Tra le mura della comunità di recupero Lautari l’hanno ribattezzata la “clausura anti-covid”: due mesi di completo isolamento dal mondo esterno che ha evitato contagi tra i giovani impegnati nel recupero della loro vita e gli stessi dipendenti.
Lautari, fondata nel 1992, è una Comunità terapeutica ad orientamento pedagogico riabilitativo, specializzata nella disintossicazione e riabilitazione delle persone con problemi di dipendenza.
“E’ una struttura completamente gratuita per gli utenti, che riesce ad autogestirsi grazie alle attività di lavoro svolte all’interno delle nostre Cooperative e alle donazioni dei privati – ha spiegato Andrea Bonomelli, presidente della Lautari -. Non è prevista alcuna compartecipazione alle spese né da parte delle famiglie né dal Sistema Sanitario Nazionale. Obiettivo è la completa riabilitazione della persona e l’acquisizione di un nuovo stile di vita fondato sui valori di autonomia, responsabilità, tolleranza, partecipazione, solidarietà, fiducia e autostima, affinché possa reinserirsi in maniera adeguata e consapevole nel tessuto sociale, familiare e lavorativo”.
All’interno del programma è previsto l’impiego di attività lavorative, a carattere prevalentemente artigianale, attraverso le quali gli utenti sono accompagnati a sviluppare maturità, professionalità, autonomia, senso di responsabilità, capacità di realizzazione.
In quasi 30 anni Comunità Lautari ha aiutato migliaia di persone a ritrovare la voglia di vivere in modo sano e libero, senza chiedere alcun aiuto economico. Ma ora la situazione è diversa.
“Il nostro interesse prioritario è la tutela dei nostri ospiti e della loro salute – ha rimarcato Bonomelli -. Fin dalla fine di febbraio 2020, quando ancora non erano state adottate specifiche restrizioni a livello nazionale, gli operatori si erano imposti alcune buone prassi: riduzione dei contatti con il mondo esterno alla Comunità, uscite da casa solo per esigenze di vita (spesa), di lavoro, di salute. Per questo si è deciso per la sospensione di tutte le attività delle Cooperative di lavoro (falegnameria, cantiere edile, scuderia, attività vitivinicola, officina, eventi, attività di prevenzione e informazione) che garantivano la sussistenza del fabbisogno della struttura e chiusura totale della Comunità agli esterni (familiari, collaboratori, nuovi ingressi)”.
Una chiusura totale delle sedi di Bedizzole, Puegnago, Como, Pordenone, Firenze e Roma che oggi è diventato modello.
“Abbiamo organizzato la turnazione degli operatori, smart working laddove possibile, presenza oraria ridotta ma garantita in casi di urgenza e necessità e sanificazione approfondita degli ambienti di lavoro – ha rimarcato il presidente Bonomelli -. Parallelamente, al fine di garantire i servizi minimi essenziali (vitto e alloggio), è stato chiesto un aiuto economico alle famiglie, per la prima volta nella storia della Comunità. Alla data di oggi, la situazione è rimasta pressoché invariata. Pertanto, da ormai 2 mesi, la Comunità non ha entrate, se non quelle derivanti dall’aiuto di famigliari, amici, Associazioni, Parrocchie che, per quanto apprezzabili e gradite, non sono sufficienti a mantenere i costi di tutta la struttura”.
Da qui l’organizzazione di diverse iniziative solidali, come la vendita a domicilio di spiedo fatto dai giovani del Lautari (trecento porzioni vendute in tre giorni dal primo Maggio).
“Ma ora con la riapertura paradossalmente abbiamo paura – ha spiegato Bonomelli -. Per due mesi abbiamo evitato il virus, ma la fase due permetterà di ampliare i contatti esterni. A questo punto non ci rimane che sperare nel buon senso di chi torna a lavorare perchè segua tutte le regole per arginare la diffusione del Covid. Intanto la comunità dovrà riaprire gradualmente le sue porte anche per sopravvivere e garantire il giusto sostegno ai suoi ospiti”.
Vedi: Il caso della Comunità Lautari: senza contagi grazie alla clausura ora teme la Fase 2
Fonte: cronaca agi