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Il cinema d’autore francese alle prese con il suo MeToo

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Critici, festival, finanziatori: il cinema d’autore francese è costretto a fare i conti con se stesso dopo la valanga di accuse di abusi e violenza sessuale innescata da attrici contro registi rispettati che hanno beneficiato dell’autocompiacimento di un sistema in vigore degli anni ’80 e ’90.
“Tutto il cinema francese, o almeno una parte del cinema francese, la stampa che parla di cinema, lo ha confermato, è stata complice”, ha detto Judith Godreche, lunedì su France 5.
Questo ambiente “è stato una forza trainante nella repressione della parola”, ha aggiunto a Mediapart.
Sulla scia delle accuse mosse contro Gerard Depardieu alla fine del 2023, l’attrice 51enne ha innescato quello che molti vedono come il grande MeToo del cinema francese. Venticinque anni dopo, accusa due registi amati dalla critica, Benoît Jacquot (77 anni) e Jacques Doillon (79 anni), di stupro di minori. I due registi sono stati chiamati in causa da altre attrici sul quotidiano Le Monde, ma negano tutte le accuse.
Inoltre, su L’Obs, si è scatenato lo scontro tra l’attrice Sarah Grappin, che ha accusato Alain Corneau, ora deceduto, di abusi commessi negli anni ’90 e la vedova del cineasta, la regista Nadine Trintignant.
“Non è mai banale ascoltare queste testimonianze, ogni volta che nasce una relazione, suscita un trauma, anche se mi considero resiliente”, ha detto all’AFP l’attrice Noemie Kocher che aveva presentato una denuncia per molestie sessuali contro il regista Jean-Claude Brisseau, condannato nel 2005 e poi morto nel 2019.
Dopo la valanga di accuse, anche la stampa culturale ha fatto mea culpa. Telerama ha riconosciuto l’esistenza di “un sistema di cui i media, Telerama compreso, sono talvolta diventati complici attraverso le loro lodi”. “Che cosa avevamo davanti agli occhi che non potevamo vedere, che poi non eravamo in grado di vedere?” si chiede la rivista.
Una tesi di “cecità collettiva” che Judith Godreche respinge: “Per quanto mi riguarda, nessuno era cieco: tutti sapevano che Benoit Jacquot stava con me. Perché, quando tutti sapevano che l’attrice minorenne viveva con il regista, nessuno ha guardato oltre la finzione?”, si sonop chiesti i Cahiers du cinema. “Soprattutto perché era in gioco una certa idea dell’autore, difesa in particolare nei Cahiers: il cineasta che intreccia la sua vita e i suoi film, la sua pratica e la sua estetica”, ammette l’articolo.
Altro avamposto culturale, il quotidiano Liberation ha “deciso di iniziare con un vero e proprio lavoro di rilettura negli archivi dei (suoi) diversi giornali dell’epoca, per riferirlo ai (suoi) lettori”, ha detto all’AFP il direttore Dov Alfon. Questa “consapevolezza” deve riguardare non solo le recensioni cinematografiche ma anche “interviste, foto, ritratti e resoconti dal set”, ha aggiunto. Sul quotidiano, Jacquot dichiarava nel 2015: “Il mio lavoro di regista consiste nello spingere un’attrice a varcare una soglia. Incontrarla, parlarle, dirigerla, separarsi da lei, ritrovarla: il meglio, per fare tutto questo significa stare nello stesso letto”.
Ma “la questione non può essere posta solo ai giornali con una forte influenza artistica”, sottolinea Alfon: “Riguarda anche le televisioni, i periodici femminili, le istituzioni culturali e altro”.
Il Festival di Cannes non ha voluto rilasciare commenti. Ha ricordato di essere stato il primo firmatario di una carta a favore della parità di genere nei festival cinematografici.
Judith Godreche ha messo in discussione anche il CNC (Centro Nazionale del Cinema), che finanzia i progetti cinematografici attraverso il meccanismo dell’anticipo sugli incassi. Sottolinea il fatto che i finanziamenti sono stati concessi agli amministratori da lei accusati. Il CNC ha ricordato che la formazione sulla prevenzione della violenza è ormai obbligatoria per ottenere gli aiuti. A partire dalla primavera, tutti i cast di un film dovranno essere formati prima dell’inizio delle riprese. Per Nathalie Mann, dell’associazione AAFA (Actresses et actor de France Associés), questi casi sollevano la questione del posto delle donne nel cinema: “oggetti del desiderio che sono lì per far emergere il genio maschile”. (AGI)
UBA