Type to search

IL FUTURO DELLA SCUOLA NEL PNRR

Share

 

Il sistema capitalistico ha relegato la scuola a centro di spesa per i bilanci statali. Infatti negli ultimi anni in Italia i finanziamenti del settore sono stati sistematicamente tagliati e molti servizi sono stati eliminati, creando le condizioni per quel degrado cui si fa riferimento nel Recovery Paln. Ma le azioni proposte nel documento sono tutte orientate a una visione tecnocratica e aziendalista dell’insegnamento, della scuola e dei rapporti di lavoro che si instaurano al suo interno

di Gianni De Iuliis

Analizziamo il capitolo 2.4 del PNRR, intitolato MISSIONE 4: ISTRUZIONE E RICERCA, in cui si affrontano le tematiche relative alla Scuola e alla Ricerca. In tale analisi facciamo anche riferimento a un articolo di Maurizio Disoteo, comparso sulla rivista on line Contropiano.

L’incipit del capitolo sembra poco rassicurante: «La Missione 4 mira a rafforzare le condizioni per lo sviluppo di una economia ad alta intensità di conoscenza, di competitività e di resilienza, partendo dal riconoscimento delle criticità del nostro sistema di istruzione, formazione e ricerca».

Continuando la lettura delle circa trenta pagine dedicate all’Istruzione assistiamo a un elenco dei numerosi problemi legati al mondo della Scuola e della Ricerca. Si vagheggia una scuola primaria a tempo pieno, si denunciano gli alti tassi di abbandono scolastico, la bassa percentuale di laureati italiani, l’esiguità del numero dei dottorati e quindi della ricerca. Insomma l’intonazione di un vero e proprio de profundis.

Tuttavia non si comprende che le cause vanno ricercate nella crisi del sistema capitalistico che ha relegato la scuola solo a un centro di spesa per i bilanci statali. Infatti negli ultimi anni in Italia i finanziamenti del settore sono stati sistematicamente tagliati e molti servizi sono stati eliminati, creando le condizioni per quel degrado cui si fa riferimento nel PNRR. Senza peraltro fare riferimento alle politiche della UE e dell’OCSE che da un ventennio tagliano i finanziamenti al sistema pubblico, invocando invece delle controriforme istituzionali di stampo privatistico e aziendalistico.

Valutare come si spendono questi soldi significa anche comprendere l’idea di Scuola del Governo Draghi e in genere di tutte le forze politiche che lo sostengono.

La sensazione che si ricava è proprio quella di una Scuola che insegue e si subordina al mercato, nel quadro di una formazione di stampo tecnocratico: preparare al mercato del lavoro e non formare cittadini attivi, colti e responsabili. Le azioni proposte nel documento sono tutte orientate a una visione tecnocratica e aziendalista dell’insegnamento, della scuola e dei rapporti di lavoro che si instaurano al suo interno.

Un’attenzione specifica viene dedicata allo sviluppo degli Istituti Tecnici Superiori e agli Istituti professionale, senza alcun riferimento ai Licei. Le discipline e gli ambienti metodologici da valorizzare sono finalizzati verso le competenze utili alle imprese e alla domanda del mercato del lavoro.

Ma c’è un punto nel documento che mostra la secolare confusione di chi si occupa di Scuola: si lamenta la scarsa capacità dimostrata dagli studenti di argomentare e dibattere. Ma a tale denuncia segue una totale indifferenza verso lo studio delle discipline umanistiche, evidentemente ritenute inutili nella prospettiva tecnocratica del PNRR, se non dannose poiché favoriscono l’acquisizione del pensiero critico.

Questo capitolo del PNRR mostra in effetti la deriva neo-liberista dell’attuale classe politica che sostiene un governo tecnocratico che sta progressivamente riducendo lo Stato a un ruolo di subordinazione e di servizio all’economia di mercato. Un contesto politico totalmente appiattito su una razionalità strumentale, soggettiva, ripiegata sull’efficienza dei mezzi e non sulla validità dei fini. Un deciso passo indietro che rende anacronistiche e antistoriche tali scelte. Il futuro sta andando in un’altra direzione, verso la valorizzazione dell’elemento umano, verso l’imprescindibilità di un approccio libero, critico, laico e globale al reale, in cui l’elemento tecnico e scientifico deve essere sostanziato da una visione umanistica e metafisica. Per formare un cittadino attivo e un individuo integrato è necessario valorizzare tutte le discipline, è necessaria una formazione equilibrata e completa.

Proprio la pandemia di COVID-19 ci ha insegnato che questo modello economico, figlio di una impostazione culturale tecnicista che deriva da una razionalità funzionale è debole, fragile, incapace di trovare soluzioni adeguate di fronte a qualsivoglia emergenza. Incapace di garantire il benessere dell’umano.

Questo capitolo del PNRR sembra l’ennesima occasione sprecata e contiene in sé un ridicolo paradosso: si programma un investimento di 31 miliardi per la Scuola e la Ricerca per ovviare alle scelte scellerate fatte in passato da politiche di stampo liberista che hanno totalmente umiliato il settore. E le logiche che orientano tale investimento sono proprio liberiste e tecnocratiche.