavirus; ha ospitato partite di calcio internazionali e gare del Gran Premio di Formula 1 dal 2016. L’Azerbaigian ha anche cercato di proporsi ai Paesi europei come fornitore di energia alternativo alla Russia.

Di origine armena sono la star dei reality Kim Kardashian, il defunto cantante Charles Aznavour e la pop star e attrice Cher. 

Vedi: Il Nagorno-Karabakh, nervo scoperto nel risiko del Caucaso
Fonte: estero agi


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