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IL BRUTALE ASSASSINIO SULL’ACHILLE LAURO DEL DISABILE LEON KLINGHOFFER ALL’ORIGINE DELLA CRISI DI SIGONELLA

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L’Achille Lauro, una bellissima nave transatlantico da crociera che portò nel nome tutta la malasorte del suo proprietario armatore a cui era intitolata e che sopravvisse al fallimento del “Comandante” della Flotta Lauro ma non sopravvisse ai numerosi incidenti di bordo e agli innumerevoli incendi tra cui l’ultimo che ne causò l’affondamento lungo le coste della Somalia.

Il nome di questa nave però, più che alle numerose disavventure lungo le tratte dei mari solcati, è legato al dirottamento subito ad opera di un commando del Fronte per la Liberazione della Palestina mentre i suoi 344 uomini di equipaggio trasportavano 201 crocieristi lungo le coste del Mediterraneo. Il dirottamento ebbe inizio nella tarda mattinata del 7 ottobre 1985 poco dopo che l’Achille Lauro aveva lasciato il porto di Alessandria d’Egitto per raggiungere Porto Said. Quattro uomini armati di tutto punto tali Bassam al Askar, Aḥmad Maruf al Asadi, Yusuf Majid al Mulqi e Abd al Laṭif Ibrahim Faṭair, sparando all’impazzata si impadronirono della nave e costrinsero i passeggeri ad ammucchiarsi nel salone ristorante dividendoli per credo religioso e ammassando tutti gli ebrei da un lato. Con fare minaccioso fecero comunicare al comandante, il gragnanese Gerardo De Rosa, che la nave era sotto il loro controllo, che la rotta doveva essere invertita per raggiungere il porto siriano di Tartous e che avrebbero ammazzato ogni tre minuti un passeggero se 50 palestinesi detenuti in Israele non fossero stati liberati. Il comandante De Rosa immediatamente accorso riuscì a tener testa ai quattro terroristi mentre a loro insaputa il marconista di bordo lanciava l’allarme. Poi, mentre le diverse diplomazie si intrecciavano e dall’Italia partivano una sessantina di incursori di marina pronti a intervenire se le persuasioni diplomatiche non fossero servite a salvare la vita degli ostaggi, il mattino dell’8 ottobre 1985 i terroristi uccisero brutalmente il cittadino americano di fede ebraica Leon Klinghoffer sparandogli a bruciapelo e gettando a mare il suo corpo con tutta la carrozzella a cui era costretto per i postumi di un ictus. Il comandante De Rosa apprenderà solo in seguito della morte di Leon Klinghoffer e solo quando aveva già assicurato come richiesto via radio che “Tutti i passeggeri e i marinai a bordo si trovano nelle loro cabine e sono tutti in buona salute. I terroristi minacciano di ucciderci e di far saltare la nave se qualcuno si avvicinerà”. Questa assicurazione unitamente alla minaccia fece prevalere la linea della trattativa e in cambio della promessa di impunità loro assicurata tramite i buoni uffici di Andreotti e Arafat i terroristi liberarono la nave e gli ostaggi e furono imbarcati insieme al consigliere di Arafat Abu Abbas su un Boeing 737 egiziano per essere rilasciati in un paese arabo amico. Ma intanto la notizia del barbaro assassinio di Leon Klinghoffer si era diffusa e scattò la rabbia di Reagan che ordinò ai caccia americani di intercettare l’aereo egiziano costringendolo ad atterrare a Sigonella in Sicilia sede del Naval Air Station americana e stazione area di supporto Nato.

Fu questo l’inizio del braccio di ferro tra l’allora capo del governo italiano Craxi e l’allora presidente americano Reagan raccontato al cinema e in televisione e passato alla storia come “la lunga notte di Sigonella”. I detrattori di Craxi dicono che l’Italia non vinse quel braccio di ferro armato tra soldati italiani e americani per impedire la cattura da parte degli americani dei terroristi palestinesi e per far rispettare la sovranità italiana e sostengono che gli americani si ritirarono solo in cambio della promessa di concedere la base di Sigonella per attaccare la Libia di Gheddafi, cosa che da lì ad un anno avvenne…ma questa è un’altra storia.

Quello che è certo invece è che l’orrenda uccisione dell’ebreo americano Leon Klinghoffer l’8 ottobre 1985 causò la più grave crisi italo-americana del dopoguerra e, chissà, forse, anche la caduta politica di Bettino Craxi.

Di Franco Seccia – fonte: https://www.agenziacomunica.net/