Di Roberto Gressi
Sergio Mattarella, il nostro presidente della Repubblica, non ha bisogno di difensori a fronte della inaccettabile aggressione russa. Ha dalla sua la verità della storia, parole limpide che non lasciano spazio a opportunismi, a piccole e grandi viltà, a logiche di interessi che si piegano a chi calpesta il diritto dei popoli alla libertà. Da quasi tre anni Vladimir Putin ha trascinato il mondo nella violenza e nella menzogna.
Centinaia di migliaia di giovani russi strappati dalle campagne e dalle montagne e portati a combattere e a morire. Dalle campagne e dalle montagne perché, quando il dittatore provò ad arruolare i moscoviti, dovette fermarsi, davanti a una fuga verso l’estero che avrebbe svuotato la capitale. La propaganda che voleva gli ucraini pronti ad essere liberati dalle armate russe non durò nemmeno un giorno, perché smentita dalla resistenza di un popolo intero.
È la verità dei fatti, incontrovertibile, che non può essere scalfita dalla macchina delle mistificazioni. Ma sì che offende, è un attacco all’europa, che è stata il motore primo di due guerre mondiali, e che ha imparato la lezione, e ha saputo garantire decenni di pace e collaborazione tra le nazioni. E un insulto ai russi, che pagarono un prezzo altissimo per opporsi al nazismo e che adesso sono indicati al pianeta come i campioni della sopraffazione. Ma c’è una ragione se Mosca si è sentita in grado di lanciare un attacco feroce a Sergio Mattarella, e con lui a tutto il modo libero.
Nel nome di un realismo brutale, soprattutto da parte del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si è restituito il passaporto al diritto del più forte. Putin,con tutta evidenza, si sente ora legittimato ad avere la meglio con la canna del fucile, e pretende di dettare condizioni. Il richiamo a Monaco 1938, quando Italia, Gran Bretagna e Francia si illusero di placare Hitler concedendogli i Sudeti, è memoria tragica. Oggi dall’italia arriva una solidarietà potente nei confronti del capo dello Stato, a cominciare da quella della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Ma ci sono anche silenzi inquietanti, tanto più evidenti adesso dopo i distinguo di questi anni. Non c’è dubbio che la guerra debba finire al più presto, ne hanno diritto soprattutto le città martoriate e un popolo stremato. Ma che non deve essere umiliato con una pace crocifissa, che potrebbe non essere duratura e che non dà garanzie sul futuro, sull’autodeterminazione non solo dell’ucraina, ma di tanti altri Paesi, che non si sentiranno più tutelati di fronte al ritorno dei metodi della prima metà del Novecento che sembravano archiviati. L’italia, tanto più dopo l’aggressione al suo Presidente, ha l’occasione e il dovere di farsi sentire, in Europa e con l’alleato d’oltreoceano, perché la pace che deve arrivare non si trasformi nella vittoria del tiranno.
Fonte: Corriere della Sera