di Ettore Minniti
Su cause ed effetti del fenomeno conosciuto come il maggio ’68 francese ci sono divergenze e diverse opinioni anche tra gli storici.
Tuttavia, esso ha generato nuove forme di contestazione negli anni futuri e non solo in Francia (autogestione, ecologia politica, movimenti femministi, decentramento, risveglio delle culture periferiche, ecc.), anche sul piano sociale e culturale.
Quel 3 maggio del ’68 rappresentò una rivoluzione che portò ad un periodo tumultuoso nella storia francese, ma anche italiana e mondiale.
La gendarmeria francese si scontrò in maniera violenta contro gli studenti dell’Università della Sorbona, che protestavano contro la riforma scolastica definita classista. Una repressione che portò all’arresto di tanti studenti.
Un apparente isolato focolaio di protesta studentesca, sottovalutato dallo stesso presidente Charles de Gaulle, che dopo pochi giorni divampò nelle strade e nelle piazze di Parigi.
La rivolta spontanea durerà un mese e si espanderà in tutta la Francia coinvolgendo operai e lavoratori, che occuperanno le fabbriche. “Proibito proibire” era lo slogan dei manifestanti, contro la società tradizionale, l’autoritarismo, il capitalismo, l’imperialismo nel tentativo di dare avvio a un processo di liberazione e di conquista.
La rivolta si inserì in un processo di generale contestazione al sistema capitalista: le proteste contro la guerra in Vietnam negli Stati Uniti, le mobilitazioni studentesche in Italia e in Germania, solo per citare alcuni casi.
Ma non si trattò di una seconda risoluzione francese, perché altri furono i presupposti. Le mobilitazioni degli studenti e dei lavoratori francesi provocarono un vero e proprio terremoto nell’Europa occidentale.
L’occupazione delle facoltà da parte degli studenti e l’occupazione delle fabbriche da parte degli operai facevano parte di un unico processo. L’unità degli studenti e dei lavoratori criticava e combatteva l’intera società capitalista francese. Nei giorni a seguire a Parigi quasi un milione di persone scese in piazza.
Tutta la società francese era pervasa dalle idee rivoluzionarie. L’obiettivo non era quello di eleggere un governo di sinistra che gestisse il capitalismo in maniera più “democratica”, ma quello di abbattere il capitalismo.
La mobilitazione colse di sorpresa i gollisti. Il governo non ne comprese le reali ragioni. Da un lato scatenò una feroce repressione, che ebbe però l’effetto di rafforzare la protesta. Dall’altro cercò di fare alcune concessioni, sperando di smorzare la lotta, ma anche in questo caso non funzionò. Tentò anche di ignorare la situazione, ma il risultato fu lo stesso: la crescita dell’unità studenti – lavoratori e la radicalizzazione della lotta. Per alcune settimane il governo fu in balia degli eventi. Tra repressione e concessione si tentò la via della carta elettorale (inizialmente l’idea era quella di un referendum). La contro-manifestazione, organizzata dal primo ministro Pompidou, il 30 maggio a Parigi (scesero in piazza oltre mezzo milione di persone) a favore di De Gaulle, aiutò i reazionari a riprendere il controllo della situazione. Le elezioni del giugno successivo con i partiti di sinistra vincitori indebolirono la rivolta (fonte web).
Ricordare il 3 maggio francese è un dovere civico e storico, perché nella società di oggi, con le incertezze sociali e culturali causate dalla pandemia, è possibile che sotto la cenere stia covando il malcontento e il malessere tra i giovani, privati del loro futuro, e la classe operaia che non vede sbocchi occupazionali. L’auspico è che le autorità governative non ricadano negli stessi errori del governo francese del ’68.