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Il discorso di Zelensky che ha stregato gli americani

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AGI – Da Martin Luther King a Pearl Harbor, dall’11 Settembre al monte Rushmore, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha offerto al Congresso Usa un intervento ricco di citazioni americane. Se quando ha parlato ai britannici ha usato William Shakespeare e Winston Churchill, stavolta ha cambiato registro, citando i giganti americani, cercando di entrare subito in sintonia con i membri di Camera e Senato, apparsi per la prima volta uniti dopo anni di scontri.

Il presidente ucraino, attore, produttore e sceneggiatore, si è presentato con la maglietta verde con su stampato il simbolo delle forze armate ucraine. Alle sue spalle la parete bianca. Alla sua destra, la bandiera gialloblu dell’Ucraina. Diventato uno degli eroi moderni della resistenza ucraina all’invasione russa, Zelensky ha confermato di essere un professionista della comunicazione, e lo ha fatto senza perdere concretezza.

Se l’obiettivo era ottenere il massimo dell’aiuto dagli Stati Uniti, questo è stato un passo necessario, anche emotivamente. Zelensky voleva la dichiarazione di una “no-fly zone per motivi umanitari” sopra i cieli dell’Ucraina.”Ma se non è possibile – ha aggiunto – datemi un sistema di difesa anti-missili in modo che possa proteggere il mio popolo“.

Il presidente ha chiesto “maggiori aiuti”, ha invitato Washington a “fare di più” per punire la Russia, ha invocato sanzioni a tutti i membri del parlamento russo e invitato “tutte le aziende americane a lasciare il mercato russo” e a farlo “immediatamente”.

Il leader ucraino ha parlato di “nuove istituzioni e nuove alleanze” per fermare la guerra, un messaggio che qualcuno ha letto come un superamento della stessa Nato, la cui aspirata adesione dell’Ucraina viene considerata dal Cremlino il peccato fatale, alla base dell’invasione. Zelensky ha parafrasato il celebre “I have a dream”, ho un sogno, di Martin Luther King, declinandolo in “Ho un bisogno”.

“Ho un sogno – ha detto – queste tre parole ognuno di voi le conosce bene. Oggi io dico, ho un bisogno. Ho bisogno che proteggiate il nostro cielo. Ho bisogno della vostra decisione, del vostro aiuto, che significa esattamente quello che provate voi quando sentite le parole ‘ho un sogno'”. Ha paragonato l’invasione russa dell’Ucraina a “Pearl Harbor”, l’attacco giapponese nel 1941 alle installazioni militari americane che venne vista come una dichiarazione ufficiale di guerra.

Ha citato gli attentati terroristici dell’11 Settembre 2001, dicendo che in Ucraina “l’11 Settembre succede ogni giorno, da tre settimane”. E poi il monte Rushmore, uno dei monumenti più amati dagli americani, in cui sono rappresentati i volti di quattro grandi presidenti degli Stati Uniti – George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e Abraham Lincoln – per ricordare come anche gli ucraini amino il “diritto alla libertà, all’indipendenza, alla democrazia”, messe “sotto attacco dalla Russia”.

L’intervento è durato una ventina di minuti ed è stato segnato da momenti di grande emozione. Dalla standing ovation bipartisan che il Congresso ha dedicato a Zelensky, in apertura e chiusura del discorso, al video sulla guerra in Ucraina, con la toccante rassegna di immagini di volti di bambini in lacrime, impauriti, indifesi, feriti, di corpi gettati nelle fosse comuni, di città devastate dalle bombe. Immagini che sembravano appartenere a una pagina lontana della storia.

“Quello che sta succedendo – ha ricordato Zelensky – non si vedeva in Europa da ottant’anni”. Alla fine, il presidente ucraino si è rivolto direttamente a Joe Biden, che seguiva l’intervento dalla Casa Bianca. “Non vedo un senso nella vita se non si possono fermare le morti – ha detto – è questa la mia principale questione come leader di un popolo, i grandi ucraini, e come leader della mia nazione. Mi rivolgo al presidente Biden: tu sei un leader della nazione, la tua grande nazione. Ti auguro di essere leader del mondo. Leader del mondo significa leader della pace”. Non basta essere leader di una nazione, ha ribadito, bisogna esserlo della pace. 

Source: agi


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