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Il Covid manda a picco la produzione industriale, mai così male dal 2009

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AGI –  La pandemia manda a picco la produzione industriale, che nel 2020 crolla dell’11,4% registrando il maggior calo dalla crisi del 2009 e il secondo peggior risultato dal 1990, inizio della serie storica dell’Istat. La flessione, spiega l’istituto, è estesa a tutti i principali raggruppamenti di industrie e, nel caso dei beni di consumo, è la più ampia mai registrata.

La produzione industriale nel suo complesso ha fatto registrare a dicembre un calo dello 0,2% mensile e del 2% annuo. A novembre era diminuita dell’1,4% e del 4,2% su base annua. Nella media del quarto trimestre la flessione è dello 0,8% rispetto al trimestre precedente.

Ed è di oggi la stima di Prometeia e Intesa Sanpaolo secondo cui l‘industria manifatturiera italiana chiuderà il 2020 con un calo tendenziale del giro d’affari del 10,2%, pari a 132 miliardi di euro in meno rispetto al 2019.

Nel panorama europeo, l’Italia continua a far registrare una delle performance più preoccupanti. In Germania nell’intero 2020 la produzione è crollata dell’8,5% e in Spagna del 9,4%. Per il dato francese bisognerà aspettare domani, ma quello provvisorio calcolato dall’Insee a novembre sui primi 11 mesi dello scorso anno parla di una riduzione del 4,8%.

La seconda ondata del virus ha impedito la ripresa

La flessione è dunque estesa a tutti i principali raggruppamenti di industrie e purtroppo, rileva l’Istat, non è stato possibile alcun recupero durante l’anno perché la seconda ondata di Covid ha spento sul nascere qualsiasi possibilità di ripresa.

“Il progressivo recupero dopo il crollo di marzo e aprile ha subìto una battuta d’arresto nei mesi recenti – osserva l’istituto nel commento – impedendo il ritorno ai livelli produttivi precedenti l’emergenza sanitaria: nella media del quarto trimestre l’indice destagionalizzato è, infatti, ancora inferiore del 3,1% rispetto a febbraio 2020″.

Tutti i numeri dell’industria italiana

L’indice destagionalizzato mensile mostra a dicembre 2020, indica inoltre l’Istat, un aumento congiunturale sostenuto per l’energia (+1,8%) e un più modesto incremento per i beni intermedi (+1,0%), mentre diminuzioni contraddistinguono i beni strumentali (-0,8%) e, in misura più contenuta, per quelli di consumo (-0,3%).

Nel confronto annuo, si registra un incremento tendenziale solo per i beni intermedi (+4,1%), mentre i restanti comparti mostrano flessioni, con un calo pronunciato per i beni di consumo (-9,8%) e meno marcato per gli altri aggregati (-2,1% per i beni strumentali e -0,7% per l’energia).

I settori di attività economica che registrano i maggiori incrementi rispetto a dicembre 2019 sono la fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (+10,9%), quella i prodotti chimici (+7,5%) e la fabbricazione di apparecchiature elettriche (+6,8%).

Viceversa, le flessioni maggiori si registrano nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-28,5%), nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-16,5%) e nella fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e preparati (-10,9%).

L’anno nero dell’auto

La produzione industriale di automobili ha registrato un crollo molto elevato pari al 15,3%, Nel comparto dei beni “strumentali” che includono la fabbricazione di macchine e motori e anche quella di autoveicoli –  è il secondo peggior risultato dopo  il 2009.
Per le autovetture la variazione tendenziale annua è stata ancora minore nel 2012 con una flessione del 17,7% e l’anno peggiore fu il 2008 con un calo del 23,4%.

Solo a dicembre, rispetto allo stesso mese del 2019, la flessione è stata del 2,1%.

A novembre, la produzione di beni strumentali aveva fatto registrare un calo di appena lo 0,1% rispetto a ottobre ed era rimasta invariata su base tendenziale. Per quanto riguarda il settore di attività economica, l’Istat mette inoltre in risalto che la “fabbricazione di mezzi di trasporto” ha fatto registrare una caduta del 18,3% nell’intero anno e solo a dicembre è stata del 3,8%.

Prometeia, nel 2020 fatturato in calo del 10,2%. Persi 132 miliardi

Secondo Prometeia, la contrazione, inferiore a quella subita con la crisi 2009 (-18.8%), riflette il progressivo recupero dal punto di minimo del ciclo toccato durante il lockdown primaverile: nel periodo agosto-novembre, il fatturato si è riposizionato sui livelli pre-Covid (-0.4%).

Tutti i maggiori player dell’Eurozona hanno subito l’impatto dell’emergenza sanitaria: nella media dei primi undici mesi del 2020, l’indice della produzione industriale registra un calo del -13% in Italia e Francia, -10.8% in Germania e -10.5% in Spagna. Il gap nei confronti del manifatturiero tedesco, rimasto attivo durante il lockdown primaverile, è stato in parte colmato grazie alle chiusure ridotte degli impianti in estate.

l peggioramento autunnale della curva dei contagi non ha comunque intaccato in modo significativo la ripresa industriale, pur aggiungendo incertezza a uno scenario mondiale caratterizzato da una domanda ancora debole. A livello settoriale, emerge una tenuta dei livelli pre-Covid per Alimentare e bevande e Farmaceutica, e un recupero piu’ intenso delle attese per Elettrodomestici e Mobili, trainati da consumi in risalita dai minimi primaverili.

La ripresa del ciclo edilizio ha dato un forte impulso al settore Prodotti e materiali da costruzione e un parziale sostegno alla filiera dei metalli. In rapida risalita anche i livelli di attività degli Autoveicoli e moto, sulla spinta degli incentivi all’acquisto di vetture ecologiche. Il settore sconta però il crollo della fase primaverile, stazionando ancora nella parte bassa della classifica, poco distante dalla Meccanica, penalizzata dalla ripresa incerta degli investimenti in beni strumentali.

Situazione ancora critica nel Sistema moda, fortemente colpito dalle restrizioni alla socialita’ e al turismo. Gli indicatori anticipatori mostrano segnali di consolidamento dell’attività manifatturiera in avvio del 2021, con attese di rafforzamento nella seconda meta’ dell’anno. Il dispiegarsi degli effetti della campagna vaccinale comporterà un allentamento delle restrizioni a livello mondiale, con effetti visibili anche sul commercio internazionale.

La velocità di marcia del manifatturiero italiano dipenderà dalle scelte strategiche finalizzate a ricevere le risorse europee, che potranno dare impulso anche agli investimenti privati.


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