C’è un problema che in tutta Europa continua ad affliggere soprattutto le piccole imprese: i ritardi di pagamento delle fatture nei rapporti commerciali tra aziende e tra aziende e Pubblica amministrazione. La Direttiva europea del 2011, recepita in Italia nel 2013, che impone i pagamenti a 30 giorni con proroghe a 60 giorni per quanto dovuto da Asl e ospedali, ha consentito di ridurre la gravità del fenomeno, ma rimane molto da fare per migliorare il quadro normativo con regole certe e chiare a difesa delle vittime dei ‘cattivi pagatori’. E’ stata la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, nel discorso sullo stato dell’unione di settembre 2022, a rilevare la necessità di un nuovo intervento legislativo per contrastare il malcostume di pagare in ritardo che provoca addirittura un quarto dei fallimenti delle aziende europee. La Commissione Ue si è messa al lavoro e a settembre dovrebbe pubblicare la revisione della Direttiva del 2011.
L’iniziativa europea arriva in una fase particolarmente delicata. In questi tempi di alta inflazione e di aumento dei tassi di interesse, infatti, pagare in ritardo o non pagare affatto i propri fornitori è il modo più semplice per finanziarsi senza chiedere prestiti in banca. Tutto questo sulle spalle delle imprese creditrici.
Una spirale pericolosa, quindi, che impone misure rapide e rigorose. Come quelle invocate da Confartigianato che contro i ritardi di pagamento ha ingaggiato una battaglia storica. Spiega il presidente Marco Granelli: “Fin dal recepimento in Italia della direttiva europea del 2011 sui tempi di pagamento, ne abbiamo monitorato l’attuazione con un nostro osservatorio. Inoltre, nel 2013, il presidente di Confartigianato è stato nominato rapporteur per l’italia sull’applicazione della Direttiva dall’allora vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani. In questi anni l’italia ha fatto passi in avanti, ma non basta. Le norme vigenti devono essere migliorate, in particolare per quanto riguarda il debito pregresso e i tempi di pagamento tra imprese. La revisione della Direttiva deve essere chiara e non lasciare scappatoie.
Le Pmi non devono più essere alla mercé delle ambiguità della normativa edi chi esercita posizioni dominanti”. Sollecitazioni che Confartigianato ha espresso a un convegno organizzato il 3 luglio a Bruxelles in collaborazione con Pimec (l’associazione delle Pmi della Catalogna) proprio per richiamare l’attenzione delle istituzioni europee che si accingono a revisionare la Direttiva. Confartigianato ha messo a confronto i rappresentanti della Commissione e del Parlamento Ue, del Cese, i vertici di Smeunited, di Ebc (European Builders Confederation), esponenti del governo spagnolo e delle associazioni delle Pmi del Regno Unito e della Finlandia.
Secondo l’ufficio studi di Confartigianato, nel 2022 l’italia ha il record negativo in Europa per il maggior peso sull’economia dei debiti commerciali della Pubblica amministrazione verso le imprese. Parliamo di una quota pari al 2,6 per cento del pil, la più alta nell’ue dove l’incidenza media si ferma all’1,6 per cento.
Insomma, sembra proprio che in Italia non riusciamo a liberarci dal pessimo vizio di pagare in ritardo o di non pagare affatto i creditori. Forti del proverbio nazionale “A pagare c’è sempre tempo”, pubbliche amministrazioni e privati continuano a farsi attendere da artigiani e piccoli imprenditori. E’sempre Confartigianato a far rilevare che 1.225 comuni italiani saldano le fatture alle imprese fornitrici di beni e servizi con un tempo medio di 84 giorni.
Eppure una soluzione pragmatica per alleviare le difficoltà di chi subisce il “business del pagherò” ci sarebbe. Confartigianato la propone da anni. “Si tratta – segnala il presidente Marco Granelli – di introdurre la compensazione tra i debiti della Pubblica amministrazione verso le imprese e i debiti fiscali e contributivi delle imprese. Le nostre analisi dimostrano che in un anno i versamenti utilizzabili per la compensazione ammontano a 31,2 miliardi di euro, importo che rappresenta oltre la metà dei 53 miliardi di euro di debiti della P.A. verso le imprese”. Una soluzione semplice, quindi. Forse troppo semplice per un paese complicato come il nostro!
Fonte: IL FOGLIO